50 anni e non sentirli: “The Dark Side of The Moon” compie mezzo secolo

(FABIO ZUFFANTI – lastampa.it) – Quando nel 1972 i Pink Floyd si misero on the road a presentare dal vivo una sequenza di brani uniti in una lunga suite intitolata Eclipse, non immaginavano certo che quella avrebbe cambiato per sempre le loro sorti e quelle del rock tutto. Un anno dopo la suite era stata registrata, aveva cambiato nome in «The Dark Side Of The Moon» ed era stata confezionata in una copertina destinata a diventare iconica. In capo a pochi mesi quell’album sconvolge i mercati arrivando a vendere più di qualsiasi altro disco della band, un successo strepitoso e una scalata che non si è mai arrestata, ancora oggi è in grado di vendere ogni anno centinaia di migliaia di copie.

Perché tutto questo? Come è stato possibile che un unico brano di 45 minuti diviso in dieci sezioni riuscisse a sortire un tale effetto? Un album tra la psichedelia e il rock progressivo, con un afflato blues e diverse invenzioni sonore nel campo dell’elettronica, che parla di pazzia e alienazione, musica per pochi, difficile, per molti versi elitaria che diventa un fenomeno destinato a durare 50 anni e ancora ben lungi dall’esaurirsi, generazione dopo generazione. Qualcuno in passato ha scritto che «The Dark Side Of The Moon» è il disco perfetto per fare l’amore, questo è il motivo principale del suo incredibile successo. Tutto può essere, e in effetti l’album sa farsi languido e carezzevole alla bisogna, serve però andare oltre e capire che quest’opera ha una sua particolare magia che gli permette di penetrare l’animo di ogni persona, dai vecchi nostalgici ai giovani trappers, e non andarsene più.

Le canzoni sono tutte magistrali, dotate di splendide melodie e parti chitarristiche di grande effetto, c’è la componente elettronica fornita dai sintetizzatori VCS3, i quali, ieri come oggi, colpiscono l’immaginario risultando sempre nuovi, anche se nel frattempo la musica ha fatto enormi passi avanti. Ma è da qui che tutto è partito, i pionieri moderni non possono prescindere dai Pink Floyd, da questo disco. Anche la techno viene da qui, a bene ascoltare persino nei suoni e negli effetti della trap possiamo a volte riconoscere certe invenzioni floydiane.