Cosenza, l’agonia dell’Amaco: tutti gli affari di Capalbo, dei fratelli Occhiuto e di Morrone

Abbiamo scritto in questi anni delle gravi violazioni delle leggi sugli appalti pubblici operate dall’amministrazione Occhiuto, degli incarichi, delle promozioni, delle consulenze, delle prebende ai parenti e agli amici (sempre di Occhiuto e dei suoi sodali) date in ragione del più alto e sacro interesse “politico” di mantenere in piedi la logora maggioranza di Palazzo dei Bruzi.

Abbiamo scritto dell’Amaco, dove regnava e purtroppo regna ancora una situazione non meno inquietante, tanto da far arrivare persino il porto delle nebbie (ovvero la procura di Cosenza) a chiedere il fallimento, ormai da qualche giorno diventato “ufficiale”. Consegnata dal luglio 2013 ad un oscuro e sinistro personaggio proveniente da un piccolo borgo dell’hinterland cosentino, tale Mario Capalbo, che, pensate un po’, guarda il caso, di professione dice di fare l’architetto, amico di Mario, addirittura suo ex socio del celeberrimo studio MaMa (Mario Capalbo Mario Occhiuto, che carini…) ma sostenuto ancora di più dal fratello Roberto. Che poi ha catapultato all’Amaco il suo bancomat ovvero Paolo Posteraro. Ma non è di lui che ci occupiamo in questa sede. Ma di Capalbo. 

Oggi Capalbo non c’è più: era stato anche destinato a un ricco incarico di dirigente ma qualcuno aveva messo fine a questa vergogna e aveva “congelato” e poi fatto abortire la manovra del cazzaro.

Ma negli ultimi anni di gestione, questo signore (parliamo sempre di Capalbo), dopo la cacciata del più noto ed esperto uomo d’affari Francesco Cribari, commercialista, oggi al soldo dei famigerati iGreco, ha fatto dell’Amaco un suo privato e personale feudo, con tanto di vassalli e valvassori.

Per portare avanti i suoi interessi, sempre “politici” ovviamente, e quelli dell’astro nascente Capalbo, presentato come un grande esperto di mobilità sostenibile (pur di legittimarne la nomina chissà cosa si sarebbero inventati), l’astuto Robertino (detto il parassita) ha iniziato una lenta e progressiva defenestrazione del quadro dirigente, quello che aveva tirato fuori l’azienda dalle secche e dal sicuro fallimento al quale l’avevano destinata le gestioni Madeo-Salerno degli anni 98-2004.

E così, l’architetto Capalbo inizia la sua missione colonizzatrice dell’unica partecipata rimasta ancora in vita ma ormai agonizzante (le altre quattro sono affogate nei debiti e chiuse dopo il loro fallimento e l’Amaco ormai è avviata verso la stessa, ingloriosa fine), compiendo come primo atto quello di ridare una nuova linea estetica all’Amaco.

Inizia così a commissionare adesivi di ogni genere e colore da affiggere ovunque, ma principalmente sugli autobus, affidandone ogni aspetto ad una azienda “amica” con sede a Rose e per un costo di decine di migliaia di euro (ovviamente senza alcuna gara).

Si inventa poi lavori ritenuti necessari ed urgenti ed affida la realizzazione di una pensilina sempre ad una ditta con sede a Rose. Con la gradualità richiesta e la costanza che lo caratterizza, lavora e studia alacremente compiendo una lunga indagine di mercato (così almeno lui la chiama), navigando su internet, alla ricerca di autobus usati per acquistarli in prospettiva della conquista di linee fuori del territorio comunale, come ad esempio la circolare Cosenza-Unical, che, nel mentre, per volere di Occhiuto, viene avviata, senza curarsi delle prescrizioni di legge che ne impedirebbero l’attuazione. 

Verrà dismessa, come tutti sappiamo, dopo pochi mesi a seguito delle denunce del Consorzio Autolinee, che hanno portato il Tar della Calabria ad emettere due o tre sentenze di condanna a carico dell’Amaco e dello stesso Comune di Cosenza.

Migliaia di euro spesi, nell’esercizio e negli incarichi legali, che nessuno mai rimborserà, tantomeno lo stesso Comune, che ne ha ordinato illegittimamente il prolungamento.

Ennio Morrone

Lo stesso dicasi per il prolungamento della linea 52 per Piano Lago, ardentemente voluta dal celeberrimo Ennio Morrone per assecondare le richieste di alcuni assessori del comune di Mangone in cambio di qualche voto alle ultime Regionali del 2014. Gli stessi assessori che hanno declinato l’invito alla stipula di un protocollo d’intesa e alla successiva sua ratifica per la contribuzione delle spese di esercizio.

Abbiamo appreso che, dopo l’interessamento di Iacchite’, la linea è stata arretrata di qualche chilometro, pur rimanendo illegittima dal punto di vista tecnico e giuridico. Una specie di “artificio” del comandante della polizia stradale, che dovrebbe intervenire per sanare l’illegalità ma si guarda bene dal farlo.

Nel frattempo, le ricerche di Capalbo vanno a buon fine e, finalmente, dopo un viaggio-soggiorno di alcuni giorni in Germania, naturalmente a spese dell’Amaco, trovano approdo nell’acquisto di quattro autobus usati, ognuno dei quali, stando alle voci degli stessi autisti che li guidano, ha una vita di servizio di 9-10 anni e un accumulo di 800mila chilometri percorsi. Il tutto alla “modica” somma di circa 200mila euro tra costo, trasporto, revisione, meccanica e “alliccatina” di vernice con gli immancabili adesivi. Operazione, quest’ultima, effettuata da un’autofficina con sede a Rose dei fratelli Scagliano.

Passano i mesi, anche gli anni, ma il “ritorno” politico è del tutto irrilevante, magra considerazione rispetto a quello che stavano ottenendo altri settori comunali, il che lascia pensare che, come minimo, l’operazione Amaco non sia stata portata avanti con la necessaria incisività.

Ed è a questo punto, allora, che si inventano altri lavori come la realizzazione di una piattaforma per pensilina, con scivolo disabili, proprio nel bel mezzo della rotatoria dell’ingresso dell’autostrada. Il costo è di migliaia di euro e anche questi lavori, come quelli di ripristino di piazza Mancini, in locazione dalle Ferrovie della Calabria, vengono affidati ad una ditta “amica” senza alcuna gara.

La ditta in questione è la Alvir srl (Alessandro e Vincenzo Rubino), di proprietà dell’ex socio di Occhiuto ai bei tempi della Secop, che da più parti viene ritenuta contigua alla criminalità organizzata… 

Queste spese, ovviamente, si aggiungono ai nuovi autobus comprati dalla Bredamenarini senza gara per il costo di 320mila euro, ai parcometri, ai ricambi e alle tante altre spese effettuate in dispregio di ogni legge e regolamento interno. Sì, di ogni regolamento, perché, paradossalmente, l’Amaco si è dotata di specifici regolamenti di cui vi scriveremo in seguito, approvati dallo stesso Consiglio d’amministrazione.

E per il momento ci fermiamo qui…