Amalia Bruni, la grande pupara della sanità catanzarese. Centro di Neurogenetica, una truffa che va avanti da 25 anni

Amalia Bruni non è Madame Curie – da non confondere con la badante Madame Fifì per carità -, e non è nemmeno il “nuovo vento” della svolta in Calabria, soprattutto se a soffiare sulla novità è Carlo Tansi, che quando ha sentito odore di “nuovo” Codice Etico ha ricominciato a scorreggiare.

Scorreggia così forte ed in modo disordinato e su ordine di Agazio Loiero, tanto da dimenticare gli “impegni” che i proconsoli del Nazzareno hanno lasciato già scritti sul manifesto del Luna Park della Bruni, forse è diventato anche incapace di leggere, o forse ha anche lui capito che la Bruni è una foglia di fico morto e quindi urge trafugare il cadavere. E’ sempre la scienza che parla!

Agazio Loiero

Amalia Bruni non è nemmeno quella “perla rara” pescata nel mare Jonio o nel Tirreno dai “cacciatori” di tesori del Nazzareno, è la solita cozza trovata nella pozzanghera sotto casa! O meglio è un alligatore nato che si accompagna con i suoi sodali avvoltoi, e tutti insieme hanno rubato risorse alla sanità calabrese e catanzarese sul vezzo di curare l’Alzheimer ingrassando i loro compari, “i figli di…” a contratto o partita IVA senza determinare una speranza, quel battito d’ali mai esistito, ma venduto alla pubblica opinione, alla disperazione delle famiglie come un “miracolo” possibile, alla stregua di una vendita televisiva di pentole! Di questo ne siamo sicuri.

Non basteranno le fritture di pesce marechiaro e le bottiglie di olio lametino, i cadeaux per gli invitati per placare e ricucire le crepe che Tansi, da meteora impazzita, già fa cadere sul buffet. La Bruni dovrebbe esserne consapevole e quindi in nome della scienza, avvelenare con il suo “pane di Calabria” il mancato trappista Tansi che le compete in tema di ingordigia e di potere.

La candidatura della Amalia Bruni, la scienziata contadina è l’ultima exit strategy di una cricca di affaristi e massomafiosi con sede stabile a Cosenza. Quello sversamento di veleni che ha fiaccato la speranza dei calabresi e dove le verità hanno il valore dello scherzo, le tante verità non dette a cui fanno da sodali complici sia il Tansi “tesssoro” di Calabria, sia la candidata presidente Amalia Bruni.

Saprà certamente fare gli onori di casa alla prossima rivelazione del Nazzareno in Calabria, quando insieme ad Enrico Letta farà da spalla alla presentazione del nuovo testo ecumenico, forse in quella sede potrebbe incominciare a parlare, rispondendo ai tanti perché rimasti appesi, ma in particolare dovrebbe tirare fuori la sua di pubblicazione segreta: il divertimento sarebbe garantito per tutti gli astanti ed oltre.

Il non detto, ma in altre sedi scritto di Amalia Bruni è la radice storica della sua non trasparenza, una forma alternativa di impresentabilità che tutti tacciono, richiamati ad un ordine supremo di silenzio, quello che è la caratteristica consolidata in Calabria, dove anche gli organi di informazione non sono liberi e si comprano un tanto al chilo… Per noi Marx può aspettare e può aspettare anche Enrico Letta venuto in Calabria a raccontare le barzellette francesi, abbiamo da narrare e da continuare a porre interrogativi alla candidata Amalia Bruni. Ecco perché facciamo un salto indietro nel ricordo e nella storia della sua ascesa agli onori accademici e delle sue complicità generose nel sistema sanitario calabrese.

E’ lei, Amalia Bruni la grande pupara della sanità catanzarese, alchimista riconosciuta e traditrice delle speranze di cura dei malati di demenza, una regina incontrastata del potere sanitario e raccoglitrice a mani basse delle “donazioni” e dei “fondi” per la cura. La sua è una monarchia assoluta che non si discute, il suo regno è a Lamezia ed il suo giocattolo è il Centro Regionale di Neurogenetica una scatola vuota da riempire solo con gli schei (i soldi, per chi non conoscesse il veneziano..).

“Good save Queen Amalia” è il nuovo inno accademico-aristocratico che la folla di caproni adulanti saranno costretti a cantare, come una preghiera apotropaica, quando gli sputi torneranno controvento e quando i documenti saranno ormai noti a tutti.

Il regno di Amalia I si fonda in quel di Lamezia Terme nel lontano 1996, quando con la Legge regionale n. 37 viene istituito il Centro Regionale di Neurogenetica per volere dell’allora presidente della regione Calabria, il prof. Giuseppe Nisticò (Forza Italia o comunque centromassomafia, pardon centrodestra tanto è uguale al centrosinistra).

Il testo della legge regionale “Integrazione regionale 3 aprile 1995, n.9 recante «Piano Sanitario Regionale 1995-1997» – Azione programmata per l’assistenza, diagnosi, studio e ricerca delle patologie neurogenetiche”, si compone di soli due articoli e più specificatamente nell’articolo 2, 1 comma recita: “All’onere finanziario derivante dalla presente legge si farà fronte con i fondi del Servizio Sanitario Regionale. Capitolo 4211103 – parte corrente destinazione indistinta del Bilancio di previsione della Regione Calabria 1996 che presenta la necessaria disponibilità”. Tombola!

La strategia dell’intervento legislativo è racchiusa nell’allegato che facendo salve le capacità di ricerca della dottoressa Amalia Bruni, indica un percorso ben delineato clinico-scientifico e di gestione condivisa: “[…] Da quanto detto finora emerge l’importanza della creazione di un Centro Regionale di Neurogenetica cui possano afferire i pazienti affetti da malattie ereditarie del Sistema Nervoso provenienti dal territorio calabrese. Gli obiettivi del Centro possono essere schematizzati in tre gruppi, realizzati da tre settori cooperanti: Obiettivo 1 – Settore clinico-genetico epidemiologico A) Identificazione delle famiglie con patologie genetiche. B) Diagnosi. C) Epidemiologia. D) Informatizzazione. E) Genetica formale. Obiettivo 2 – Banca di DNA e Tessuti Biologici A) Acquisizione e conservazione di materiale biologico proveniente dalle famiglie identificate. Obiettivo 3 – Laboratorio di genetica molecolare e Terapia genica A) Ricerca delle anomalie geniche (se non note). B) Diagnosi molecolare. C) Terapia genica. D) Protocolli riabilitativi.

L’articolazione e l’organizzazione sarà definita con provvedimento della Giunta regionale, previe intese da raggiungere con l’Azienda Unità Sanitaria Locale n. 6 di Lamezia Terme, l’Università degli Studi di Reggio Calabria – Facoltà di Medicina e Chirurgia di Catanzaro, l’Associazione per la ricerca neurogenetica di Lamezia Terme e altri soggetti pubblici e privati interessati.[…]

Riepiloghiamo: il Centro Regionale di Neurogenetica viene incluso nel piano sanitario regionale sia per quanto riguarda i fondi di funzione che di finanziamento. Viene identificato un comitato tecnico scientifico con la presenza della Regione Calabria, dell’Università di Catanzaro con un componente della facoltà di Medicina ed uno della facoltà di Farmacia, l’Asp territoriale ed il direttore del centro. Si delinea il percorso e gli obiettivi da raggiungere in termini di clinica con la collaborazione dell’Università di Catanzaro, mentre per la ricerca e l’assistenza e l’opera di sensibilizzazione si stabilisce una collaborazione con l’Associazione per la Ricerca Neurogenetica di Lamezia Terme, non a fini di lucro (ARN Onlus). Si definisce altresì che il Centro Regionale di Neurogenetica viene allocato in fabbricati di proprietà dell’Asp territoriale con una convenzione e che dovrà fornire il personale per il funzionamento.

Nello specifico il supporto clinico e strumentale doveva essere fornito dall’Università Facoltà di Medicina di Catanzaro anche con il turn-over di specializzandi; mentre il supporto per la ricerca ed assistenza viene demandato all’ARN Onlus: “[…] fornirà, tramite apposita convenzione, le attrezzature minime necessarie per attivare la prima fase del progetto […]”.

Fermiamoci qui. I fabbricati e le strutture sono dell’Asp e vengono concesse a titolo gratuito? Chi paga? E l’ARN Onlus fornisce le attrezzature minime, cosa significa?

Capiremo il meccanismo nel prosieguo, tutto quello che sembra una “truffa” ben articolata e ben nascosta nei meandri dell’Asp di Catanzaro, dove amici ed amichette della scienziata dott.ssa Bruni tengono in piedi il teatrino.

Nel 2008 e precisamente il 15.09.2008 con delibera del Direttore Generale dell’Asp di Catanzaro viene istituito il GOIP (Gruppo Interdipartimentale Permanente per le Demenze). E’ un gruppo composto da una rete di dipartimenti che hanno in comune la presa in carico di pazienti affetti da demenza. Essi sono:

  • Centro Regionale di Neurogenetica (coordinatore del gruppo);
  • Unità di Valutazione Alzheimer (Centri UVA);
  • Unità di Valutazione Geriatrica (Centri UVG);
  • Medicina Specialistica Ambulatoriale di Neurologia e Geriatria;
  • Assistenza Domiciliare Integrata;
  • Dipartimento di Salute Mentale;
  • Servizio Infermieristico Aziendale;
  • Punti Unici di Accesso (PUA);
  • Rappresentanti dei Medici di Medicina Generale.

Ai Dipartimenti già indicati si affiancano: i Servizi Sociali dei comuni; le Associazioni di Volontariato; i Centri Diurni e i Nuclei Alzheimer creati all’interno delle RSA.

Tutte belle parole! Nei fatti non è stato mai realizzato nulla, il nulla più assoluto, fatto salvo l’uso improprio, nelle tasche di chi? dei tanti fondi erogati ed usati a discrezione per seminari, convegni e pubblicazioni varie pilotate dalla Amalia Bruni e dai suoi compari dell’Asp di Catanzaro. Chiedete alle famiglie dei malati di Alzheimer in Calabria! Loro certamente meglio di noi vi potranno spiegare quali sono stati i “miglioramenti” promessi e se questi si sono mai realizzati.

Il GOIP era finalizzato all’identificazione di uno specifico profilo di cura per le demenze, predisponendo linee guida atte a promuovere:

  • Adozione dei criteri diagnostici improntati all’appropriatezza e alla tempestività;
  • Adozione di idonee scelte terapeutiche di natura farmacologica e riabilitativa;
  • Definizione di attività di supporto, con peculiare riferimento alle procedure di esenzione, all’erogazione di protesi e ausili, alla tutela dei diritti sociali ed economici;
  • Definizione delle azioni necessarie a garantire, in una logica di rete, tutti gli ambiti di cura (domiciliare, semiresidenziale e residenziale), privilegiando comunque quello domiciliare;
  • La valorizzazione del volontariato;
  • Una corretta informazione e adeguata azione di orientamento;
  • La formazione continua degli operatori;
  • Il monitoraggio clinico, epidemiologico ed assistenziale;
  • Integrazione inter-istituzionale.

L’obiettivo generale, almeno quello dichiarato con grande suono di trombe, era quello di: “delineare uno specifico modello assistenziale da declinare in tutto il territorio dell’azienda sanitaria per migliorare la qualità di vita del paziente affetto da demenza e della sua famiglia, valorizzando e potenziando le professionalità esistenti, creando sinergie lavorative e relazionali grazie anche all’opportunità che la tecnologia offre”. Ad oggi non è dato sapere cosa sia stato prodotto, che fine abbiano fatto il gruppo di medici che erano stati dedicati al progetto? Quanto sia costato? Ed in particolare quali miglioramenti abbia prodotto per i malati di demenza e per i caregiver?

Molte sono le paroline magiche che suonano come una melodia alle orecchie della candidata a presidente, Amalia Bruni, quelle che le ricordano i tanti soldini che ha gestito tenendo in piedi un baraccone inutile ed i tanti “affari di famiglia” sui cui oggi tace.

Una in particolare suona come un’orchestra, l’insieme di professori che con la Bruni hanno lucrato sulla cura, molto presunta, delle demenze, questa è CCM (Chronic Care Model).

E’ un progetto biennale costato 155 mila euro, prodotto dall’Asp di Catanzarocon soldi pubblici – con il coordinamento scientifico della dottoressa Amalia Bruni il cui scopo era: “Sperimentazione di percorsi assistenziali integrati per la prevenzione delle complicanze della malattia di Alzheimer sulla base del modello ampliato del Chronic Care Model nell’Asp di Catanzaro”…

Con questo modello si intendono valutare i risultati della sperimentazione del Chronic Care Model per la costruzione di percorsi preventivo-diagnostico-terapeutico-assistenziali integrati finalizzati alla prevenzione del decorso della malattia di Alzheimer in pazienti con diversi livelli di gravità e di rischio di complicanze. In particolare il progetto prevede la costruzione, sperimentazione e valutazione randomizzata e controllata di tre diversi percorsi:

  1. Un percorso di self-management per soggetti nelle fasi iniziali della malattia di Alzheimer e a basso rischio di complicanze (supporto all’auto-cura, formazione paziente esperto);
  2. Un percorso di care management per soggetti con patologia conclamata a medio rischio di complicanze (cure primarie integrate, follow-up);
  3. Un percorso di case management per soggetti nelle fasi severe della malattia ad alto rischio per complicanze (progetto personalizzato, ADI, hospice).

Alla fine del progetto sono stati realizzate le seguenti attività (fonte Asp Catanzaro):

  • Costruzione e formazione del gruppo dei medici di medicina generale (MMG) coinvolti nel progetto;
  • Definizione dei percorsi assistenziali e individuazione dei pazienti da coinvolgere;
  • Formazione periodica delle UVA (unità di valutazione Alzheimer) e delle équipe ADI;
  • Individuazione e somministrazione di test atti a monitorare la ricaduta del progetto su pazienti e familiari;
  • Costruzione e implementazione di un sistema informativo socio-sanitario per la popolazione target;
  • Attività di sostegno sociopsicologico ai caregiver;
  • Attività di neuroriabilitazione cognitiva;
  • Attività di socializzazione rivolte a pazienti e familiari attraverso momenti di incontro significativi (Alzheimer cafè);
  • Informazione e divulgazione scientifica attraverso convegni, trasmissioni televisive e pubblicazioni;
  • Convegno finale e presentazione dei risultati.

I risultati raggiunti che vengono presentati al convegno conclusivi ad alla stampa (fonte Asp Catanzaro) sono:

  1. Potenziamento delle relazioni tra MMG, specialisti e servizi territoriali;
  2. Costruzione dei presupposti per una diagnosi precoce della malattia grazie alle attività di formazione rivolte ai MMG;
  3. Sensibilizzazione dell’opinione pubblica finalizzata a una riduzione dello stigma e ad un miglioramento della consapevolezza da parte della collettività;
  4. Miglioramento delle capacità di gestione da parte dei familiari nei confronti del paziente;
  5. Intervento sullo stato emotivo di pazienti e familiari con ricadute positive ed estensione di tale beneficio anche alla collettività;
  6. Sviluppo concreto nel territorio di un modello assistenziale replicabile e diversificato per stadi che, intervenendo sin dall’esordio, accompagna pazienti, familiari e medici nel difficile percorso della malattia.

Una considerazione ci sia consentita. Tutto quello che viene pubblicizzato come un risultato è una macroscopica bugia, pagata profumatamente con i soldi dei contribuenti calabresi, quelli che finanziano il Centro di Neurogenetica della Bruni.

Lo stato dell’arte è complessivamente il contrario, basta chiedere a chi ha incrociato la malattia di Alzheimer o una forma di demenza, i calabresi lo possono certificare. E’ talmente vero che i medici di medicina generale sono sempre più asini, nonostante la formazione continua, così viene detto, il più delle volte non riconoscono l’esordio della malattia, spacciandola per depressione, mentre il sistema territoriale sanitario è a macchia di leopardo. Quello che viene definito stigma è una condanna a morte preventiva, i malati di Alzheimer, che dovrebbero avere anche le cure a domicilio, così dicono la Bruni e l’Asp di Catanzaro, nella migliore delle ipotesi finiscono il loro passaggio terreno chiusi nelle loro case o in quelle strutture, le RSA che sono dei penitenziari sanitari nelle mani degli affaristi privati della sanità, Chiesa inclusa. Però tutto va bene, perché la famiglia e gli affari non si toccano!

Forse sta qui la motivazione “nobile” che spinge Trudy Bruni e Gambadilegno Tansi a lasciare i loro fortini di ricerca per un impegno politico di svolta! Noi non vogliamo sparare sulla Croce Rossa, ma continueremo a ripercorre a ritroso le complicità ed i tanti soldi finiti nelle tasche della Bruni, che oggi ha capito che è meglio togliere il disturbo, diventando “garante” della salute dei calabresi, una specie di Frankenstein in gonnella. Con buona pace del codice etico…