Autobomba a Limbadi, Gratteri: “Esternazione del potere mafioso sul territorio”

“Siamo dinanzi ad un delitto efferato e con modalità brutali e mafiose, siamo dinanzi all’esternazione di un vero potere mafioso sul territorio e non ad una semplice lite fra vicini”. E’ quanto dichiarato dal procuratore della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, in conferenza stampa a Vibo Valentia per illustrare, con i carabinieri del comando provinciale e del Ros i risultati dell’operazione denominata “Demetra” che ha portato a sei fermi per l’autobomba del 9 aprile scorso costata la vita al biologo Matteo Vinci. Lo riporta l’Agi.

“Era un caso importante da risolvere – ha affermato Gratteri – e ciò è stato possibile grazie alla presenza di polizia giudiziaria ed investigatori dell’Arma di primo livello. I Mancuso-Di Grillo sin dal 2014 si erano messi in testa che il terreno dei Vinci doveva passare a loro, con le buone o le cattive. L’aver chiuso l’indagine in tempi brevi – ha aggiunto Gratteri – dimostra che i vibonesi possono iniziare ad avere fiducia in questa Dda che mai come prima dispone ora sul territorio di ben tre sostituti procuratori dedicati interamente alla provincia di Vibo Valentia per il contrasto ai reati mafiosi”.

“Ci sono le condizioni – ha aggiunto Gratteri – affinchè la comunità vibonese si ribelli e denunci. Possiamo dare risposte sul piano giudiziario soprattutto in una realtà come quella di Vibo Valentia dove si registra la più alta percentuale d’Italia di massoneria deviata e di ‘ndrangheta insieme. Qualcosa, però, sta cambiando e ci aspettiamo ora le prime denunce. I vibonesi non devono sottostare al dominio di queste famiglie mafiose ma iniziare a denunciare perchè l’aria sta cambiando”.

Sono sei i fermi disposti dalla Dda di Catanzaro nei confronti di presunti mandanti ed esecutori dell’attentato con un’autobomba che il 9 aprile scorso a Limbadi ha ucciso Mattero Vinci e ferito gravemente il padre Francesco. I fermati sono: i coniugi Rosaria Mancuso, 63 anni, ed il marito Domenico Di Grillo; la figlia Rosina Di Grillo, l’altra Lucia Di Grillo, 29 anni, con il marito Vito Barbara, 35 anni, e Salvatore Mancuso, 46 anni, fratello di Rosaria Mancuso, questi ultimi due indicati appartenenti a vario titolo all’omonima famiglia di ‘ndrangheta. Gli arrestati sono tutti di Limbadi.Ad eseguire i fermi sono stati i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia ed il Ros di Catanzaro. I Mancuso-Di Grillo sono vicini di casa dei Vinci-Scarpulla e da tempo erano in lite per i confini delle rispettive proprieta’.

Le indagini avrebbero consentito di individuare ed identificare Salvatore e Rosaria Mancuso, il marito di quest’ultima Domenico Di Grillo, le due figlie della coppia Lucia e Rosina nonche’ il genero Vito Barbara, come responsabili a vario titolo, oltre che dell’attentato del 9 aprile, anche del tentativo di omicidio perpetrato ai danni di Francesco Antonio Vinci il 30 ottobre 2017 a Limbadi, quando l’uomo era stato vittima, sotto la minaccia di una pistola, di una feroce aggressione con un forcone e un’ascia.

Le indagini, svelando gli interessi criminali dei fermati, avrebbero anche consentito agli inquirenti di appurare che tutti i violenti fatti criminali perpetrati rientravano in un feroce piano dei Mancuso ai danni dei Vinci, in atto dal 2014, finalizzato all’acquisizione della vasta proprieta’ terriera delle vittime, confinante con quella dei Mancuso, determinati all’acquisizione ad ogni costo della proprieta’ tanto da ricorrere a qualsiasi mezzo tra cui l’eliminazione fisica di tutti coloro che avessero intralciato il loro disegno criminale.Le attivita’ svolte avevano consentito, subito dopo l’attentato, di procedere all’arresto per detenzione di armi e munizioni di due dei fermati odierni, Domenico Di Grillo, trovato in possesso di un fucile da caccia con 40 proiettili acclusi, e la moglie Rosaria Mancuso, in relazione al ritrovamento di una pistola e di un fucile automatico con oltre 200 proiettili di vario calibro, armi nella effettiva disponibilità degli arrestati.

Ci sono le dichiarazioni di Rosaria Scarpulla, la mamma della vittima, alla base del fermo di indiziato di delitto firmato dalla Dda di Catanzaro a carico di sei esponenti della famiglia Mancuso-Di Grillo di Limbadi accusati di aver azionato un’autobomba il 9 aprile scorso, uccidendo Matteo Vinci e ferendone gravemente il padre. Ma, da quanto emerge, buona parte dell’impianto accusatorio è stato ricostruito da Dda di Catanzaro, carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia e Ros di Catanzaro attraverso intercettazioni telefoniche ed ambientali in particolare fra Vito Barbara (genero di Rosaria Mancuso) e la moglie Lucia Di Grillo.

I due, nelle intercettazioni, si lasciano andare a riferimenti alle indagini dei Carabinieri ed alla scorta invocata dall’avvocato della famiglia Vinci per Rosaria Scarpulla. Dichiarazioni “autoconfessorie”, per gli inquirenti, anche laddove i due fermati fanno cenno ad un precedente violento pestaggio di Francesco Vinci, avvenuto il 30 ottobre 2017 e che sono per puro caso non si e’ tramutato in omicidio. Per il pm della Dda, Andrea Mancuso, intercettazioni più che chiare e che delineano tutto il contesto nel quale e’ maturata l’idea di uccidere attraverso un’autobomba.