Bancarotta e riciclaggio iGreco. I colletti bianchi del Mise: chi è Alessandro Musaio

Alessandro Musaio

di Beatrice Nencha

Fonte: NotteCriminale

“Se c’è stato dolo, questo dolo si è consumato a Roma, il 22 dicembre 2016, negli uffici del Ministero dello Sviluppo Economico. Però bisogna fare una premessa: l’attacco è avvenuto ben prima. Ed è stato  pianificato, come spesso avviene in queste vicende legate al mondo del fallimentare”.

Scandisce le parole il senatore Stefano Lucidi (ex M5S oggi Lega), perché non ci sia possibilità di equivoco. Quello che definisce “attacco” è in realtà un’operazione imprenditoriale, sicuramente a carattere speculativo, che nei risultati ha portato alla distruzione definitiva del gruppo alimentare umbro Novelli, specializzato nella produzione di pane e uova. Acquisito per intero, dopo tre anni di gestione commissariale, dalla società Alimentitaliani Srl, legata al gruppo calabrese iGreco e con sede a Cariati (Cosenza), neocostituita il 5 dicembre 2016. Appena 17 giorni prima di siglare la cessione dell’intero gruppo Novelli davanti ai commissari e ai funzionari del Ministero. Prezzo di vendita: un euro. “Mai nemmeno versato, a quanto risulta”.

Il senatore Lucidi
  • Senatore Lucidi, a chi imputa le presunte colpe di questo “attacco” pianificato alla Novelli?

“Il livello di astrazione più alto è il mondo del fallimentare: sezioni fallimentari, giudici fallimentari, procuratori, liquidatori, consulenti, aste giudiziarie e tutto questo mondo che ruota intorno alle crisi di impresa. Non a caso, qualche anno fa ci fu un ingresso della finanza alla sezione fallimentare di Roma ed è successo un finimondo. Il giochino è sempre quello: siccome si tratta di esprimere “valutazioni”, chiunque può dire quello che vuole, proporre qualsiasi progetto, perché tanto non esistono regole né criteri predefiniti. Il vertice o la radici di tutto questo marcio è il mondo del fallimentare”. 

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Alessandro Musaio

– Il gruppo umbro della Novelli entra in questo mondo del fallimentare in che periodo?

“Nel 2013 Novelli va in concordato fallimentare, che è una sorta di amministrazione controllata. Però l’azienda già stava al Ministero e quindi era già entrata con un piede nel mondo del fallimentare. Allora succede che banche, Ministero e creditori scelgono un amministratore delegato per Novelli, che è il professore Alessandro Musaio, un professore calabrese della Luiss. Già da questa scelta, bastava fare una semplice ricerca per prevedere come sarebbe andata a finire”.

-Intende dire che c’erano già dei suoi precedenti in altre aziende finite male ?

“Musaio fu l’ultimo consulente della vertenza Eutelia, che era un’azienda dell’Italia centrale che faceva elettronica e informatica: 2500 dipendenti, azienda in liquidazione, ci sono state anche qui delle valutazioni sul valore dell’azienda. Poi arriva il professor Musaio e viene fatta una valutazione del gruppo industriale bassissima. La buttano sul mercato a pochissimo, viene svenduta e 2500 perone vanno a casa. Questo è un dato, non a caso io sono partito dal mondo giudiziario del fallimentare. E secondo me in questa vicenda della Novelli c’è anche il coinvolgimento della politica. Ma l’unico parlamentare che si è interessato sono stato io”.

-Cosa accade alla Novelli con l’arrivo di Musaio come amministratore delegato?

“Viene creato un cda, in cui siede lui, un altro consigliere che si chiama Tarozzi e il terzo consigliere è Alfieri. Questi nomi sono importanti perché in questo cda Musaio è l’amministratore delegato, e gli altri due sono membri del consiglio di amministrazione. C’è una vicenda simile che è quella dello Zuccherificio Molisano, che è lo zuccherificio che sta a Termoli, tra Abruzzo e Molise, e in quel contesto l’ad dello Zuccherificio molisano era uno dei membri del cda di Novelli, che all’epoca chiama dentro lo Zuccherificio Musaio e gli stacca un assegno, poi l’azienda fallisce. Ecco perché dico che la radice di tutti i mali è nel mondo del fallimentare. Queste persone si chiamano a vicenda, staccano assegni corposi pagati dalle aziende, poi non riescono a salvarle e fallisce tutto. E poi il giro ricomincia, si continua ad andare avanti così. Ma essendo vicende locali, non interessano a nessuno. Io ho provato ad alzare di livello queste vicende, presentando una serie di interrogazioni in Senato, ma nemmeno così è servito”.

-Torniamo alla Novelli, si insedia il cda guidato da Musaio e cosa accade?

I componenti del CDA che hanno affossato il Gruppo Novelli: Musaio, Tarozzi e Alfieri

“La Novelli parte da un debito di circa 60 milioni di euro, a fronte di un fatturato che era di circa 70 milioni di euro. Novelli è una azienda tipicamente italiana, a conduzione famigliare, ma parte con una fragilità di fondo perché non c’è più il capostipite ma ci sono quattro fratelli, oltre a tanti figli, non sempre in armonia tra loro.  Quindi l’assetto proprietario è già frammentato, caratteristica che fa della Novelli un’azienda estremamente debole sul mercato. E quindi facilmente aggredibile. Questo cda si insedia nel 2013 e, nel giro di appena tre anni, porta il debito a raddoppiare. Nel 2016 il debito arriva a 120 milioni. E nessuno dice niente”.

-Come è potuto avvenire: non c’era un organismo di controllo sopra il cda tecnico?

“Certo, il controllo spetta al Tribunale perché l’azienda era in concordato. In questo caso alla sezione fallimentare di Terni. Ci sono dei commissari giudiziali che dovrebbero controllare l’andamento del concordato, che si basa tutto su un atto, che è il concordato fallimentare. Lì dentro ci sono scritti degli impegni. Ma i commissari non hanno evidentemente controllato. Nel frattempo, però, la Novelli paga la procedura al tribunale fallimentare, secondo quanto previsto dalla legge. In più, c’è il giudice delegato che sovrintende tutto. Il controllo è talmente blando che dopo il fallimento qualcuno cominciano a correre ai ripari e dichiara che i Novelli non avrebbe depositato o ottemperato ad atti, ma se ne accorgono un po’ tardi.. E anche su questo comportamento, non dice niente nessuno”.

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Saverio Greco

-A questo punto la Novelli entra in un dissesto irreversibile?

“A dicembre 2016 il debito è raddoppiato. Alla Novelli c’è l’ad Musaio, mentre al Ministero dello Sviluppo economico in quel momento c’è come responsabile dell’Unità di crisi – ossia dell’Ugv, Unità gestione vertenze – un dirigente , Giampiero Castano, che fino a un certo punto è stato il deus di tutte le crisi aziendali italiane. Lui aveva in mano tutte le crisi aziendali: Whirlpool, Alitalia, Taranto, Terni, etc. Al Mise ci sono prima come sottosegretario Antonio Gentile, un altro calabrese, e in seguito, come viceministro allo Sviluppo economico, c’è Teresa Bellanova. A dicembre 2016 al tavolo ministeriale in pratica dicono: guardate l’azienda sta fallendo, non c’è più possibilità di salvarla e va venduta unitariamente, ribadendo quest’ultimo concetto. Insistono che non c’è nessuno che si proponga per salvarla, mentre poi si scoprirà che ce n’erano tanti di offerenti. Ed è allora che il professor Musaio “scopre” questa azienda calabrese, Alimentitaliani Srl, afferente al gruppo iGreco, che dichiara di non conoscere, ossia che è “di nuova conoscenza”. Invece scopriremo in seguito che due anni prima, Musaio gli aveva venduto, come liquidatore fallimentare, sempre a un euro, un intero ospedale a Cosenza”.

-Con quali carte si presenta la Alimentaritaliani al Ministero per rilevare la Novelli?

“Incredibilmente, arrivano al Ministero e si presentano senza alcun piano industriale. In presenza di tutti i presidenti di Regione – Umbria, Lazio, Lombardia, perché la Novelli aveva diversi asset produttivi – i sindaci, gli assessori locali allo sviluppo economico delle varie Regioni, nessuno solleva obiezioni. Cosa che invece in quei giorni io stavo segnalando in tutti i contesti. Io penso che probabilmente alcune persone siano state anche minacciate, bisognerebbe parlare con i sindacati”.

-Chi sarebbe stato minacciato, i membri della famiglia Novelli?

   “Anche i politici hanno ricevuto pressioni secondo me”.

-Ma non è possibile invece che per i politici locali fosse una grana avere questo gruppo moribondo, con i lavoratori che protestavano fuori dalle fabbriche, e che appena hanno visto una via d’uscita, hanno accettato senza starci troppo a pensare? Magari per un eccesso di fiducia o di superficialità?

“Certo. Ma secondo me è un’omissione di atti d’ufficio perché non ci si può presentare a un tavolo negoziale di un’azienda che ha oltre 500 dipendenti e, vedendo che sul tavolo non ci sta neanche un grafico, un istogramma, delle percentuali, ma davanti c’è solo questa azienda neo costituita, con 10mila euro appena di capitale sociale, pare nemmeno versato. E’ evidente che ci sta qualcosa che non torna”.

-Quindi questi imprenditori si presentano al tavolo, dietro segnalazione del professor Musaio, senza nulla in mano? E senza che ci sia stato, precedentemente, nemmeno un bando, una gara, una call a inviti da parte del Ministero?

“Esatto. Addirittura i Novelli vengono obbligati a firmare la vendita, per altro in assenza di una domanda di acquisto. Anche se verranno poi accusati di non voler firmare. Ma la verità è che non c’era niente da firmare. Qualcuno degli eredi cede a causa delle fortissime pressioni”.

-Senta che intende quando dice che gli ex proprietari del gruppo Novelli furono minacciati?

“Fu lo stesso Enzo Novelli, uno dei soci, che nel suo Memoriale parla di presunte minacce”.

-E questo chi glielo avrebbe detto?

“Se è avvenuto, non può che essere accaduto al Ministero dello Sviluppo economico”.

-E’ pesantissima questa affermazione: i Novelli hanno avuto paura di essere implicati in qualcosa di ritorsivo se non avessero firmato l’accordo che spianava l’ingresso alla Alimentitaliani?

“Bisogna capire che i Novelli in quel momento avevano gli operai inferociti sotto casa, a quel punto credi a tutto no? Poi verrà fuori, successivamente, che esistevano altre proposte di acquisto”.

-Come verranno scoperte queste altre proposte?

“Innanzitutto perché lo sapevano i proprietari, e dopo è emerso anche pubblicamente. Altri soggetti industriali interessati non si sono fatti avanti perché sapevano, probabilmente, che non sarebbero mai stati presi in considerazione dal Ministero”.

ministero-sviluppo-economico-Quindi qualcuno ha capito, secondo lei, che al Ministero non era gradito il fatto che altre aziende si presentassero per l’acquisto della Novelli?

 “E’ ragionevole supporlo”.

-In genere in queste vertenze si fa una chiamata pubblica, e si presentano sempre diversi competitor

“Esatto. E di offerte ce n’erano tante perché da un lato il marchio Novelli era allettante, e anche il mercato di riferimento dell’azienda era allettante. I loro asset produttivi erano il pane, le uova e una linea di mangimi per cani, prodotto con gli scarti di pane e uova, che tra l’altro era un prodotto dove si guadagna tantissimo. E proprio sul mangimificio, non a caso, i Novelli avevano ricevuto delle offerte, ma erano state sempre rifiutate con il pretesto che bisognava vendere unitariamente tutto il gruppo. Mentre poi vedremo che dopo appena un mese avverrà esattamente il contrario”.

Le devo chiedere: lei ha mai ricevuto pressioni per la sua attività ispettiva sulla vicenda?

“No, ma probabilmente perché vedevano che non si approdava a nessun risultato. Io non ho mai ricevuto alcuna risposta alle mie interrogazioni su questa vicenda”.

-Dopo il tavolo natalizio al Mise cosa avviene?

“Il 22 dicembre 2016 gli imprenditori calabresi rilevano il gruppo Novelli per un euro, e sembra che non l’abbiano neanche mai versato. Prendono l’intera azienda e dopo un mese spacchettano e creano la solita “bad company” e si tengono tutta la redditività nella “good company”. Mentre nella “bad” lasciano i debiti e i dipendenti”.

-E i sindacati che parte hanno avuto in tutta questa trattativa, erano presenti al Ministero?

“Certo. Ma sono successe delle cose allucinanti anche in questo campo. A un certo punto c’è stata il referendum sindacale per accettare l’offerta di acquisto e addirittura, e questo è tutto documentato sui siti, nel sito di Terni questi operai li hanno fatti votare in un modo mai visto prima: li hanno fatti entrare in un capannone, che era l’ex mangimificio, chiuso da anni e pieno di topi, mentre per legge il voto sindacale è disciplinato da una serie di obblighi e requisiti. Ci sono immagini che mostrano questi operai che vengono fatti votare all’aperto, sul piazzale, sopra i cofani delle macchine, con gente che li guardava. Una situazione allucinante, su cui ho fatto un’interrogazione parlamentare specifica. Durante le operazioni di voto è successo di tutto, ma purtroppo non è interessato a nessuno. Per dare un’idea dello standard nelle procedure di voto: in quei giorni si votava anche per l’accordo Alitalia, e in quel caso gli agenti della sicurezza interna di Alitalia andavano in giro per le varie sedi dove si votava con i bussolotti delle schede, sigillati, da portare a Roma, dove hanno fatto lo spoglio. Invece alla Novelli, che aveva sedi ad Amelia, a Spoleto, a Terni, a Latina e a Roma, hanno votato tutte le sedi ad orari diversi. E appena finito di votare in una sede, in quella veniva effettuato subito lo spoglio. Persino io sapevo i dati in contemporanea. Una procedura che doveva essere invalidata”.

-E per quale ragione hanno fatto una votazione così “pasticciata” secondo lei?

“A pensar male, per controllare l’andamento del voto. Comunque nessuno ha detto niente”.

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Pm Eugenio Facciolla

-Quindi il sindacato non sarebbe stato molto di controllo in quel caso?

“Erano loro che avevano organizzato quel voto. Per dire: quando gli operai hanno votato a Spoleto, gli spoletini già sapevano i risultati delle altre sedi. L’ultimo voto è stato fatto, due giorni dopo, a Cisterna di Latina, con 20 operai che in quel caso erano l’ago della bilancia delle sorti di tutta la Novelli e quegli operai si sono astenuti in blocco, non se la sono sentita di votare. Perché già conoscevano i risultati di tutti gli altri stabilimenti. Da dicembre 2016 la Novelli passa quindi ai Greco e un anno dopo fallisce e per questo il capo, Saverio Greco, verrà indagato per bancarotta fraudolenta dalla procura di Castrovillari guidata dal procuratore Eugenio Facciolla”.

-Possiamo ripercorrere i fatti salienti dal punto di vista aziendale, a partire dall’ingresso di Alimentitaliani nell’azienda Novelli?

“Sostanzialmente loro acquisiscono tutto a dicembre 2016 e poco dopo già chiedono la chiusura del concordato fallimentare Novelli e ne chiedono un altro a Castrovillari, dove però viene rifiutato”.

-Ad appena un mese dall’acquisto, il nuovo gruppo imprenditoriale propone due concordati?

“Chiedono la chiusura del concordato Novelli, che invece viene rigettato perché i creditori non sono stati soddisfatti, e al contempo presentano un concordato per Alimentitaliani, a Castrovillari, che viene rigettato. La Alimentitaliani è la società con viene fatta l’operazione, con un capitale sociale di appena 10mila euro, nemmeno versato, senza piani industriali di rilancio, senza attività né dipendenti”.

-Sta dicendo che avrebbero utilizzato una sorta di scatola vuota?

“Sì. Con in pancia però tutta la roba della Novelli. Il passaggio centrale è questo: siccome non c’è la vendita, perché i fratelli Novelli non danno l’assenso alla vendita, l’amministratore delegato non vende la Novelli ma vende le sue attività e passività. Cioè si vende tutto, ma non l’azienda. Così la Novelli rimane una scatola vuota e tutto il suo contenuto, attività e passività, passano in blocco ad Alimentitaliani”.

-E si può fare questa cosa?

“L’hanno fatta. In teoria qualcuno dice che non si poteva fare, ma è andata così”.

-Da lì però si sono inserite le cause civili di alcuni eredi Novelli per tentare di riprendersi il gruppo, giusto?

“Sì ma qui è intervenuto l’amministratore delegato, che ha agito su mandato cedendo tutto il gruppo per un euro. Tra l’altro un imprenditore oculato questa mossa non l’avrebbe fatta perché, a monte di questa operazione, era successo che a uno dei quattro fratelli, Luigino Novelli, fu suggerito di fondere le sue proprietà, dato che all’epoca il gruppo aveva vari asset tra cui una finanziaria, gli ha suggerito di prendere le sue proprietà e di fonderle nel gruppo Novelli. Luigino Novelli ha perso milioni di euro con questa mossa, perché poi è stato incamerato tutto nella cessione. Però il punto è un altro: già prima  dell’arrivo dei calabresi, dei Greco, c’era una causa in atto tra gli eredi di Luigino, tuttora in corso. Quindi già si partiva in una situazione non favorevole per qualsiasi azione imprenditoriale. Invece qui non è stato preso in considerazione nemmeno questo giudizio di buonsenso”.

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Pg Otello Lupacchini

-Intanto, sul versante giudiziario interviene la procura di Castrovillari che respinge il concordato richiesto dai Greco per Alimentitaliani, la cui sede legale è a Cariati, in provincia di Cosenza, e dispone una serie di sequestri a firma del procuratore Facciolla, avallati dal pg Otello Lupacchini

“Esatto. Bisogna precisare che la parte pane del gruppo viene nel frattempo rilevata, tramite un bando fatto dal liquidatore di Castrovillari, da una cooperativa ternana che si chiama Ternipan, e quella sta andando avanti da sola a Terni. Durante l’anno in cui si avvia il fallimento, bisogna tenere presente questo schema: c’è la Alimentitaliani che forniva il mangime e tutti i servizi amministrativi a un’altra società del gruppo che si chiamava Fattorie Novelli, che è la parte agricola del gruppo. E sono stati bravi anche in questo. Perché il punto è che hanno scorporato la parte di Alimentitaliani, che è quella industriale, dalla parte prettamente agricola, perché questa seconda, che aveva in pancia contratti prettamente agricoli, rientra in una legge speciale dove, per le aziende agricole, non è mai previsto il fallimento. Quindi succede che la Fattorie Novelli, a questo punto, rivendono le uova e tutta la produzione agricola ad Alimentitaliani, che le redistribuisce. In mezzo, bisognerebbe fare luce su che controlli e rendicontazioni si facevano tra le due aziende”.

-Quindi tutti i ricavi delle Fattorie Novelli andavano ad Alimentitaliani?

“Si, alla fine erano sempre loro”.

-Finché Alimentitaliani viene fatta fallire

“Sì. Solo che oggi anche Fattorie Novelle sta in amministrazione controllata. Perché il procuratore Facciolla, e anche il liquidatore originario della Novelli, ordinano delle azioni di sequestro sulle Fattorie, che hanno in pancia le attività “buone”, dato che con la Alimentitaliani non è possibile pagare i creditori perché dentro non ha nulla. Tuttavia questa azione la dispone anche la procura di Terni, parallelamente. Il punto da comprendere è che prima, in origine, c’era il gruppo Novelli, che viene venduto ai Greco, o meglio ad Alimentitaliani. Questi separano e mandano la Alimentitaliani in bancarotta, mentre continuano ad produrre con Fattorie Novelle, che come azienda agricola non può fallire. Ma il problema è che l’azienda madre non è morta, è stata solo “svuotata”: le sono state tolte attività e passività  e sono state portate in pancia all’altro gruppo. Non c’è stata una vera vendita ma c’è stata una “cessione”. Allora succede che il Tribunale di Terni dichiara il fallimento di Novelli, e nomina quindi un curatore fallimentare; il Tribunale di Cosenza dichiara il fallimento di Alimentitaliani e nomina un curatore fallimentare anche qui. Poi le procure dispongono i sequestri e il Tribunale sequestra le Fattorie, quindi queste stanno sotto sequestro, mentre Alimentitaliani è fallita. L’unica che si salva è l’azienda del pane, ma in tutto questo casino abbiamo tre  Procure – quella di Terni, quella di Castrovillari e quella di Monza, perché la Novelli aveva la Novapan a Monza, che fallisce anche quella – e abbiamo quattro Tribunali – Spoleto, Terni, Castrovillari e Perugia, questa per la prima incorporazione che venne fatta dagli eredi di Luigino – che adesso sono in lotta tra loro. In questo momento sono in lotta tra loro i due curatori fallimentari, quello di Terni e quello di Castrovillari, perché non riescono a trovare una soluzione dato che, in forza di questa cessione, i creditori sono gli stessi. I creditori di Terni sono gli stessi di Cosenza. E dato che il curatore fallimentare è un istituto previsto dalla legge per curare gli interessi dei suoi creditori, ognuno fa la lotta per tutelare i suoi. E anche per tutelare se stesso”.

-Ad oggi, quanti sono i dipendenti della ex Novelli rimasti nel gruppo?

“Pochi. Da oltre 500 oggi saranno rimasti in 150, forse.. “

-Nonostante il tempo le abbia dato ragione, qualcuno ha mai risposto alle sue denunce?

“No, all’epoca no. Ho presentato anche un esposto, firmato col senatore Morra, depositato alla Procura di Castrovillari. Ma il punto è che questa vicenda, rispetto ai casini che hanno in Calabria, è robetta.”

-E’ possibile a suo avviso che il procuratore Facciolla, anche se questo non è correlato alla causa del suo trasferimento, si sia fatto dei nemici per questa vicenda Novelli- Alimentitaliani, e abbia toccato degli interessi troppo forti, magari anche di natura politica?

“Non posso dirlo. Io tutte le azioni che ho fatto sono sempre state indirizzate unicamente contro la pubblica amministrazione. Però il punto è che una volta io e Nicola Morra abbiamo parlato con il procuratore Nicola Gratteri, chiaramente Morra ci ha parlato tante volte, e tranquillamente lui ci ha confessato che nella sua area di competenza, in base a dove fa le indagini chiama quel sostituto piuttosto che quell’altro. Perché se tu sei un procuratore che vieni da Cosenza, le indagini a Cosenza non le puoi fare, per una forma di precauzione da conflitti di interessi e infiltrazioni locali”..

Igreco
Luca Lotti a cena con i fratelli Greco

-Però è chiaro che questa vicenda innescata dalla Procura di Castrovillari, da Facciolla, al gruppo dei Greco avrà dato fastidio. Parliamo di un gruppo di imprenditori, anche se non così noti a livello nazionale, che voleva offrirsi per rilevare Alitalia e che si è visto in alcune foto, sedere a tavola con parlamentari di primo piano ed esponenti del governo Renzi, tra cui l’ex ministro Luca Lotti e Maria Elena Boschi..

“Certo, Facciolla ha indagato Greco per bancarotta fraudolenta, questo non fa piacere a nessuno. Per la vicinanza ai partiti di governo, o meglio alla politica, Filomena Greco è stata eletta sindaco di Cariati dal Pd. Adesso si è dimessa e aveva il divieto di dimora. C’è un servizio trasmesso dal Tg7 in cui si parla di vari politici: Aiello, Carbone, e una serie di personaggi anche molto vicini al Pd renziano, tra cui quelli che ha citato, che sono messi in relazioni con questo gruppo”.

-Questa operazione al gruppo iGreco ha portato dei benefici, e nel caso sono stati quantificati?

“Non si sa, perché l’azienda continuava a fatturare quando l’hanno rilevata però qui sarebe importante verificare le fatturazioni. Ad oggi non si sa niente di questo. Bisognerebbe andare a vedere le carte e cosa aveva scoperto il procuratore Facciolla”.

-Chi è che non ha fatto questi controlli?

“Esistono dei comunicati stampa, fatti dai sindacati o dagli ex dipendenti di Terni che sono stati licenziati, che denunciavano la mancanza di trasparenza dentro l’azienda. La Novelli faceva milioni di fatture l’anno, perché loro vendevano sia alla grande che alla piccola distribuzione, sia per il settore del pane che per le uova. Loro avevano un sistema basato sul software gestionale Sap, quindi era tutto estremamente controllato e rendicontavano al dettaglio: bolle di ingresso, bolle di uscita, etc. Mi è stato detto che da quando entra il nuovo gruppo, la Alimentitaliani, si passa da questo sistema ai post-it.”.

-Non si dovevano comunque presentare i bilanci del nuovo gruppo?

“L’azienda quando loro entrano era in concordato fallimentare, e subito dopo si è perso del tutto il controllo. Non ne hanno pubblicato nemmeno uno di bilancio, credo. La sorte vuole che i Greco acquistano la Novelli il 22 dicembre 2016 e falliscono il 22 dicembre 2017, esattamente un anno dopo. Questi imprenditori, che non hanno mai fatto investimenti, non hanno sborsato neanche un euro.. di fatto si sono appropriati di un mondo e nessuno li ha saputi, o li ha voluti, contrastare”.