Catanzaro, “Basso profilo”. Glenda, il notaio Guglielmo e Mister centomila

Il coinvolgimento nell’operazione “Basso profilo” di Rocco Guglielmo, il notaio più importante della città di Catanzaro, è stato oggetto di dibattito per molti mesi. 
Rocco Guglielmo non è noto soltanto per la sua attività professionale ma lega il suo nome anche al campo della cultura e dell’arte come direttore artistico del Museo Marca, struttura espositiva della Provincia divenuta un punto di riferimento culturale per l’intero Meridione e guida di una Fondazione che ha creato e che porta avanti molti eventi di arte contemporanea. E’ stato anche presidente dell’Accademia di Belle Arti.

Rocco Guglielmo era stato raggiunto dalla misura cautelare del divieto di dimora nel Comune di Catanzaro unitamente al divieto di esercitare la professione di notaio per un anno. Poi i pm della Dda di Catanzaro Paolo Sirleo e Veronica Calcagno avevano chiesto per lui 8 anni di reclusione. Ma Guglielmo è stato assolto, anche se la Dda e in particolare Gratteri hanno presentato ricorso e pare abbiano trovato anche nuove prove… 

Secondo l’accusa “… i professionisti tratti in arresto, in forza delle loro specifiche competenze professionali, avvalendosi di soggetti compiacenti e di società di comodo, hanno fatto fraudolentemente ricorso al credito bancario, predisponendo documentazione fiscale alterata (tra cui bilanci falsi, ovvero la presentazione di false buste paga e dichiarazioni dei redditi) per ottenere indebiti finanziamenti e mutui.
I tecnici e professionisti sono assai ricercati dalle organizzazioni criminali ed infatti la consorteria è altresì riuscita ad avvicinare un notaio, Rocco Guglielmo appunto, per concretizzare il passaggio di quote societarie a cittadini albanesi che, prelevati a Bari provenienti da Durazzo sono stati ospitati a Catanzaro, dotandoli di codice fiscale italiano. Gli albanesi, fittizi intestatari di tante cartiere anche di nuova costituzione, sono stati accompagnati per mano dal notaio per apporre le firme sugli atti predisposti dal professionista senza che questi compiesse i dovuti controlli di adeguata verifica previsti dalla normativa antiriciclaggio…”.

Per giustificare il divieto di dimora a Catanzaro e la sospensione dalla professione per Tocco Guglielmo, il gip Ferraro scriveva che “ussiste un concreto e attuale pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, agevolmente desumibile dalle modalità della condotta del notaio”. “In pratica – si ricorda nell’ordinanza – Guglielmo si mette a disposizione di Glenda Giglio, l’imprenditrice presidente dei Giovani industriali di Crotone legata sentimentalmente ad Antonio Gallo, per la stipula di diversi atti omettendo i controlli dovuti e dichiarando il falso”.

Ma il gip Ferraro nell’ordinanza si spingeva anche oltre e riflette sulla personalità dell’indagato: “Seppure incensurato – scrive il gip – ha manifestato una tendenza delinquenziale piegando la sua professione per finalità ad essa estranee, violando la legge e non rispettando i doveri legali e deontologici. Personalità negativamente connotata anche dalle risultanze investigative compendiate nella integrazione di richiesta cautelare depositata dal pm in data 17-12-2020, da cui sono emersi contatti non solo con la Giglio ma anche con il Gigliotta ed il Leone nonché irregolarità di alcune operazioni in corso”. Da qui il pericolo di inquinamento probatorio tramite l’occultamento e la distruzione di prove o indizi.

Dovendo motivare la durata massima di un anno dell’interdizione dalla professione, il gip spiega che è stata adottata “non solo alla luce del numero dei reati contestati ma anche della concentrazione – in due sole giornate – dato temporale che manifesta un particolare allarme legittimante la durata massima della misura interdittiva”.

Con il materiale intercettivo raccolto gli inquirenti sostengono, dunque, che il noto mecenate catanzarese non sarebbe stato «ignaro del contesto, bensì una figura ben inserita nell’ambiente e pienamente a conoscenza della situazione sottostante». Pur avendo solo 3 contatti in 18 mesi per la Dda il notaio sapeva bene chi fosse Umberto Gigliotta (alias Mister centomila, l’imprenditore finito in carcere accusato di essere prestanome del clan Trapasso) tanto che conversando con un amico «si interrogava come questi potesse operare indisturbato nel settore imprenditoriale nonostante fosse notorio il suo legame con esponenti della criminalità organizzata». Beh, Mister centomila ultimamente non se la sta passando troppo bene: oltre ad essere ancora detenuto, gli hanno appena sequestrato beni per 4 milioni di euro tra i quali quelli di lusso (una Porsche Carrera e una Range Rover…) e persino la società che è titolare del noto pub Mops della movida di Catanzaro Lido. Vuoi vedere che in questi giorni molto difficili per lui gli chiederanno qualcosa del notaio?