Bastardi senza gloria: quello che nessuno vi ha detto sulla stampa calabrese

IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO

BASTARDI SENZA GLORIA

DA CALABRIA ORA A LE CRONACHE – QUELLO CHE NESSUNO VI HA DETTO SULLA STAMPA CALABRESE

FINANZIAMENTI PUBBLICI, AUMENTI DI CAPITALE SOSPETTI, BILANCI BALLERINI, EMAIL COMPROMETTENTI, INTERCETTAZIONI SHOCK. DALL’EDITORE CHE CHIAMA I GIORNALISTI BASTARDI ALLA VALORIZZAZIONE DI UNA TESTATA FALLITA IN POCHI MESI PER INCASSARE I SOLDI DI STATO. E LA STORIA CONTINUA

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Nell’editoria calabrese, come ai tavoli da gioco, c’è sempre una regola che non viene mai violata: il banco vince. Sempre. Ha gli strumenti, i fondi e il potere, dall’altra parte del tavolo, a testa china, ci sono i giornalisti: categoria combattiva ma per le guerre altrui, nelle sfilate, nei congressi, nei dibattiti televisivi, un po’ meno quando in ballo c’è lo stipendio di fine mese o una figura dirigenziale discutibile che quell’assegno deve staccarlo.

Questa storia coinvolge tre giornali (Calabria Ora, Il Garantista, Cronache delle Calabrie).

E ne lambisce un quarto, la Nuova Provincia, in fase pre-iGreco, che vide la luce grazie ai soldi che Ivan Greco, pubblicitario e marito di Simona Gallo (all’epoca riverita editrice de La Provincia), non versò mai nelle casse di Calabria Ora nel periodo febbraio-aprile. In quei tre mesi, sulla scia dei fatti del “cinghiale” il quotidiano ebbe una ripresa delle copie e della pubblicità.

Ma nella confusione creata dal caso mediatico Gentile-De Rose e dalla confisca dei beni a Citrigno, Greco riuscì a svignarsela con i soldi che sarebbero serviti a pagare i Tfr dei lavoratori (che ancora restano in attesa). I quattrini vennero destinati alla start up de La Nuova Provincia che poi chiuse i battenti dopo soli tre mesi a causa delle poche copie vendute. Altri giornalisti finirono nuovamente a spasso. Il liquidatore Bilotti, oggi, assicura che è in corso un procedimento contro Ivan Greco proprio per quei soldi spariti. Si vedrà.

«Con i soldi destinati ai Tfr dei giornalisti dell’Ora il pubblicitario Ivan Greco finanziò La Nuova Provincia che chiuse in pochi mesi a causa delle vendite irrisorie» 

Insomma un giro di denaro sempre a perdere per gli operai dell’informazione che è niente paragonato a quello che Citrigno senior riuscì a far girare negli anni di Calabria Ora e dell’Ora. Conti aperti e chiusi, assegni spostati, intestazioni fittizie in società, prestanomi, tutto per riuscire a non lasciare tracce del suo passaggio a chi si rivolgeva, giustamente, a un giudice per ricevere giustizia e liquidazioni. Ma una traccia, evidentemente è rimasta, perché la faccenda è arrivata in tribunale.

Gli attori principali di questa commedia grottesca sono Piero Citrigno (creatore di Calabria Ora), suo figlio Alfredo (che ha guidato L’Ora della Calabria ma solo come braccio armato del padre), Andrea Cuzzocrea (presidente di Confindustria Reggio Calabria) il potente (e misterioso) Francesco Berna, Piero Sansonetti (ora direttore del Dubbio), Umberto De Rose (stampatore col pallino della finanza creativa) e Francesco Armentano (braccio destro di De Rose e ora editore delle Cronache delle Calabrie). Un gran bel cast per una storia iniziata male e finita peggio.

L’inizio della fine

Dicembre 2013, zona industriale di Rende (Cosenza). Calabria Ora s’è da tempo disciolta in L’Ora della Calabria. L’operazione, documentata da una serie di intercettazioni della Guardia di Finanza, è stata orchestrata per permettere a Piero Citrigno, dominus del giornale fondato nel 2006, di svincolarsi da una serie di vertenze e debiti accumulati nei confronti di dipendenti e fornitori. Il gioco è sempre lo stesso ed è un sistema rodato: far fallire una società (sempre una srl), per aprirne un’altra. E così via. Chi resta indietro e viene licenziato senza essere riassorbito (in quel caso senza mai percepire il Tfr, né un forfait per permessi e ferie non godute), non può che rivolgersi a tribunali e avvocati anche solo per ottenere la legittima liquidazione, che tradotto vuol dire anni di attese e chili di carte bollate.

Bastardi senza gloria

Citrigno

In uno stralcio di una conversazione tra Piero Citrigno e il figlio Alfredo, intercettata dalla Guardia di Finanza, l’imprenditore condannato per usura manifesta la sua volontà di chiudere il giornale entro gennaio 2014 e passare la patata bollente a De Rose liquidando le sue quote per 250mila euro. Il proposito di Citrigno è quello di scampare al rischio di vertenze dei lavoratori e lasciare De Rose, che avanza da Citrigno una bella sommetta per la stampa, a bocca asciutta e col fiato dei dipendenti addosso. A proposito dei giornalisti, Citrigno, non ha peli sulla lingua:

«Alfre’, io ho il timore a ni impelaga’ cu chisti cca, cioè nua ami continuà a teni su giurnale per da a campa’ a sti quattro cornuti (…) u giurnale mi ha esaurito perché tu ti vai a trovare in mezzo a questi quattro bastardi che ti fanno quattromila azioni legali quando hai chiuso (…) tieni vertenze, tieni l’ira di Dio, ecco perché ami essa bravi a nu fa chiudi ancun’atru stu cazz’i i giornali… chiudimu nua Alfre’?”.

stralcio

1 – (continua)