Berlusconi-Salvini, asse anti-Meloni

(di FRANCESCO OLIVO – lastampa.it) – Il triangolo va considerato. Tra i leader del centrodestra è in corso una partita delicatissima. Gli incontri si succedono: tre giorni fa Matteo Salvini e Giorgia Meloni, ieri il leader della Lega è stato ad Arcore, dove oggi potrebbe presentarsi la premier in pectore. La versione ufficiale è: non si parla di nomi. Anche a prenderla per buona, c’è materiale per riunioni intense. In discussione infatti c’è lo schema che caratterizzerà il nuovo governo, la ripartizione dei ministeri e il peso dei partiti. Meloni starebbe prendendo seriamente in considerazione l’idea di avere due vice, lo stesso Salvini e forse Antonio Tajani, con lo scopo di tenere legati i partiti all’esecutivo.

La presidente di FdI anche ieri è rimasta chiusa per tutta la giornata nella sua stanza a Montecitorio, i suoi collaboratori la descrivono come «concentrata sui dossier più delicati», tra tutti, energia, bollette, la guerra in Ucraina. Uscendo da Montecitorio Meloni dice che sui ministri «non c’è nulla da dire. Mi sto occupando delle bollette. Quella è la mia priorità, il tema energetico». E a riprova ci sono le telefonate con il ministro della Transizione ecologica Roberta Cingolani e la presidente del Parlamento Ue Roberta Metsola.

Nei corridoi che portano alle stanze del gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia si vedono Ignazio La Russa e Giovanbattista Fazzolari, il primo si lancia in metafore calcistiche, «Crosetto è il nostro Lukaku, sarà in squadra», ma non aggiunge altro, il responsabile del programma si limita a salutare. Oggi Meloni sarà a Milano, ospite della Coldiretti, prima uscita pubblica dopo le elezioni. Appare probabile, anche se non c’è una conferma ufficiale, che da lì si possa spostare in Brianza per un primo vertice a tre del centrodestra post elettorale.

Un’anteprima si è vissuta ieri ad Arcore. Berlusconi e Salvini hanno un interesse comune: arginare lo strapotere di Meloni. Dopo aver brindato per il compleanno del Cavaliere si è entrati subito nel cuore del problema: la squadra di governo. Il timore di Lega e Forza Italia è di ricevere la lista dei ministri solo a decisioni già prese. «Stavolta conto di non venire la conoscenza dei nomi la sera prima, come successo con Draghi», ha detto Salvini lunedì scorso. Oltre al grado di coinvolgimento c’è una questione i due vogliono far passare: l’esecutivo di destra deve essere soprattutto politico e quindi i partiti devono avere un peso importante. Forza Italia pretende di avere lo stesso trattamento della Lega, si ragiona su quattro ministeri a testa. Salvini, invece, è in una posizioni complicata, dalla quale però proverà a trarre dei benefici. Meloni gli ha spiegato quello che è chiaro a tutti: le sue ambizioni per il Viminale dovranno necessariamente essere frustrate. E il duro comunicato contro l’ultima mossa di Putin è un messaggio al leader della Lega e suona come una pietra tombale sulle sue ambizioni ministeriali per l’Interno. Nel vertice di Arcore il leghista se ne è mostrato finalmente consapevole e quindi ha alzato la posta per ottenere delle compensazioni e «Salvini può fare quello che preferisce, poi deciderà il futuro presidente del Consiglio» ha detto ieri Tajani.

Uno schema ragionevole, secondo la Lega, potrebbe essere avere il ministero della Giustizia, dove è destinata Giulia Bongiorno, quello dell’Agricoltura dove andrebbe lo stesso Salvini. Un’altra richiesta sarebbe quella delle Infrastruttura e Trasporti (che ha la delega alle Capitanerie e alla guardia Costiera), dove potrebbe andare Edoardo Rixi. Al ministero dell’Interno invece Salvini punta su Nicola Molteni (richiesta che appare di bandiera) o, se servisse per un tecnico, Matteo Piantedosi, prefetto di Roma e già capo di gabinetto dello stesso Salvini. L’altro nome che circola è quello di Giuseppe Pecoraro, già prefetto di Roma. Poi c’è la questione Forza Italia: il Cavaliere ha voluto ribadire che le trattative le conduce lui, i nomi per il governo sono quelli di Antonio Tajani (Difesa o Esteri), al centro di molti malumori tra gli azzurri e anche Licia Ronzulli (Sanità o Scuola). Berlusconi vuole fortemente l’ingresso in squadra della capa della sua segreteria. Ronzulli nutre altri sogni (presiedere il gruppo al Senato) e non ha grande feeling con Meloni, ma davanti a una richiesta forte il Cavaliere sarà accontentato.

L’altra trattativa è quella per le cariche parlamentari. L’idea di Meloni resta quella di dare la presidenza di una Camera all’opposizione. Ma gli alleati non ci vogliono sentire. Restano quindi le vicepresidenze: alla Camera potrebbe andare l’ex sindaca di Torino Chiara Appendino, neo parlamentare del M5S e al Senato Stefano Patuanelli, mentre per il Terzo Polo il nome che circola è quello di Mara Carfagna. Per le commissioni da assegnare all’opposizione lo schema su cui si ragiona è il seguente: Copasir al Pd (in corsa Lorenzo Guerini), Giunta per le immunità al Terzo Polo e Vigilanza Rai al M5S.