Berlusconi, Salvini e Meloni non vinceranno mai le elezioni

In merito a quello che sta avvenendo in Ucraina, indipendentemente dalle posizioni filo-Nato o pro Putin, su una cosa, secondo noi, possiamo dire di essere tutti d’accordo: è in atto un notevole “mutamento” degli assetti geopolitici mondiali, e l’Ucraina è il campo di battaglia scelto dai “potenti del mondo” dove scontrarsi.

Tra i due eserciti posti a sacrificio degli interessi di lobby e oligarchi donne, anziani e bambini, usati, da entrambi le parti, come ostaggi e “martiri della cieca violenza della guerra”, per rafforzare il proprio potere contrattuale nelle trattative di pace che prima o poi, si spera più prima che poi, dovranno necessariamente porre fine a questa sporca e infame carneficina. Quella in atto in Ucraina è volutamente una guerra di “bassa intensità” perché, e anche su questo possiamo dirci tutti d’accordo, la distruzione del pianeta Terra con armi atomiche non fa parte del piano dei “contendenti”. Il che non toglie nulla all’orrore a cui stiamo assistendo ogni giorno: massacri, stragi, terrore, panico, stupri, e ogni bestialità umana possibile e immaginabile. E quasi sempre a farne le spese civili innocenti. Fino a che non si troverà un accordo economicamente valido per entrambi le parti, il massacro di innocenti continuerà.

Non appena saranno stabiliti i nuovi “confini” della nuova “Cortina di Ferro (vedremo come sarà divisa l’Ucraina e fino a che punto arriverà l’allargamento della UE)”, quello che si prospetta, politicamente parlando, è una sorta di ritorno al passato, una nuova “guerra fredda” con “due blocchi” contrapposti: gli Stati Uniti d’America e i suoi satelliti e la Russia di Putin, con la Cina che si tiene a bordo ring, in attesa di capire come “finisce” (l’economia cinese ha fortemente bisogno dei mercati europei, americani, e russi, dove esporta di tutto, perciò non gli conviene schierarsi con nessuno). Le frontiere politiche saranno ristabilite, e non ci sarà più spazio per la diplomazia: niente più lettone per Putin, niente più magliette che esaltano Putin, niente vacanze nella dacia di Putin, niente più paragoni tra Mattarella e Putin. Tolleranza zero per i sostenitori, vecchi e nuovi, dell’oligarca dittatore, e sarà “cura” della rinata polizia segreta stilare una lista dei fiancheggiatori del nemico. Così come succedeva ai tempi del KGB e della Cia, compreso l’MI6.

In questo quadro ritorna anche la volontà politica dell’America (solo allentata in questi anni) di tenere sotto controllo politico i governi amici. Che è quello che avviene in Italia dall’armistizio firmato da Badoglio con gli Alleati: a decidere i governi dei paesi “sconfitti”, possono essere solo e soltanto gli Stati Uniti d’America. E l’Italia da quel momento in poi ha sempre dovuto accontentare gli americani, posti a capo, per supremazia politica, economica e militare, del “Patto Atlantico”. La particolare posizione geopolitica dell’Italia fa del nostro paese la piattaforma logistica militare ideale per tenere sotto controllo oltre che il Mediterraneo, anche l’Europa dell’Est. Un “aeroporto” naturale che gli americani, in questa fase delicata, non possono lasciare in mano “del nemico”. Senza l’ok degli americani non si va al governo (Moro, Craxi docet), oggi più di ieri.

Tutto questo lo hanno ben compreso i politici italiani, ed è subito partita la corsa per ingraziarsi gli americani. A porsi come unici referenti per gli americani il Pd e i 5 Stelle forti del fatto che il presidente Biden ha detto chiaramente di non gradire un governo composto da filo-putiniani come Berlusconi, Salvini, e Meloni. Da qui il tentativo di Berlusconi – che se vuole far tornare il centrodestra al governo deve pulire l’immagine di “partito filo-putiniano” che Salvini, Meloni e lui stesso hanno appiccicato alla coalizione – di fondersi con la Lega per prendere di nuovo in mano il timone della coalizione, a danno della Meloni, ponendosi così agli occhi del presidente Biden come garante (e eventualmente come paciere, vedi Pratica di Mare) della linea americana anti-Putin. Cosa che sta bene a Salvini che, capita l’antifona, sta cercando in tutti i modi di accreditarsi con gli americani come putiniano pentito, rendendosi anche disponibile per eventuali “missioni esplorative non ufficiali” in terra russa. Come a dire: “se dovete mandare qualche ‘mmasciata sottobanco a Putin, ci posso pensare io che lo conosco”.

Purtroppo per loro il tentativo di Berlusconi di riaccreditarsi presso il governo americano è destinato a fallire, e le avvisaglie politiche tutte interne al centrodestra ne sono la prova. La Meloni ha capito bene il piano di Berlusconi che mira ad esautorarla dalla leadership del centrodestra perché la sua presenza non rassicura gli americani, e prepara la sua risposta, perché sa bene che presto sarà costretta a scegliere se rinnegare la sua “anima terzaforzista (le cui radici storiche affondano nel lontano 49 quando l’allora “Msi” guidato da Almirante, nel suo secondo congresso a Roma, confermò la linea anti-atlantica)” oppure allinearsi, accettando Berlusconi come capo, in tutto e per tutto alla politica anti-putiniana pretesa dagli americani. E non è detto che funzioni, perché per gli americani la Meloni rappresenta la continuazione storica del fascismo che loro hanno combattuto. Salvini un chiacchierone inaffidabile, e Berlusconi un puttaniere a risposo. In questo quadro il PD resta il partito che più piace agli americani.

Per il momento la Meloni si limita a restare fuori dalla coalizione di centrodestra, e quello che è successo a Catanzaro, dove Fratelli d’Italia corre da sola, pare essere il preludio di una tempesta ancora più grande che potrebbe spazzare via definitivamente la coalizione di centrodestra, e le schermaglie di questi ultimi giorni tra Robertino e Orsomarcio confermano la voglia di guerreggiare, e non di mollare della Meloni.

Ma oramai la situazione appare chiara, gli americani non possono rischiare di avere in Italia un governo, messo insieme con lo scotch e per soli “fini elettorali”, al cui interno potrebbero operare “cellule attive filo-putiniane”. Per Biden non se ne parla proprio, e a nulla valgono le rassicurazioni di Berlusconi. La posta in gioco è alta e i rischi vanno azzerati. E’ questa la politica americana, ed è per questo che la Casa Bianca ha già deciso, prima ancora degli italiani, che a governare l’Italia, tra poco più di un anno, dovrà essere il Pd (e satelliti vari), magari appoggiato da un Conte sempre più disponibile a posizionarsi nel centrosinistra in pianta stabile. E questa, per gli americani, è una condizione non trattabile.