Boss di giorno, pentiti di notte: scetàteve guagliune ‘e malavita!

“Scetáteve guagliune ‘e malavita!”, verrebbe da dire oggi, citando la celebre canzone Guapparia (1914). Ma non nel senso inteso dall’autore Libero Bovio (Napoli, 8 giugno 1883 – 26 maggio 1942), dove il capo guappo, ferito nell’orgoglio da Margherita ‘a femmena cchiù bella d”a ‘Nfrascata che lo ha lasciato, invita i suoi picciotti a condividere questo dolore con lui.

Piuttosto nel senso di svegliatevi ragazzi che aderite a questo o a quel clan solo per sentirvi qualcuno, perché la mafia, in tutte le sue declinazioni, è una montagna di merda.

Svegliatevi da questo torpore nel quale siete caduti, soggiogati da miti che non esistono, solo per avere un attimo di vana gloria. Non c’è nessun onore in quella che voi definite onorata società. Non c’è umanità, non c’è gioia, non c’è felicità, non c’è amicizia, non c’è rispetto, non c’è vita. Anche se qualcuno vi fa credere il contrario, dicendovi che tutte questa cose le trovate nella “famiglia”. Non è così, e lo sapete. Il crimine alla fine non paga mai.

Mario_Merola_dal_film_Guapparia

Questo è sicuro. Prima o poi le porte della prigione si aprono per tutti quelli che hanno scelto questa vita. O perché beccati, o perché venduti da qualcuno di quelli che voi vi ostinate a chiamare padrini e compari. Che alla prima occasione utile non si fanno scrupoli a vendervi pur di salvarsi il culo.

Non sono io a dire queste cose, ma i fatti. E’ dal 1992 che tutte le organizzazioni criminali di Cosenza sono famose in tutto il mondo per la facilità con la quale boss e padrini si pentono. Oltre 120 collaboratori di giustizia solo a Cosenza, un esercito. Ed anche questa volta stiamo assistendo alla stessa commedia: la corsa a chi si pente per primo.

Fin quando sono fuori sono spavaldi e malandrini, non appena vedono il carcere, ti saluto pedi i fico, e chini cci ‘ngappa cci ‘ngappa. Boss ergastolani destinati al 41 bis (cosa ne pensiamo di questa pratica che si configura come tortura, lo abbiamo scritto più volte) che pur di uscire si vendono tutti. Amici, nemici, parenti, gregari, sodali e conoscenti. E alla fine come sta succedendo anche adesso, dove quasi tutti i pezzi da 90 si sono pentiti, in galera restate solo voi, guagliuni di malavita.

processo pentiti

Loro hanno nascosto ricchezze e denaro da qualche parte, e sono coperti, e dopo aver cantato, potranno ritornare a spridare, sempre e solo sulle vostre spalle. A voi invece rimane solo la cella e l’avvocato da pagare. Se non ci fossero le vostre famiglie di sangue, i vostri veri affetti, molti non potrebbero permettersi neanche le sigarette. Altro che mandare i soldi ai carcerati.

Quando sei in galera sono solo fatti tuoi. E lo sapete che è così. Solo infamità e traggiri, è questa la vita del malandrino. Sono tanti i fatti che dimostrano che tra i malandrini non esiste l’amicizia e soprattutto l’onore, vedi l’omicidio di Luca Bruni, sparato alle spalle dai suoi migliori amici. Non c’è nessun coraggio o gloria in questo omicidio. Ma solo tanta vigliaccheria e pavidità.

albero dei malndrini

Svegliatevi ragazzi di malavita, non sacrificatevi per persone il cui unico scopo è quello di sfruttarvi e poi buttarvi via, nella migliore delle ipotesi. Non sprecate la vostra vita a rincorrere codici assurdi e regole medioevali. Non c’è niente di vero in questa vita. Nessun sentimento esternato può dirsi reale e sincero. Devi sempre diffidare di tutti e di tutto.

Anche di un sorriso, di un bacio, di una stretta di mano. In ogni gesto c’è sempre un doppio senso, qualcosa che va interpretato, capito. Segno evidente delle molteplici facce che un malandrino può assumere. Ed è difficile capire quella che si presenta davanti a noi. Ecco perché conviene starne alla larga da questi personaggi.

Del resto basta guardare anche la storia degli ultimi giorni, il pentimento di Franco Bruzzese, per capire che in galera ora ci finiranno i pesci piccoli, come sempre. Perché se tutti sono pentiti, viene da chiedersi, chi pagherà questi reati che loro hanno commesso e si cantano? Ma voi cari guagliuni di malavita. Perché per voi c’è solo la cella.

Anche se volete pentirvi, e fare come fanno loro, a voi non vi prendono visto che hanno i pezzotti. Che se ne devono fare di voi. E poi, come dicevo prima, qualcuno in galera deve andare.

Edyta e Michele Bruni
Edyta e Michele Bruni

Come funzionano i rapporti tra malandrini lo ha spiegato bene Edyta, moglie del defunto Michele Bruni, dalle cui dichiarazioni si evince anche il perché del risentimento di Bruzzese nei confronti di Luca Bruni. Edyta, da quando Michele è morto, e Luca è in galera, non riesce più a controllare Rango, che spadroneggia e non da conto a nessuno.

Non tiene fede agli impegni presi, specie quello di mantenere le famiglie dei carcerati. E si è impossessato di tutto, anche di somme di denaro che spettavano ad altri. Edyta, in questo verbale, fa capire che quando ti arrestano sei finito, e quelli che credevi amici e fratelli sono i primi a pugnalarti alle spalle. Succede sempre così: fin quando va bene tutti fratelli, quando si mette storto, ognunu ara casa sua.

Vi riproponiamo il passaggio in cui Edyta spiega i motivi del suo pentimento e come veniva trattata da Rango e compari.

Luca cercava di tenermi calma dicendomi che avrebbe aggiustato la situazione dando due schiaffi a qualcuno. Così è stato, infatti appena uscito dal carcere Luca ha avuto una lite con Franco Bruzzese e Rango che erano contrari acchè io continuassi a dirigere il clan Bruni.

Ancora i rapporti erano molto tesi in quanto Francesco Patitucci lamentava la mancata riscossione di un credito, pari a 18.000 euro, che Daniele Lamanna doveva pagare per aver ricevuto stupefacente. Questo credito era maturato immediatamente prima della cosiddetta operazione Telesis.

Altro motivo di contrasto era determinato dal fatto che i complici di Luca Bruni, i fratelli Lamanna, nella esecuzione delle rapine ai furgoni blindati, dopo l’arresto, avvenuto in Puglia, erano usciti dal carcere, avevano commesso una nuova rapina ed avevano dato 40.000 euro ai cosentini che erano rimasti in carcere. Questi soldi erano stati consegnati ad una persona di fiducia di Franco Bruzzese, che non aveva dato niente a nessuno. Questa circostanza mi è stata raccontata sia da mio marito sia dalla moglie di Giovanni Bruzzese, fratello di Franco.

 

Capito picciotti. A voi la galera, a loro a guagna e la libertà. E a questo punto è inutile che “chiágnono sti guagliune ‘e malavita!…”

GdD