Calabria 2021. De Magistris, le inutili “anime candide” della sinistra e Irto lasciato solo dal Pd

di Enrico Fierro

Da uomo di sinistra mi hanno sempre colpito le “anime candide” che popolano il panorama politico di quelle parti. Sono quei soggetti che, di fronte a battaglie dure, spaccano il capello in quattro. Si soffermano sul come e sul perché, scrutano il fondo dell’uovo alla ricerca del pelo. Tali soggetti spesso dispongono a mala pena del loro personalissimo voto. Si nascondono dietro sigle e siglette autoreferenziali, lontane dal sentire comune. Eppure sono sempre i primi a dire al tizio di turno che si propone per fare una battaglia, come deve muoversi, cosa deve fare e dire. Pena il loro tirarsi indietro sdegnati. Inutili ma sdegnati.

E’ lo spettacolo che sta andando in scena in Calabria. Qui, prima o poi, si voterà per il rinnovo del Consiglio regionale. Si è già in campagna elettorale. Inizialmente con un solo candidato in campo, il civico Carlo Tansi e le sue liste, poi con due, Luigi De Magistris. L’unico, al momento, che è riuscito a fare una operazione di unificazione convincendo Tansi a mettere insieme le forze. Con estremo ritardo arriva il candidato del Pd, dopo mesi di estenuanti “tavoli” con le altre forze politiche. E’ Nicola Irto, l’ex presidente del consiglio regionale. Il quale Irto lancia subito un messaggio a De Magistris: accantoniamo le nostre candidature, sediamoci a un tavolo e parliamo. Rispondimi entro 48 ore.

Ora basta conoscere un minimo i bizantinismi della politica italiana per capire che l’unica finalità di quell’invito era quella di portare a casa un no. Puntualmente arrivato da De Magistris e dai suoi. Ed è la risposta che serviva a Irto e soprattutto al Pd che fa fatica a mettere insieme una coalizione credibile.

Anche un neofita della politica avrebbe capito che quel no era scontato. De Magistris (piaccia o no l’uomo, si condivida o meno il suo progetto politico) dice di voler rivoluzionare la politica calabrese, scomporre il sistema che da 50 anni domina la Regione. Destra e sinistra non sono uguali in Calabria (o, forse, non lo sono stati fino ad un certo punto della storia), ma il sistema di potere che strozza i calabresi e da decenni rende impossibile ogni cambiamento, è un sistema rigidamente bipartisan. L’alternanza tra gli schieramenti al governo della Regione (cinque anni la destra, poi la cosiddetta sinistra) non ha mai messo in discussione i veri equilibri del potere. Mai intaccato gli interessi privati sulla sanità, sui fondi europei spartiti, sugli appalti per le grandi opere. Mai offerto una soluzione in grado di affrontare il sottosviluppo della regione e la fuga delle sue energie migliori. E qui non si tratta di inchieste giudiziarie e processi, ma di analisi del potere confermate dalle condizioni della realtà calabrese.

Diciamolo con tutto il rispetto che si deve a Nicola Irto (e il mio è sincero), la sua è la mossa disperata di uno che è stato lasciato solo dal suo partito il Pd. Partito che della Calabria se ne fotte, avendo problemi ben più grandi. Si voterà a Milano, Bologna, Roma, Napoli, e dovunque ci sono problemi devastanti per il centrosinistra. La mossa di Irto è disperata anche perché nessuno, né il commissario Graziano, né il plenipotenziario Nicola Oddati, gli ha dato il via libera necessario per affrontare la battaglia elettorale e il confronto con De Magistris: liberarsi dei veri padroni del partito, mandare al diavolo le famiglie che da sempre hanno il potere di vita e di morte su candidature e scelte politiche, licenziare i gelosi detentori di pacchetti di voti, dire no a quelli che “dialogano” con la destra.. I due raffinati dirigenti politici si stanno limitando a fare pietose operazioni. Telefonate a qualche candidato forte dello schieramento De Magistris-Tansi, sotterranee offerte a De Magistris, candidati con noi che ti eleggiamo consigliere. Ma anche qui i no si sprecano.

E le anime candide? Osservano e giudicano. Immobili lamentano la divisione a sinistra brandendo il loro vuoto “lo avevamo detto”. Dall’alto della loro totale inutilità.