Calabria 2021. La solita campagna elettorale del ricatto per il “bisogno” (di Saverio Di Giorno)

di Saverio Di Giorno

Un caffè al bar. Bologna. Siamo quasi tutti ragazzi calabresi. Neolaureati qualcuno, qualcun altro ha fatto una piccola pausa da un lavoro tanto qualificato, quanto mal pagato o meglio uno stage 700, 800 euro per sei mesi. Poi chissà. L’alternativa (o magari il secondo lavoro) è un ristorante o bar. O l’estero. “Scendi tu a votare?” “Per De Magistris si può fare questo sacrificio c’è anche lo sconto” “Alle scorse non ho votato, ma stavolta scendo…”. Poi squilla il cellulare e arriva la segnalazione di un’altra schifezza su questa campagna elettorale.

E da qui parte un racconto, una riflessione e un’analisi. Il racconto riguarda Diamante. Una famiglia è in quarantena per Covid e tra i componenti di questa famiglia c’è un dipendente del Comune, un altro invece lavora alla Conad. Giustamente c’è la quarantena e si valuta probabilmente la chiusura della scuola, ma la Conad resta aperta. E gli altri dipendenti? Non dicono niente come al solito. Non possono giocarsi quelle quattro lire.

Altro racconto. Viene denunciato sui social che alcuni dirigenti di Consorzi spingono il proprio candidato ai dipendenti che intanto avanzano stipendi da mesi. Il riferimento pare diretto al signor Miceli, al Consorzio di Scalea, che nei giorni scorsi si accompagnava al consigliere De Caprio, presidente della commissione anti-ndrangheta (sic!).

Solo gli ultimi episodi di come destra e sinistra stanno conducendo questa campagna elettorale. Tra riunioni, ristoranti, incontri nei palazzi. Telefonate e cene con imprenditori, nelle cliniche, con i dipendenti. Non è esplicito, ma è ricattatorio: che potere decisionale ha chi ha bisogno di quegli ottocento euro al mese per curare un genitore o mantenere un figlio a scuola? In questo modo si prendono voti. Voti di persone perbene, oneste, ma non libere, perché bisognose. In questo modo si sono sempre presi. Senza argomenti, senza progetti. Volgarmente. Sono quelle persone che in segreto ti dicono “De Magistris è buono, ma devo lavorare”, “sarebbe bello che vincesse De Magistris, ma lo deve votare chi può, io devo votare chini vincia, cussi ci chiedu u piaciri”, “De Magistris dicia cose giuste, ma chini m’a paga a bolletta?”

Come entrano in questo i cosiddetti “giovani” tanto bistrattati perché indifferenti e apatici? Indifferenti ad una politica rinchiusa nel Palazzo, che parla di solite cose e lontana anni luce da una realtà che è ormai cambiata da anni. I giovani in questi anni sono stati in prima linea e spesso da soli sui cambiamenti climatici, sullo ius soli, sul precariato, sull’istruzione o ora sulla cannabis legale. Battaglie partecipatissime da chi vive in un mondo europeo, multiculturale, inquinato e competitivo. Nessuno dà il voto ai fuorisede perché è un voto informato, consapevole, incapace di farsi fregare perché sufficientemente istruito e autonomo per cercarsi da soli i dati e le storie. Ed è anche purtroppo un voto “vaccinato”. Vaccinato da paghe irrisorie: siamo abituati ad una prospettiva precaria e in continuo mutamento. Non c’è una promessa allettante. Sei mesi o un anno di lavoro, un posto infilato qua o cose simili non attaccano. Possono attaccare con chi è nato in un altro mondo, fatto di lunghe carriere, posti fissi e ben pagati non da chi ha visto e vede sgretolarsi sempre più la forza del pubblico a favore di privati rapaci e competitivi.

E siamo all’analisi. Quanti sono questi giovani? Centinaia di migliaia, intorno ai 150 mila. Un tesoretto di voti non indifferenti. Poi ci sono 400mila votanti iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero). Questi non votano eppure ingrossano le statistiche dell’astensione. In realtà l’astensione vera (cioè di chi abita e non vota) è del 20-25% circa, non tanto più alta di altre regioni. Chi riporta quei 40 o addirittura 50% non sa leggere i numeri o non sa il dramma demografico delle regioni meridionali. Portare al voto gli astensionisti significa quindi puntare sul 20% degli elettori e non sulla metà. Gli altri non votano perché sono stati cacciati via dalle condizioni. O non votavano.

De Magistris ha una vittoria morale già scritta. Una vittoria che paradossalmente potrebbe essere un ostacolo, di cui è consapevole. Ha come target del suo elettorato da una parte persone con un buon livello di istruzione e con storie di attivismo e dall’altro operai, precari e appunto studenti che spesso sono fuori. Non è vero che gli studenti sono indifferenti e apatici. Quando si parla di temi seri e c’è qualcuno seriamente interessato ci sono sempre e forse (tempo e denaro permettendo), qualcuno ci sarà anche questa volta. Per chi non ci potrà essere non resta che un appello a chi c’è: non votate per i figli, per assicurare i libri o l’università, ma come farebbero loro! Chiedete, fidatevi del loro giudizio qualunque esso sia. Magari invece di assicurare il prossimo anno, potreste assicurare i prossimi trenta.