Calabria 2021. Sanità bipartisan, ‘cchiu pila ppi tutti: i Baffa’s e gli affari con Piero Aiello e Baldo Esposito

«La commissione antimafia si limita a chiedere alla procura se i candidati hanno condanne ma questo non risolve il problema. Non si candidano in prima persona i boss, ma giovani di bella apparenza e belle speranze sui quali non si può dire nulla. È chiaro, però, che diventano a tutti gli effetti dei prestanome. Non si risolve problema con la patente antimafia  ma con la serietà della politica. Senza aspettare una eventuale condanna definitiva, si dovrebbe essere in grado sul piano morale ed etico di valutare se un candidato ha la statura e le competenze per fare progredire il territorio in cui si candida». Queste le parole del procuratore Nicola Gratteri chiamato a commentare la valutazione delle incandidabilità operate della Commissione Nazionale Antimafia.

La Calabria è terra di ‘ndrangheta, quella che ha fatto il salto di qualità e si è posizionata nei meandri del sistema e che usa la politica come strumento di gestione in un’alleanza allargata alla massoneria ed alla chiesa, quella che da sempre è imbrattata nei coni d’ombra dove le porpore e le liturgie sono scritte e cantate solo e soltanto in virtù del business e mai per la salvezza delle anime. E’ sempre una questione di un cattivo esempio storicamente consolidato.

Il cattivo esempio è la costante della politica regionale in tutte le sfumature di colore e il pass certificato dalla commissione guidata da Morra e con al suo interno Peppe Mangialavori alias Peppe ‘ndrina, è una celeberrima presa per il culo per i calabresi, che hanno votato soggetti magari non ancora condannati, ma che hanno enciclopedie di reati contro la pubblica amministrazione depositati nelle diverse procure calabresi.

Non stiamo parlando di abuso d’ufficio, il reato depotenziato da Roberto Occhiuto tanto da farlo apparire come un pedigree di affidabilità, ma di ben altro che tocca tutti da Forza Mafia fino alla loggia Pd2, dove la “zingara della nicastrina” Amalia Bruni ha l’Oscar in termini di criminalità con variante sanitaria. Tutti presentabili dunque… con buona pace di Nicola Gratteri accusato di aver consumato fallo in area di rigore.

Il banditismo è la garanzia e la qualità delle liste “sanificate” dai vari codici etici scritti con l’inchiostro simpatico, basta avere la pazienza di leggerle e poche sono le oasi di credibilità, mentre c’è sempre un solo comune denominatore che riunisce tutti nell’allegra gestione della sanità calabrese, il vero core business della politica regionale, la pappatoia a buon mercato che garantisce successo e conto economico.

Ottobre ormai è passato così come il tempo di vendemmia, e tutti sono stati bravissimi con i pantaloni rimboccati a pigiare l’uva della sanità, sia le facce nuove sia quelle non tanto giovani – come sembra predire il procuratore Gratteri – ovvero quelle che passano dagli Occhiuto compari di Carminuzzu Potestio che ammacca soldi a dire basta, dal boss delle cliniche fasulle Claudio Parente, l’altra faccia e prestanome della ‘ndrina di Mimmo Tallini, dei Morrone “mammasantissima”, de iGreco protetti da don Magorno persino con Gratteri, dell’usuraio Citrigno, il cavallo vincente di Nicola Adamo “Capu i Liuni” ed Enza Bruno Bossio “Madame Fifì”, senza dimenticare la vestale delle ricerca criminale Amalia Bruni, il grano tossico di Calabria, non certo ultima in questa rassegna di criminalità legata alla sanità. Tutti hanno imbottigliato il nuovo vino doc di terra calabra, un minuto dopo che Robertino il parassita si è fatto nominare commissario alla sanità per continuare il saccheggio della sanità pubblica calabrese.

Se da una parte c’è “la Calabria che l’Italia non si aspetta”,  e dall’altra c’è “diamoci del tu” le fregature prossime venture per i calabresi sono ormai vicinissime perché al tavolo per la degustazioni si siederanno tutti, come sempre senza lotte fratricide secondo una logica santificata e benedetta dalla massomafia e dalla chiesa criminale di Calabria. C’è posto per tutti e tutti hanno diritto al loro tornaconto sanitario secondo il codice criminale, dove la bocca tace se è sempre piena, ecco perché non sono ammesse esclusioni clamorose nella costruzione delle liste dove i big dei front-office portano nel bagagliaio la continuità dell’affare di altri, altrettanto pesanti commensali: aggiungi un posto a tavola!

La vigna della sanità privata, non quella del Signore come annunciava Papa Ratzinger appena eletto al soglio di Pietro, non consente l’uso indiscriminato delle polpette avvelenate “amiche” come quella che hanno lanciato nelle ultime ore nella ciotola del sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo mentre i “cinghiali” restano una specie protetta nella fauna politica calabrese. E’ l’altro incrocio da dove passa il consenso che si muove sulle truffe della sanità di Calabria, protette dalla distrazione post digestione dell’ormai deposto commissario Guido Longo, il “facchino catanese” pagato dai contribuenti calabresi per fare le sue pennichelle pomeridiane nel suo ufficio della Cittadella regionale ad orario fisso dalle 14.00 alle 17.00: la nuova declinazione di legalità e controllo. Che non vedeva l’ora di cedere il passo alla massomafia “ufficiale”, alla quale lui, da bravo poliziotto, ha aperto le porte e le finestre…

Pensate davvero che qualcuno possa mettere fuori gioco e fuori dalla corsa dell’affare sanità i fratelli Gentile della famiglia dei Cinghiali di Cosenza? C’è un problema di rispetto dei “diritti umani” della massomafia e questo non consente a nessuno di escludere dalla torta nonostante la clamorosa “trombatura”, Baldo Esposito l’altro topino del buco economico della Fondazione Campanella ed il suo mentore, l’ex senatore Piero Aiello forte della sua storia strana nella sanità e delle sue truppe cammellate catanzaresi rappresentate dal bimbominchia Marco Polimeni, presidente del Consiglio a Catanzaro e consulente tecnico del presidente della commissione sanità della regione Calabria, peraltro figlio dell’urlatore dell’etere Lino Polimeni, l’altro custode strabico della legalità a contratto e paladino dell’anti-casta. «Whatever it takes» (ad ogni costo). 

Passa da Piero Aiello e Baldo Esposito un’altra storia di ordinaria truffa alla sanità calabrese consumata nelle ridente cittadina di Cotronei, roccaforte del consenso ai piedi della Sila.

Esiste una legge in base alla quale se tu vuoi fare una “scuola di specializzazione” in medicina – in questo caso in Reumatologia – bisogna superare un concorso pubblico di ammissione nazionale, e quindi essere sottoposto a una selezione abbastanza difficile, tanto che non è mai scontato l’ingresso. Se invece si viene assunti come “medico generico” in una struttura privata, ma convenzionata con il Sistema Sanitario Nazionale, si può usufruire dei posti di riserva, facendo così la scuola di specializzazione che si vuole, fermo restando che la struttura privata sia convenzionata per la disciplina scelta per la cosiddetta scuola di specializzazione…

E’ cosi che il dott. Vincenzo Aiello, figlio dell’ex senatore Piero Aiello, viene preso nella scuola di specializzazione in Reumatologia di Napoli, mentre di fatto va (ma in realtà non ci va!) a Cotronei, nella clinica prescelta degli “amici” perché convenzionata con il Sistema Sanitario Nazionale per la Reumatologia: così rimane formalmente nella sua stessa sede andando a Napoli solo per effettuare gli esami.

Il tutto è stato organizzato del prof. Clodoveo Ferri, nativo di Cropani, ex ordinario di reumatologia di Modena e direttore scientifico presso la struttura “amica” di Aiello ed Esposito convenzionata di Cotronei di proprietà dei Baffa, il Gruppo Sadel. C’è da domandarsi qual è l’utilità dei Baffa nel reggere il gioco del professore Ferri e della scuola di specializzazione di Reumatologia, quella che sembra essere funzionale alle necessità familiari dell’ex senatore Piero Aiello?

La risposta appare semplice e peraltro scontata nella giungla di corruzione e truffa che caratterizza al sanità privata in Calabria: i Baffa hanno l’utilità economica ad assecondare ricoveri “fittizi”, che spesso, anzi quasi sempre non corrispondono al vero, lucrando così su dei DRG fasulli che sono sempre più elevati e sempre pagati dalla regione Calabria. Mentre il commissario Longo sonnecchia nel suo ufficio e garantisce la legalità del mandato ricevuto…

Il professore Clodoveo Ferri fa studio privato a Catanzaro, in un appartamento in Via Daniele, la cui proprietà è della famiglia del senatore Aiello, pare intestato alla moglie ed affittato stranamente agli stessi Baffa come ufficio nella città capoluogo, non si capisce perché, mentre è pure punto di riferimento del professore in Reumatologia.

Riepiloghiamo. Il professore Ferri, che ha inventato la scuola di specializzazione nella clinica dei Baffa, fa studio privato a Catanzaro in una proprietà di Aiello, l’ex senatore, ricoverando i pazienti in quel di Cotronei, a volte ricoveri cabriolet tanto paga sempre lo Stato, mentre la famiglia Aiello incassa il fitto ed incassa il favore per la specializzazione-truffa del figlio Vincenzo…

Con buona pace dell’ormai deposto commissario Longo, quello dalla digestione lenta e delle procure distratte di Calabria, i Baffa incassano e garantiscono anche i voti a Robertino il parassita e ai seguaci di Baldo Esposito, che sarà anche ormai ex presidente della commissione Sanità della regione Calabria ma continua ugualmente a immolarsi in maniera naturale nel mantenere gli imbrogli, le convenzioni cucite su misura, i falsi controlli e quant’altro, leggasi accreditamenti per ricoveri, con la complicità autentica dell’Asp di Crotone.

Il gancio della carrambata è una vecchia conoscenza anche delle cronache giudiziarie, ne è testimone la vicenda di Villa Giose, del già dirigente del dipartimento assistenza ospedaliera, Giuseppe Fratto, che ha sempre “controllato”, diciamo pure così, con occhio benevolo gli accreditamenti delle cliniche dei Baffa, gli amici di Piero Aiello e Baldo Esposito. Si avvaleva nel controllo benevolo anche della collaborazione di altri personaggi, sempre dipendenti dell’Azienda sanitaria crotonese, peraltro molto vicini allo stesso prof. Clodoveo Ferri.

La storia si conclude sempre allo stesso modo. La figlia di Giuseppe Fratto lavorava e lavora nelle strutture dei Baffa, e lui una volta pensionato è ritornato a casa come Lassie, portando le sue competenze, diciamo professionali, in quel di Cotronei, a casa Baffa. E’ questa un’altra triste storia di ordinaria truffa sanitaria con la complicità della politica che si definisce presentabile, solo perché lucra come si faceva con i topini della Fondazione Campanella, sulla pelle dei calabresi tanto da ostentare la patente di credibilità e le migliaia di voti di Robertino il parassita e di compare Braccobaldo pescati nel mare magnum della massomafia anche sanitaria, quella che proprio il buon procuratore Gratteri, senza preoccuparsi del cartellino giallo, dovrebbe sradicare da subito nel rettangolo di gioco, magari sferrando un calcio in culo a Robertino il parassita, oggi commissario alla sanità in quota massomafia.