Calabria, Codacons: “Ribadito principio su disciplina uniforme per tutte le Regioni. A giorni decisione Consulta”

TAR “BOCCIA” ORDINANZA SANTELLI
CODACONS: RIBADITO PRINCIPIO SU DISCIPLINA UNIFORME PER TUTTE LE REGIONI

A GIORNI DECISIONE CORTE COSTITUZIONALE

Bene per il Codacons la decisione del Tar di Catanzaro che ha bocciato oggi l’ordinanza di Jole Santelli. L’associazione dei consumatori era intervenuta nel ricorso in appoggio del Ministro Boccia, chiedendo ai giudici di sospendere l’ordinanza del presidente Santelli.
“È stato ribadito il principio della preminenza dell’interesse dello Stato ad avere una disciplina uniforme in tutto il territorio in merito alla fase 2 dell’emergenza coronavirus – spiega il presidente Carlo Rienzi – Dopo questa sentenza si attende a giorni la decisione della Corte Costituzionale dove pende un ricorso del Codacons per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato contro le ordinanze delle regioni che, sulla fase 2, si sono mosse in ordine sparso”.

Si legge nella sentenza del Tar:
È fondato, nei limiti di seguito specificati, anche il secondo motivo di ricorso.
Invero, l’ordinanza regionale motiva la nuova deroga alla sospensione dell’attività di ristorazione, mediante l’autorizzazione al servizio al tavolo, con il mero riferimento del rilevato valore di replicazione del virus COVID-19, che sarebbe stato misurato in un livello tale da indicare una regressione dell’epidemia”.
È però ormai fatto notorio che il rischio epidemiologico non dipende soltanto dal valore attuale di replicazione del virus in un territorio circoscritto quale quello della Regione Calabria, ma anche da altri elementi, quali l’efficienza e capacità di risposta del sistema sanitario regionale, nonché l’incidenza che sulla diffusione del virus producono le misure di contenimento via via adottate o revocate (si pensi, in proposito, alla diminuzione delle limitazioni alla circolazione extraregionale).

Non a caso, le restrizioni dovute alla necessità di contenere l’epidemia sono state adottate, e vengono in questa seconda fase rimosse, gradualmente, in modo che si possa misurare, di volta in volta, la curvatura assunta dall’epidemia in conseguenza delle variazioni nella misura delle interazioni sociali.
Un tale modus operandi appare senza dubbio coerente con il principio di precauzione, che deve guidare l’operato dei poteri pubblici in un contesto di emergenza sanitaria quale quello in atto, dovuta alla circolazione di un virus, sul cui comportamento non esistono certezze nella stessa comunità scientifica.
Si badi, che detto principio, per cui ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 3 ottobre 2019, n. 6655), deve necessariamente presidiare un ambito così delicato per la salute di ogni cittadino come è quello della prevenzione (Corte cost. 18 gennaio 2018, n. 5).
È chiaro che, in un simile contesto, ogni iniziativa volta a modificare le misure di contrasto all’epidemia non possono che essere frutto di un’istruttoria articolata, che nel caso di specie non sussiste.
22. – Va infine rilevata la fondatezza anche dell’ultimo motivo di ricorso.
Sul punto, occorre ricordare come la violazione del principio di leale collaborazione costituisca elemento sintomatico del vizio dell’eccesso di potere (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 14 dicembre 2001, n. 9).

Nel caso di specie, non risulta che l’emanazione dell’ordinanza oggetto di impugnativa sia stata preceduta da qualsivoglia forma di intesa, consultazione o anche solo informazione nei confronti del Governo.
Anzi, il contrasto nei contenuti tra l’ordinanza regionale e il d.P.C.M. 26 aprile 2020 denota un evidente difetto di coordinamento tra i due diversi livelli amministrativi, e dunque la violazione da parte della Regione Calabria del dovere di leale collaborazione tra i vari soggetti che compongono la Repubblica, principio fondamentale nell’assetto di competenze del titolo V della Costituzione“.

Chissà quanto ci costerà in parcelle questo inutile braccio di ferro.
Anche perché un Ente pubblico non potrebbe conferire incarichi ad avvocati esterni qualora l’ente stesso disponga di un proprio ufficio legale interno. L’organo che procede ugualmente alla predetta nomina del legale esterno risponde per danno erariale.
Corte dei conti, Sezione Lombardia sentenza nr. 102 del 4 luglio 2017.
Ma tanto paga pantalone

Chissà quanto ci costerà in parcelle questo stucchevole braccio di ferro, tutto ad uso e consumo degli show televisivi.
Sembra destinata ad avere una ulteriore eco la batosta rimediata dalla Regione Calabria dinnanzi il TAR.
A finire sotto i riflettori, questa volta, sono gli incarichi esterni.
Ciò che fa discutere è, infatti, l’attribuzione da parte della Regione Calabria, dotata di un ufficio legale interno e di avvocati preposti a tutelare le sue ragioni anche in sede giudiziale, di incarichi conferiti a legali esterni nell’ambito proprio del procedimento innanzi il TAR Calabria concernente l’ordinanza della discordia.
Riteniamo – sostengono Francesco Di Lieto ed Alfredo Serrao – che un Ente pubblico non possa conferire incarichi a professionisti esterni qualora l’ente stesso disponga di un proprio ufficio legale come, appunto, la Regione Calabria.
Secondo la tesi delle associazioni “I Quartieri” e Codacons, l’organo che procede ugualmente alla nomina di legali esterni risponde per danno erariale.
In tal senso Corte dei conti, Sezione Lombardia sentenza nr. 102 del 4 luglio 2017.
Nuovi guai per il Governatore ?
Di certo non possiamo tollerare che siano i Calabresi a pagare il prezzo di decisioni “illegittime” ed inutili. Per questo motivo Codacons e I Quartieri hanno chiesto l’intervento della magistratura contabile.