Calabria, Fase 2. “Ma come si calcolano i casi positivi se i tamponi non vengono analizzati?”

Una studentessa fuori sede in arrivo da Roma in Calabria racconta la sua esperienza relativa al tampone a cui è stata sottoposta – così come disposto per tutti coloro che dal 4 maggio in poi hanno fatto rientro in Regione – alla stazione di Lamezia Terme e il cui esito dopo 14 giorni ancora non è arrivato.

“Esattamente 14 giorni, il tempo che mi è stato chiesto con ordinanza comunale di rimanere in quarantena obbligatoria presso la mia residenza. Il 6 maggio, giorno del mio tanto desiderato rientro a casa dopo 2 mesi di isolamento volontario a Roma – raccomta –  mi è stato effettuato un tampone in termini preventivi per fronteggiare l’emergenza Coronavirus nella Regione Calabria. Mi è stato chiesto di autodenunciare il mio arrivo attraverso una piattaforma online appositamente predisposta dalla Regione per poter monitorare gli arrivi e garantire la massima sicurezza ai fuorisede rientranti nelle proprie case e alle loro famiglie. Dal punto di vista concettuale, tutto perfetto. Non c’è di che lamentarsi”.

“Una volta arrivata alla stazione di Lamezia Terme centrale – prosegue la studentessa – un’équipe era pronta ad accoglierci. Per una volta, nella storia dell’Italia, mi è sembrato di vedere un sud pronto e avanti rispetto al nord che era costretto a scegliere quale generazione salvare e quale lasciare invece morire. Incredula e a tratti orgogliosa della mia Regione, mi è sembrato tutto molto efficiente. Ricordo che in stazione dissero ci sarebbe stato qualche giorno di ritardo nel ricevere i risultati, per l’elevato numero di tamponi da analizzare. Mi è sembrato di capire che il tempo generalmente impiegato per la ricezione degli esiti è di massimo 72 h. Ebbene, sono passati 14 giorni dal mio arrivo in Calabria, e nessuno mi ha fatto sapere nulla.

L’unica telefonata ricevuta è stata da parte della caserma dei Vigili urbani del mio comune in cui mi si recriminava il fatto di non aver avvisato loro prima di scendere. Tuttavia, nulla di tutto ciò era richiesto dall’ordinanza regionale se non quello di seguire la procedura da me rispettata alla lettera. Ma questi sono dettagli irrilevanti.

Quello che vorrei denunciare – precisa  – è l’indisponente sicurezza con cui la Regione ha operato in questo ambito. Ci ha fatto credere di essere pronta, ha preteso di essere considerata all’altezza, si è addirittura adirata contro coloro che hanno provato a infangare la solerzia con cui ha disposto queste misure. È andata a bussare alle porte di coloro che ai caselli, agli aeroporti e alle stazioni si erano sottratti all’esecuzione dei tamponi, per costringerli a sottoporvisi. Li si è chiamati irresponsabili, se non peggio untori, appestati. Ma non erano altro che un capro espiatorio contro la paura di una diffusione del Covid-19 anche nella Regione che meno di tutte le altre sia in grado di affrontare una emergenza sanitaria di alcun genere. Eppure, ho voluto dare fiducia alla mia terra”.

“Ho voluto crederle – ribadisce – concederle il beneficio del dubbio pur non ricevendo alcuna notizia nei giorni successivi il mio arrivo, circa l’esito del test a cui mi ero volontariamente sottoposta. Ad oggi, è scaduta l’ordinanza comunale con cui mi si disponeva l’isolamento obbligatorio senza, nel frattempo, aver ricevuto alcuna informazione. Che fine hanno fatto i nostri tamponi? Che non si dica che sono stati congelati, che non si infanghi il nome della Calabria. Una delle regioni con il minor numero di contagiati. Ma come si fanno a calcolare i casi positivi se i tamponi non vengono analizzati? Alle domande di tanti come me non ci sono risposte, men che meno ai numeri di telefono di riferimento della propria provincia. Si rischierebbe di cadere in una trappola senza limiti di tempo, dove un centralino rimanda ad un altro, fino a far passare una mezz’ora al telefono con la canzoncina d’attesa interrotta di tanto in tanto da qualcuno che prima risponde, ma alla parola “tamponi” riattacca.

La mia vuole essere una critica aspra e dovuta, nei confronti di tutti quelli che in questa storia hanno anche solo un briciolo di responsabilità. Che si facciano carico dei compiti che sono chiamati a svolgere, che assumano il controllo della situazione, che diano risposte a chi ha perso fiducia nelle istituzioni di una terra che appare essere abbandonata a sé stessa insieme a tutti i suoi abitanti”.