Calabria tra pallone e società. Il 50° anniversario di “Catanzaro cha cha cha capoluogo e Serie A”

L’estate 2020 era stata indimenticabile per il calcio calabrese: il Crotone promosso per la seconda volta in Serie A, la Reggina promossa in Serie B e il Cosenza miracolosamente salvo in Serie B con una rimonta spettacolare. A un anno di distanza, il Crotone è tornato in Serie B nonostante avesse in squadra due campioni come Simy e Messias, il Cosenza è retrocesso rovinosamente soprattutto per colpa del presidente Gargamella e solo la Reggina è riuscita a mantenere la categoria dopo qualche patema. Il Catanzaro, dal canto suo, ha provato per l’ennesima volta a vincere i playoff di Serie C ma è caduto anche stavolta. E, di conseguenza, l’anniversario dei 50 anni dai fantastici mesi della prima promozione dei giallorossi in Serie A arriva inevitabilmente in tono minore. Eppure, nessuno può dimenticare un evento che coinvolse quasi tutta la Calabria, ai tempi della rivolta di Reggio Calabria. Per il Catanzaro invece erano i tempi – irripetibili – di “Catanzaro cha cha cha capoluogo e Serie A”. Era proprio il 27 giugno 1971 quando il gol di Angelo Mammì al San Paolo di Napoli nello spareggio contro il Bari regalò per la prima volta la Serie A alla Calabria. 

Così come abbiamo fatto qualche tempo fa, abbiamo chiesto al giornalista di Catanzaro Alessandro De Virgilio di contestualizzare il punto di vista catanzarese in quella situazione sociopolitica pesantissima e delicatissima del 1970-71. 

La promozione in Serie A del Catanzaro fu un evento andato ben oltre il dato sportivo. La stagione 1970-71 coincideva con l’avvio del regionalismo e con la sollevazione di Reggio Calabria contro Catanzaro. La città dello Stretto fu sconvolta per diversi mesi, dal luglio del 1970 al febbraio dell’anno successivo, dai disordini provocati nel nome del capoluogo dalla destra eversiva con il sostegno, secondo alcune inchieste della magistratura, della ‘ndrangheta. La protesta coinvolse comunque larghi strati della cittadinanza reggina e fu, in ogni caso, una rivolta popolare per quanto strumentalizzata, un caso unico in età moderna che non sarà mai analizzato abbastanza.

Anche a Catanzaro si vivevano momenti di tensione, non solo per le notizie provenienti dallo Stretto, ma anche a causa dei tentativi di attuare nella città designata capoluogo la strategia della tensione attraverso le bombe, una delle quali provocò la morte dell’operaio Giuseppe Malacaria. Fra le due comunità c’era un clima di guerra civile, di vero e proprio odio. Com’è noto, la designazione di Catanzaro, del resto già sancita nella relazione della commissione Donatini-Molinaroli 20 anni prima, fu confermata e suggellata dallo statuto della Regione. E’ evidente che in quel clima la promozione in Serie A del Catanzaro ebbe un significato di grande valenza sociale non solo per la città. Le cronache dell’epoca raccontano che la notizia dell’esito vittorioso dello spareggio giocato a Napoli contro il Bari con il gol di Mammì che regalò la promozione ai giallorossi fu accolta con manifestazioni di gioia non solo a Catanzaro ma anche a Cosenza e in altri centri della Calabria. E perfino a Messina, si legge in un servizio del Corriere dello Sport del giorno successivo all’impresa, ci fu chi inneggiò a Catanzaro e al Catanzaro.

Questo significa che la causa di Catanzaro raccoglieva consensi anche fuori dalle mura cittadine?

Sul piano prettamente sportivo era la Calabria ad andare in serie A. Dopo mesi in cui la regione era stata sulle prime pagine dei giornali nazionali e internazionali per la rivolta di Reggio, i calabresi tornavano sotto i riflettori per un fatto positivo, in un paese in cui , peraltro, il calcio è popolarissimo. Il piccolo Catanzaro avrebbe sfidato i grandi club, squadre blasonate come Juventus, Inter, Milan popolarissime in Calabria. I tifosi delle grandi squadre avrebbero potuto quindi vedere i loro beniamini al vecchio “Militare”. E si pensi alla condizione dei tanti calabresi emigrati al Nord, spesso emarginati e relegati nel loro ruolo di manodopera per il triangolo industriale, che videro la squadra della città capoluogo della loro regione sfidare le grandi.

La squadra, peraltro, appena qualche anno prima, aveva clamorosamente centrato l’obiettivo di giocare la finale di Coppa Italia, perdendo all’Olimpico di Roma, ma solo su rigore, e per giunta nei tempi supplementari, per l’errore di un difensore, contro la Fiorentina, una finale in cui aveva dominato. I giallorossi, peraltro, arrivarono alla sfida decisiva dopo aver battuto a Torino la Juventus. Il Catanzaro di quegli anni era già grande prima di giocare il suo primo torneo nella massima divisione. Sul piano geopolitico, non è un mistero che molti Comuni delle altre province calabresi, nel Settanta come nella prima contesa del Cinquanta, parteggiassero per Catanzaro capoluogo. E così lo slogan Catanzaro cha cha cha capoluogo e Serie A apparteneva un po’ a tutta la Calabria, escludendo Reggio ovviamente.

 Si sentirebbe di dire lo stesso oggi?

Indubbiamente quel patrimonio di simpatia che Catanzaro aveva guadagnato grazie alle sue tradizioni di città ospitale e signorile, e soprattutto esprimendo una classe dirigente all’altezza del suo ruolo, è stato dissipato da tempo. Un capoluogo non è solo la sede in cui si riuniscono la Giunta o il Consiglio regionale; è soprattutto il posto in cui i cittadini trovano il meglio dei servizi. Sono passati più di 40 anni prima che la città offrisse ai calabresi una sede della Regione all’altezza delle esigenze.

Per decenni gli uffici di interesse regionale sono stati disseminati in immobili presi in fitto, sparsi per la città, con  benefici solo per i proprietari che si sono arricchiti. Chi arrivava a Catanzaro lo faceva perché era costretto a farlo, subendo i disagi dovuti al traffico e alla carenza di parcheggi, mentre un tempo da tutta la Calabria si raggiungeva il capoluogo per fare acquisti nei negozi del centro. Catanzaro, che di fatto era già il capoluogo della Calabria e ne otteneva il riconoscimento nello statuto, non ha saputo meritare il credito di cui ha goduto. Questo ha influito sul rapporto con i calabresi che, delusi, hanno sopportato e mai completamente accettato la leadership di Catanzaro, pur avendone a suo tempo sostenuto le ragioni. La città si trova in una posizione ideale, la sua centralità geografica e il suo vasto territorio, che si estende dalla collina al mare, in qualsiasi altro contesto sarebbero stati fonte di ricchezza, ma chi ha governato Catanzaro ha voluto che la città si arroccasse sui suoi colli in ossequio alla speculazione fondiaria e immobiliare, trasformando antichi e dignitosi edifici in palazzi moderni senza alcun criterio estetico. Il centro storico, che aveva un suo pregio, ne è uscito deturpato e il risultato è stato il caos urbanistico. Qualche costruttore si è arricchito, ma la città si è nel complesso impoverita.