Carletto, un “Ciuccione” per tutte le stagioni

Diciamoci la verità: Carletto Guccione, non sta simpatico ai più. Non è uno che appena lo vedi dici: com’è simpatico quello. Nonostante le fattezze da pupazzo di neve. Sarà l’alone adamitico che lo avvolge da sempre, e dal quale non riesce a liberarsi che lo rende poco empatico alla gente, quando gli si presenta davanti. Ma è come se si venisse respinti, quando lo incontri faccia a faccia, da una forza invisibile sovrannaturale, che inibisce ogni sentimento.

Solo chi lo vota può resistere all’energia negativa della sua aureola adamitica. Gente tosta che ne ha visto di tutti i colori, e che non si lascia certo impressionare da un cerchietto luminoso sulla testa di Carletto. Ci sono già passati con Nicola e Madame Fifì, che non brillano certo per simpatia. Perché molti di loro prima di votare Carletto, votavano tutti insieme appassionatamente a Nicola. Conoscono bene la suonata.

Carletto e Madame Fifì
Carletto e Madame Fifì

Del resto agli stoici elettori di Carletto e Madame Fifì, quello che interessa non è la simpatia del loro protettore, ma se ha, o meno, il potere di fargli avere questo o quel sussidio. Con uno stipendio in tasca assicurato ti fai venire simpatico pure a Nosferatu. Esclusi loro, dunque, dicevamo, a Carletto, non lo può vedere nessuno. Da destra a sinistra, è un coro unanime sulla sua vacuità. Pare che nessuno gli riconosca alcuna capacità politica. I più spietati nei suoi riguardi sono i radical chic di sinistra, i militanti dei centri sociali, i fricchettoni, i punk, e gli alternativi. Per lui hanno coniato un appellativo, che gli calza a pennello: Ciuccione.

Già, un ciucciu, scolasticamente parlando. Pare che Carlo non sia poi tutta questa arch’iscienza (in cosentino, ma se preferite l’italiano c’è sempre arca di scienza) che vorrebbe far credere. Sì, parla bene in italiano, ma a difettare è la sostanza, non la forma. Io penso d’aver capito cos’è che sprigiona tutta questa avversione nei suoi confronti e lo dico: è un raccomandato che ha inteso la politica come scalata sociale personale, con annessa sistemazione economica per se e per i suoi amici. E si sa che i raccomandati non sono simpatici a nessuno.

Del resto, la sua storia politica e lavorativa parla chiaro. E’ cresciuto all’ombra di Nicola Adamo. Che subito lo ha sistemato alla Regione nel famoso concorsone. Tutto quello che lui oggi è, in qualche modo, stuartu o dirittu, lo deve a Nicola. Non sarebbe nessuno senza la mente organizzativa e politica di Nicola.

Carlo però, che non sarà simpatico, e veste come un direttore di banca di una filiale di paese, i conti suoi se li è saputi fare. A dispetto nostro. Non ha perso tempo a sganciarsi da Madame Fifì e coniuge quando ha capito che qualcuno iniziava a parlare di rottamazione. Negando, addirittura, le sue origini. Ha disconosciuto, senza pensarci due volte il padre politico.

Ha pensato, su suggerimento di qualcuno, che per lui sarebbe stato un male continuare ad accostare la sua faccia pulita a quella del losco Nicola. Ne andava della sua carriera politica. Una scelta inevitabile, e voluta. Ed ogni scusa da quel momento in poi è stata buona per prendere le distanze. Alleandosi di volta in volta con tutti coloro i quali potevano sostenerlo in questa causa.

O quantomeno aiutarlo a parare eventuali colpi ara catrea da parte di Nicola. Non ebbe remore ad allearsi allora, con il suo rivale di oggi, Oliverio, quando questi cacciò in malo modo Madame Fifì dalla Provincia. Un episodio che separò definitivamente l’allievo dal maestro.

Da qui in poi Carletto, che non è una cima, ma conosce ogni rivolo di clientela di questa provincia, inizia a muoversi in maniera autonoma. Si propone ai cercatori di sussidio come l’unico in grado di garantire la regolare e continua elargizione del malloppetto. Con Nicola fuori dai giochi, ai cercatori di sussidio, non resta altro da fare che coddrarsi u pinnulu.

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Tant’è che Carletto risulterà tra i più votati alle ultime regionali. Migliaia e migliaia di persone si affidano a lui per continuare a percepire una qualsivoglia forma di assistenza economica. Il regno che fu di Nicola ora appartiene a Carletto. La sua affermazione elettorale lo porta dritto alla poltrona di assessore, è di fatto il vice di Oliverio. Ma dura, come assessore, quanto a frevi maligna.

Rimborsopoli e il caso De Gaetano mettono al tappeto Oliverio, che, senza pensarci due volte, sbatte fuori dalla giunta Carletto, coinvolto nell’inchiesta dei finti rimborsi. E lui non la prende per niente bene ed inizia una campagna contro Oliverio, che neanche Orsomarso può solo minimamente pensare di fare.

Non c’è giorno che Carletto non esprima una critica pesante nei confronti di Oliverio. Così come è avvenuto con Nicola, avrà pensato Carlo, è arrivato il momento di mollare anche Palla Palla che ormai puzza di vecchio anche lui.

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Renzi, in Calabria, è alla ricerca di uomini fidati e con voti e Carlo non perde tempo, attraverso la mediazione dell’uomo buono in ogni stagione, cioé Minniti, a proporsi. Potrebbe essere lui l’uomo della svolta, se si trova un modo per accontentare Madame Fifì, che nel mentre, seppur “ridimensionata” non si è mica arresa.

Ma la situazione a Cosenza è complicata, e non si risolve con le formule magiche, nonostante Madame Fifì. Troppi gli interessi di parte da tutelare. Nessuno, in questo passaggio di consegne, vuole rimetterci. E si va avanti alla campa cavallo.

Ma Carlo, che ha imparato a camminare da solo, ha capito che deve mettere in piedi una forza tutta sua, non solo per dare prova a Renzi del controllo capillare dei voti sul territorio, ma soprattutto per slegarsi definitivamente da lacci e lacciuoli che lo tengono inchiodato ancora ai nastri di partenza.

L’unica cosa da fare è eliminare politicamente il nemico. Perché sa che nessun accordo sarà mai possibile. E così, insieme a Flora Sculco (Calabria in Rete), organizza una convention dal tema: “Patto per lo sviluppo. Apriamo il cantiere per una nuova Calabria” . Un modo per capire se, accucchiandosi con questa, Carletto può aspirare a costruire in Calabria una corrente dominante dentro il Pd.

Una chiamata alla conta, per impressionare i nemici, che presto diventerà una chiamata alle armi. Se i numeri dovessero essergli favorevoli. Un tentativo che non prevede nessuno sforzo politico, organizzativo. La classica sommatoria.

Nel più classico conflitto tra lobby e potentati politici. Tutto ammantato dalla retorica politica. Da questi incontri non ne è mai venuto niente in tasca ai calabresi, nonostante i 100 miliardi di euro di cui Guccione parla.

Carlo è lanciato sulla sua strada e si gioca il tutto per tutto, sa che può farcela, molti amici romani di quelli che contano sono con lui. Male che va non ci ha perso niente. Ma se l’operazione decolla, allora è fatta. Sarà lui il nuovo baronetto di Calabria.

Una cosa però deve essere sfuggita a Carlo, nel proporre il titolo di questo incontro: proprio lui, che da anni spende la maggior parte del suo tempo politico a denunciare i cantieri abbandonati, centinaia di opere iniziate e mai finite, che fa? Ancora una volta propone come soluzione ai problemi della Calabria l’aperura dell’ennesimo cantiere. Ma non sarebbe meglio finire quelli iniziati, tipo l’autostrada, prima di cominciarne un altro che sarà, per come si è presentato, l’ennesima incompiuta?

GdD