Caso Csm, nel “sistema Palamara” anche la nomina di Spagnuolo

Se è vero che l’intenzione della parte sana della magistratura, dopo lo scandalo che ha coinvolto il “supremo organo di controllo dei giudici”, è quella di fare pulizia nella propria categoria, nei prossimi mesi ne vedremo delle belle. Specie in Calabria. Oltre alle inchieste portate avanti dalla procura di Salerno su 15 magistrati calabresi, quello che preoccupa il mondo corrotto dei giudici calabresi è il telefonino di Palamara.

Luca Palamara, pm, ex consigliere del Csm ed ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, è indagato per corruzione dalla Procura di Perugia, per aver accettato benefici e regali di vario genere in cambio di favori, e per aver trasformato le nomine a procuratore capo, in un mercato delle vacche. È lui l’artefice principale della degenerazione dei rapporti con la politica. Anche se c’è da dire che le nomine (a procuratore capo) sono state sempre politicamente orientate, ma erano i consiglieri laici del Csm, eletti dal Parlamento, ed espressione dei vari partiti, messi lì proprio per condurre questo genere di “trattative”, all’interno di un rapporto “istituzionale mediato” tra magistrati e politica.

Ed è qui che sta la novità del sistema Palamara che di fatto elimina la figura istituzionale preposta a contrattare le nomine, come nel caso del senatore Giuseppe Fanfani messo nel Csm da Renzi, trattando direttamente le nomine e i favori per gli amici degli amici, con Luca Lotti, suo fido scudiero di. In sostanza Palamara elimina il “contesto istituzionale” lasciando come argomenti, per orientare le nomine dei procuratori, solo la reti di interesse e di potere degli amici degli amici.

Ogni intrallazzo posto in essere da Palamara e Lotti, è racchiuso nel suo telefonino. Ed è questo quello che preoccupa veramente la rete di potere- di cui Palamara era il perno su cui ruotava a trecentosessanta gradi l’autogoverno parallelo, o occulto dei magistrati – che ha goduto dei favori della cricca. Chi per una cosa, chi per un’altra, nel corso degli anni, quasi tutti i magistrati, buoni e cattivi, si sono rivolti a Palamara. E chiunque ha avuto a che fare con lui è rimasto “impresso” nella memoria del suo telefonino.

Il trojan – un “virus” che se installato su un pc o uno smartphone può far ascoltare le telefonate, raccogliere gli audio ambientali (tramite l’attivazione del microfono), i video tramite l’attivazione in remoto della telecamera, il tracciamento degli spostamenti tramite il Gps, la cronologia della navigazione online o la navigazione in diretta, registrare qualsiasi lettera digitata dalla tastiera e permettere di prendere il controllo totale del dispositivo – della Guardia di Finanza viene installato sul telefono di Palamara all’inizio di maggio. I finanzieri ascoltano in “diretta” il mercimono delle nomine dell’ultimo periodo. Ma nello smartphone di Palamara sono anche “chiusi” tutti i segreti degli anni passati. Anni dove la Giustizia è stata gestita nel sottobosco creato da Palamara e compari. Il quadro che promette di uscirne è devastante.

Decine e decine di nomine veicolate col sistema Palamara, e tra queste c’è quella relativa al procuratore capo di Cosenza. Che come risarcimento per la mancata nomina a procuratore capo della Dda di Catanzaro ha preteso, appunto, la nomina a procuratore capo della procura di Cosenza.
A fare da tramite con Palamara, per la nomina di Spagnuolo alla guida della procura bruzia, Luca Lotti su impulso di alcuni deputati del Pd cosentino legati ad Ernesto Carbone. Vecchi amici del Gattopardo, che in cambio di favori si sono adoperati per la sua nomina. Erano i tempi del governo Renzi e il sistema Palamara era attivo e efficiente.

Questo dato, come quello di tanti altri, è rimasto cristallizzato nella memoria del telefonino di Palamara, ed infatti i pm di Perugia proprio su questo nuovo filone di indagine, notizia trapelata e riportata da diversi organi di stampa, hanno trasmesso al Csm nuove trascrizioni provenienti dal telefonino di Palamara. Il tutto al vaglio del vicepresidente del Csm e dello staff del presidente Mattarella. Nel mentre i pm perugini lavorano su questo, facendo attenzione a depistaggi e intrallazzi vari, la notizia continua ad “allargarsi”. Perché se è vero che lo scandalo della Giustizia oramai è alla luce del sole, è anche vero che c’è ancora chi si adopera nell’ombra per condizionarne i compromettenti e clamorosi sviluppi che questa inchiesta sul telefonino di Palamara promette.