“Casomai avessi dimenticato” io lo leggo subito

di Laura De Franco

Ieri sera ho girato in lungo e in largo per trovare parcheggio, per arrivare puntuale, inutile raccontare il mio viaggio con errori di valutazione e strade interrotte, sbaglio sempre strada io ma poi arrivo dove devo arrivare. E sono giunta giusto in tempo per farmi fare la dedica scritta sul libro Caso mai avessi dimenticato di Matteo Cosenza, volevo anche una foto ricordo ma il tempo non c’è stato, si iniziava. Matteo è stato il direttore de Il Quotidiano del Sud quando io potevo avere i miei anni d’oro, giovane e audace, poi ho abbandonato il giornalismo e dopo alcuni anni anche lui ha lasciato il giornale. E Matteo Cosenza può piacerti, puoi esserti scontrato con lui, può anche esserti antipatico ma scrive bene, e non è che lo dico io e quindi è così, no lui può dire quello che vuole e tu capisci, lo capisco perché è chiaro, non si atteggia ad intellettuale ma lo è. Ieri sera non appena ha iniziato a spiegare il perché, il come, avesse iniziato a scrivere il suo ultimo libro mi sono appassionata al racconto.

Certo, lui è un giornalista ma non tutti i giornalisti riescono a farti vedere cosa dicono, lui ti trasporta nei luoghi e nei fatti quasi li vedessi.
Alla presentazione di ieri, nello splendido chiostro di San Domenico di Cosenza, personaggi illustri come la storica Marta Petrusewicz e l’economista Domenico Cersosimo ne hanno fatto una lettura critica sia dello stile che dei contenuti, così come il giornalista Valerio Giacoia che ne ha colto senz’altro l’aspetto più poetico mentre il libraio Pino Sassano ne ha spiegato quello narrativo. Non potrei ripetere le loro attente analisi: ne è sicuramente emerso che è un libro che vuole far mantenere la memoria di un periodo storico qual è stato il percorso di evoluzione e trasformazione del partito comunista in Italia. In quell’epoca ero troppo bimbetta per rammentare bene tutti gli avvenimenti ma l’interessante del libro è che non è l’ennesima storia di quei tempi ricchi di vigore rivoluzionario piuttosto è la descrizione degli incontri che Cosenza ha fatto durante la sua vita caratterizzata da due amori folli che sono la politica e il giornalismo.

Teneramente il suo scritto lo dedica ai suoi nipoti e il nonno lo si ritrova nella voglia, esigenza e desiderio di non far perdere la memoria. Una memoria scritta su carta, Matteo infatti cerca tra i suoi infiniti fogli stipati in casa, seleziona, infine archivia. Non butta niente lui, finanche l’involucro del regalo gradito che qualcuno a lui caro gli deve aver donato col cuore. Un collezionista di carte e cartine poiché conserva anche le veline sulle quali scrisse i primi articoli.

Ma Matteo nasce provocatore, tosto di testa, uno che si pone domande e come risposta va alla ricerca della verità, tant’è che personaggi di alto livello politico dialogano con lui, gli scrivono anche delle lettere. Così come è accaduto con lo scrittore Ruggero Zangradi – anzi con lui accadde un episodio simpatico, durante il loro primo incontro, un appuntamento deciso dopo uno scambio consistente di idee -, si rivela la realtà: quando il famoso storico arriva, chiede del dottor Cosenza e si ritrova uno che non poteva essere mai dottore, non poteva essere laureato perché davanti c’era un sedicenne. Inimmaginabile lo stupore, ma non certo la distanza generazionale fu un motivo per fermare la loro amicizia epistolare. Zangradi non è l’unico uomo di rilievo che compare tra le righe, ce ne sono molti e tanti hanno fatto la storia della nostra nazione, un bel po’ di chicche, quindi, che ci vengono regalate.

Ieri sera, alla fine sono tornata a casa e ho dormito inquieta, forse emozionata dai ricordi di redazione vissuti col mio direttore, mi sono svegliata presto e mi sono alzata col pensiero, ho cercato gli occhiali da vicino in borsa e mi sono seduta col caffè in mano, sì volevo godermi subito Casomai avessi dimenticato.