Stamattina a Catanzaro si insedia nel ruolo di nuovo procuratore generale della Corte d’Appello Otello Lupacchini.
Lupacchini – come ben sanno i nostri lettori – è stato in Calabria poco più di dieci anni fa nelle vesti di capo ispettore del ministero della Giustizia a Catanzaro scoperchiando pentoloni imbarazzanti non solo nel Tribunale del capoluogo ma anche e soprattutto a Cosenza.
Tutti sanno che c’è una cosa che fa andare in bestia l’associazione a delinquere che gestisce le sorti del Tribunale di Cosenza (procuratore capo, pubblici ministeri e organi giudicanti ma anche un determinato “clan” di avvocati) è il cosiddetto dossier Lupacchini, proprio dal nome del magistrato, che ha detto la verità, tutta la verità e nient’altro che la verità, ormai 12 anni fa, sulle vergogne del nostro Tribunale porto delle nebbie. Nell’ambito dell’ispezione del 2005 alla DDA di Catanzaro. Non a caso MAI nessun organo di informazione, a parte La Provincia Cosentina e Iacchite’ (e a livello nazionale Il Giornale), ha MAI pubblicato una sola riga di queste gravissime denunce.
Otello Lupacchini è un magistrato decisamente famoso. Ha combattuto alla grande contro i mafiosi della Banda della Magliana e non solo. Una decina di anni fa fu mandato dal Ministero di Grazia e Giustizia a vedere cosa combinavano i magistrati calabresi e scrisse una relazione che è diventata un incubo per tutta questa gentaglia ed una fonte inesauribile di informazioni per i pochissimi cronisti onesti della Calabria.
Oggi Lupacchini rappresenta uno spauracchio per un magistrato corrotto come Mario Spagnuolo, del quale ha tratteggiato un profilo ripugnante. Ecco l’autoritratto che si è scritto sul blog che cura quasi giornalmente per “Il Fatto Quotidiano”.
Otello Lupacchini: Giusfilosofo e magistrato
Nato tanti anni or sono a Lapedona, sono cresciuto alla scuola di un colto gesuita vomitato dalla Compagnia. Addottoratomi a Bologna, poco più che ventenne, ho goduto di una certa fortuna nel foro, tra Cortina d’Ampezzo e Belluno, dove ho messo su felicemente famiglia. Sorta di moderno praetor peregrinus, ho quindi navigato perigliosamente tra Roma, Venezia, Riesi, Bologna e di nuovo Roma, incrociando eventi sanguinosi, personaggi ripugnanti e consorterie micidiali: stragi, sequestri di persona con soppressione dell’ostaggio, bombaroli neri, terroristi assassini rossi e neri, uomini d’onore sanguinari, banditi nati per uccidere e per morire ammazzati, sbirri e spioni senza scrupoli, pubblici funzionari corrotti o, peggio, dediti alla concussione, politicanti doppiogiochisti, statisti senza alcun senso dello Stato, faccendieri spregiudicati, tirapiedi in agguato per prendermi all’amo. Almeno sin qui, ho resistito alle astuzie gaglioffe ed ho anche rassegnato le mie eclettiche esperienze ad articoli (Metodo e linguaggio letterario come strumento di narrazione del fatto processuale, 2013; Governare con la paura, 2014; Nell’Italia del Terzo Millennio, c’è ancora spazio per il Terzo Potere?, 2015), saggi (Banda della Magliana, Koinè Nuove Edizioni 2004; Il ritorno delle Brigate Rosse, Koinè Nuove Edizioni 2005; 12 Donne un solo Assassino, con Max Parisi, Koinè Nuove Edizioni 2006; Impronte Criminali, Koinè Nuove Edizioni 2015; In Pessimo Stato, 2015) e anche ad un romanzo (Malagente, 2009).
L’ISPEZIONE A CATANZARO
Secondo il magistrato Otello Lupacchini, famoso per aver contribuito a sgominare la Banda della Magliana, dunque, un gruppo di avvocati cosentini, in combutta con il procuratore della Repubblica Alfredo Serafini e il sostituto anziano Mario Spagnuolo, sono stati i registi occulti della delegittimazione del processo Garden, nato dalla prima vera operazione antimafia svolta a Cosenza.
L’ispezione, a dire, il vero, non riguardava direttamente Cosenza ma la DDA di Catanzaro e l’incredibile ascesa del magistrato Mario Spagnuolo, da sostituto anziano a Cosenza a procuratore aggiunto con pieni poteri a Catanzaro. Con decenza parlando, è come se oggi Tridico (arrassusia!) diventasse il braccio destro di Gratteri!!!
Tuttavia, poiché tutto si giocava sulla posizione di Eugenio Facciolla, che denunciava i veleni del palazzo, era impossibile non arrivare anche a Cosenza. E Lupacchini non solo c’era arrivato ma aveva dato prove documentali del degrado del nostro Tribunale.
Siamo a metà degli anni Novanta, subito dopo l’operazione Garden. Il pentimento di Franco Pino, abilmente pilotato da Spagnuolo, spariglia completamente le carte e diventa il grimaldello, insieme al processo Chiappetta, per inquinare l’intero sistema probatorio. Sul suo esempio, a catena, si apre la stagione del pentitismo di cui Adolfo Foggetti, Franco Bruzzese, Daniele Lamanna e gli altri che verranno sono giuridicamente figli.
Tra questi avvocati c’era anche Marcello Manna. Un uomo per tutte le stagioni come si diceva una volta. Avvocato di successo, rapporto privilegiato con la malavita, soprattutto in tempi di pax mafiosa, non era servito molto per proiettarlo alla ribalta politica. Quando Lupacchini venne a fare l’ispezione ministeriale, il nome di Manna veniva associato a fatti censurabili anche penalmente nella gestione dei collaboratori di giustizia.
La tesi del magistrato era molto semplice: Manna e gli altri incidevano sui pentiti affinchè formulassero accuse indiscriminate anche nei confronti dei magistrati. Manna si mette in prima fila per introdurre i nuovi pentiti. E dà talmente nell’occhio che Stefano Tocci, il pm dell’operazione Garden, non li prende in considerazione perché gli sembrava davvero incredibile che uno dei difensori più agguerriti del processo Garden fosse anche il procacciatore di pentiti a carico dei suoi assistiti.
Chi di spada, pardon di pentito ferisce, di… pentito perisce! Politicamente, per carità…
L’ arrivo di Otello Lupacchini alla Corte d’Appello di Catanzaro, per le conoscenze che ha delle questioni, potrebbe essere devastante per la magistratura cosentina corrotta.