Catanzaro, Basso Profilo. L’imputata conferma: ero la prestanome di Antonio Gallo

«Era Antonio Gallo a darmi ordini sulle fatture da emettere o sui prelievi da effettuare», è quanto ha sostenuto Concetta Di Noia confermando il suo ruolo di prestanome dell’imprenditore al centro dell’inchiesta Basso Profilo coordinata dalla Dda di Catanzaro. La donna ieri è stata interrogata dai pm Paolo Sirleo e Veronica Calcagno nel processo con rito abbreviato. Moglie di Tommaso Rosa, che da circa un mese ha scelto di collaborare con la giustizia, l’imputata ha spiegato che pur risultando titolare di due aziende lei non avrebbe avuto alcun potere decisionale, aggiungendo di essere stata stipendiata da Gallo con 400 euro al mese. In alcuni passaggi dell’interrogatorio i pubblici ministeri hanno evidenziato i troppi “non ricordo” dell’imputata che ha sostenuto di aver avuto contatti solo con suo marito e con l’imprenditore Gallo e ha affermato di non essere stata a conoscenza che Antonio Santo Bagnato fosse un affiliato ai clan del Crotonese.

Al termine dell’interrogatorio i magistrati della Dda hanno preso la parola per chiedere di modificare la richiesta di condanna che avevano avanzato nelle precedenti udienze per Tommaso Rosa e Concetta Di Noia, accusati di associazione a delinquere semplice aggravata dal metodo mafioso e reati fiscali. Per i pm la donna non avrebbe fornito con le sue dichiarazioni un apporto concreto rispetto alle dichiarazioni già fornite dal marito. Il pm ha comunque invocato per entrambi una riduzione di pena ad 8 anni rispetto alla richiesta originaria di 20 anni per Rosa e 14 anni per Di Noia. Nell’intervento è stato precisato che “il collaboratore di giustizia Tommaso Rosa è ritenuto credibile, la donna ha reso sì dichiarazioni, ha fatto alcune ammissioni ma il suo apporto non è stato determinante”.

L’udienza infine è stata aggiornata al prossimo 28 ottobre quando il Gup del Tribunale di Catanzaro emetterà la sua sentenza. La Dda ha chiesto 14 condanne e una sola assoluzione. Spicca la richiesta di condanna a 8 anni nei confronti dell’assessore regionale al Bilancio Francesco Talarico che deve rispondere di associazione a delinquere aggravata dall’aver contribuito “a salvaguardare gli interessi delle compagini associative di tipo ‘ndranghetistico” e di scambio elettorale politico-mafioso… Fonte: Gazzetta del Sud