Catanzaro e la zona grigia. La profezia di Boccassini tra Pittelli, Guglielmo, politici e magistrati corrotti e le stilettate a Gratteri

Nella primavera scorsa si sono vissuti giorni molto delicati a Catanzaro. Il clamoroso maxisequestro di 4 milioni di euro di beni di lusso al celeberrimo Umberto Gigliotta alias Mister centomila disposto dalla Dda di Catanzaro aveva sparigliato le carte. I media di regime avevano tentato inutilmente di “nascondere” la notizia per giorni ma alla fine erano stati costretti a capitolare nonostante la “Gigliotta Immobiliare” finanzi generosamente molti media calabresi. Lui, Mister centomila, è ancora agli arresti dopo l’operazione Basso profilo e c’è chi dice che la sua “resistenza” potrebbe anche cessare dopo la mazzata che gli ha dato Gratteri su quello che ama di più: i picciuli… E tutti sanno quanto sono delicati gli equilibri di una massomafia potente come quella di Catanzaro.

E in quei giorni di frenesia e di incertezza, tornava alla memoria anche la “profezia” di un magistrato che non aveva e non ha proprio rapporti idilliaci con il procuratore Gratteri. Si chiama Ilda Boccassini e nel suo recente libro autobiografico “La Stanza numero 30” non parlava solo di Gratteri ma anche della città di Catanzaro. E quelle tre pagine che dedicava alla città capoluogo risuonavano e risuonano anche oggi alla luce della sentenza di primo grado dei maxiprocesso Rinascita Scott quasi “sinistre” per una larga cerchia di faccendieri.

Il capitolo in questione è il numero 26 ed è intitolato in maniera eloquente “Ndrangheta & Co”. ”Tutte le indagini – scrive Boccassini – hanno riscontrato la presenza di figure riconducibili al paradigma della “borghesia mafiosa” e dimostrato che nessuna categoria professionale è risparmiata da tali presenze, che di volta in volta assumono il volto di imprenditori, notai, commercialisti, medici, appartenenti alle forze dell’ordine, magistrati, avvocati, funzionari pubblici di alto grado, uomini politici” (…). Subito prima poi di entrare nel merito del capoluogo di regione, la Boccassini scrive: “Sa cosa è la zona grigia? La descriveva Primo Levi nel suo libro “I sommersi e i salvati”: è l’ibrido dai contorni mai definiti, che separa, lega e congiunge i due campi dei padroni e dei servi”. 

E poi arriva pagina 330. Quella in cui il magistrato parla di una lettera anonima che ricevette nel 2012 in cui, profeticamente forse, si annunciava quanto sarebbe accaduto da lì ai giorni nostri.

Quello che racconta e riporta Ilda Boccassini, appare – con nomi e cognomi – in questi anni nelle diverse ordinanze di operazioni come Rinascita Scott, Basso profilo (soprattutto) e Farmabusiness. Ovvero le operazioni contro la massomafia dei colletti bianchi e dei cappucci neri.

Da “La stanza numero 30” di Ilda Boccassini capitolo 26 pagine da 330 a 332

“Penso che l’ambiente sia migliorato rispetto a venti o trent’anni fa, ma che sia ancora troppo inquinato e tossico per una serena convivenza civile. Non mi ha stupito, quindi, ricevere nel gennaio 2012 da un calabrese, che ha preferito non firmarsi, una lettera che mi ha commosso”.

La storia di una città che rappresenta uno spazio vuoto

Catanzaro. Questa è la storia di una città che rappresenta uno spazio vuoto. Qui non è come altrove, qui sono tutti la stessa cosa. Allora può accadere che un noto avvocato, amico di un colonnello dei carabinieri, ascolti le intercettazioni. Può accadere che di queste se ne faccia uso per ricatti o per affari. Affari sporchi? Non si sa, in questa città l’illegalità è un’istituzione. Qui può accadere che non si arresti nessuno che conti da mezzo secolo.

Non si capisce cosa sia la mafia, semplicemente perché la mafia è tutto.

Ogni tanto, per fare apparire che qualcosa si muove, mettono dentro un po’ di “zingari, colpevoli, ma è il male minore. Il risultato è che non si capisce cosa sia la mafia, semplicemente perché la mafia è tutto. La città in cui un notaio trucca esami all’università, presta soldi a usura, traffica opere d’arte false e poi a lui stesso viene chiesto di autenticarle. Il tutto usando personaggi a lui vicini e facendo gravitare nel suo studio “i cutresi”. E poi magari gli vengono riservati consensi per mecenatismo artistico. Un notaio sa quante società aprire e chiudere con intestazioni famigliari e satelliti. Basterebbe osservare tutte le società a lui satellite… 

A Catanzaro l’hanno capito tutti che si allude al notaio Rocco Guglielmo, anche se nessuno può scriverlo… 

I salotti di questo avvocato, di quel notaio o dell’uomo politico sono riempiti dalla città “bene”, imprenditori e giudici compresi

Un uomo politico (alzi la mano chi non ha pensato a Tallini ma non solo a lui…, ndr) si accompagna con galeotti e loro fanno la campagna elettorale, la impongono più che altro. Il grave è che non esiste il resto. I salotti di questo avvocato (non ci vuole molta fantasia per capire che è Giancarlo Pittelli, ndr), di quel notaio o dell’uomo politico sono riempiti dalla città “bene”, imprenditori e giudici compresi. Coloro i quali non sono invitati aspirerebbero a esserlo. 

In un angolo qualche cittadino terrorizzato e povero, taciturno e con addosso il male incurabile di vivere. Grazie procuratore, grazie di tutto. Ma questa è una città priva di spiragli di legalità. Qui i bagliori di luce non arrivano, e lei, comprendo, non può fare tutto. Buon lavoro”… 

E la magistratura? Tutti sanno che, nel dicembre 2019, a Catanzaro è stato indagato e rimosso dall’incarico per accuse di corruzione il collega Vincenzo Luberto, uno dei vice e braccio destro del procuratore Nicola Gratteri… 

“Catastrofismo? Forse. Difficile stabilirlo a mille chilometri di distanza ma, da quello che si legge, direi che non molto è cambiato, se solo pensiamo alla politica, rimasta inefficiente e litigiosa, o alla sanità, commissariata per infiltrazioni mafiose in quasi tutte le province. E la magistratura? Solo pochi mesi fa, nel dicembre 2019, a Catanzaro è stato indagato e rimosso dall’incarico per accuse di corruzione il collega Vincenzo Luberto, uno dei vice e braccio destro del procuratore Nicola Gratteri, addirittura incaricato di coordinare le inchieste antimafia. La vicenda giudiziaria farà il suo corso, ma è certo che, ancora una volta, l’Associazione magistrati, almeno in sede locale, non ha ritenuto di prendere una posizione precisa né ha colto l’occasione per avviare una seria e pubblica riflessione sulla categoria, particolarmente necessaria in un territorio così martoriato. Peraltro, il caso Luberto non è stato il solo campanello d’allarme dello “sfilacciamento etico dell’ordine di cui ho fatto parte per oltre quarant’anni, perché tra Puglia e Sicilia altre toghe sono finite in manette accusate di reati infamanti. Ho imparato da tempo a essere realista: e quello che vedo, leggo e sento continua a non piacermi”.

BOCCASSINI E GRATTERI

Ma non saremmo completi ed esaustivi se non aggiungessimo il pensiero di Ilda Boccassini in quello stesso racconto autobiografico sull’attuale procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri.

Durante l’indagine che che tra il 2009 e il 2010 ha dato un duro colpo alla ‘ndrangheta e ha portato a centinaia di arresti, Nicola Gratteri, allora aggiunto a Reggio Calabria, si “vantava continuamente” e creava tensione tra gli altri magistrati del pool. E’ questo il duro giudizio che Ilda Boccassini dà dell’attuale procuratore di Catanzaro nella sua autobiografia.

L’indagine, chiamata ‘Crimine infinito‘, ha svelato l’unitarietà della ‘Ndrangheta e la sostanziale autonomia delle sue articolazioni territoriali in “un modernissimo – scrive l’ex procuratore aggiunto di Milano – e complesso equilibrio tra il centralismo di regole e rituali e il decentramento delle ordinarie attività illecite”. “Capii molto presto, una volta presa in mano l’indagine, che sarebbe stato utile coinvolgere la procura di Reggio Calabria, allora guidata da Giuseppe Pignatone, per impostare una strategia comune” scrive Boccassini sottolineando che da quel momento “le riunioni si susseguirono con cadenza regolare, ci dividevamo i compiti, gli obiettivi, i soggetti sui cui indagare e cominciammo a scambiarci carte, contenuti delle intercettazioni”.

C’era però una “nota stonata” che “creava un po’ di imbarazzo”: l’atteggiamento di Nicola Gratteri. “Creava tensione con il suo continuo vantarsi di una conoscenza del fenomeno ‘ndrangheta talmente approfondita e a suo dire unica da ricavarne bizzarramente (poiché era il solo a esserne convinto) un senso di superiorità nei nostri confronti. Un comportamento -sottolinea Boccassini – che non ci ha mai permesso di legare, dato che a stento ci salutava, ma soprattutto perché ogni giorno di più si rivelava culturalmente e professionalmente molto diverso dalla squadra. A detta di chi lo conosce a fondo, per Gratteri far parte di un pool senza esserne il leader non ha alcun significato”.

Al di là di quello che pensa di lui la Boccassini, Gratteri non ha avuto il coraggio di portare definitivamente alla luce il marcio che c’è a Catanzaro ma più in generale in Calabria e che permette alla massomafia e alla politica corrotta di far vincere le elezioni per due anni di fila e con gli stessi voti ai seguaci mafiosi di Silvio Berlusconi. Ormai lo dice anche la storia…