Catanzaro, la Corte d’Appello sconfessa clamorosamente il magistrato Curreli e il porto delle nebbie

Claudio Curreli

A oltre dieci anni dall’arresto di Padre Fedele Bisceglia, un senatore della Repubblica aveva deciso di rivolgere un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia. Si trattava di Francesco Molinari, che ricostruito il vergognoso complotto ai danni del monaco, puntava la sua attenzione su un episodio specifico, dal quale emerge la corruzione della procura di Cosenza.

Il sostituto procuratore della Repubblica di Cosenza Claudio Curreli ed il giudice delle indagini preliminari dello stesso Tribunale Francesco Branda sono stati denunciati da Padre Fedele dopo che il suo avvocato Eugenio Bisceglia aveva scoperto un fatto gravissimo: avevano occultato un fascicolo nel quale la suora accusatrice di Padre Fedele raccontava ancora altre menzogne per rendersi credibile.

“Il 12 marzo 2015 – scriveva Molinari –, il Giudice per le indagini preliminari di Salerno, in ordine alla notizia di reato aperta per indagare l’operato dei due magistrati, pur disponendo l’archiviazione degli atti per infondatezza della notizia di reato, ha comunque espresso significative perplessità sull’operato dei magistrati. A questo punto ci si chiede se il Ministro non ritenga necessario intervenire con i suoi poteri ispettivi e disciplinari nei confronti dei magistrati citati per dare sostanza a quei motivi di perplessità oggettivamente accennati dal Giudice per le indagini preliminari di Salerno nel suo decreto di archiviazione”.

Quanto basta per cercare una spiegazione “politica” a quanto è accaduto a Padre Fedele.
Tutti capivano già all’epoca che non si stava giudicando un personaggio qualsiasi, ma un uomo dato in pasto all’opinione pubblica per uno pseudo delitto serio e grave. E a nessuno già allora sfuggiva il clamore suscitato ancor prima che fosse condotto in carcere.
Alle 6 del mattino del 23 gennaio 2006 tutti i poliziotti comunicavano via telefonino con le rispettive mogli, fidanzate o amanti per farsi aggiornare delle notizie date dai mass media mentre gli ultrà accorsi increduli all’ Oasi Francescana erano sgomenti per queste scene.

Il solito Dodaro
Il solito Dodaro

Padre Fedele Bisceglia è stato messo in carcere perché il poliziotto Stefano Dodaro, notoriamente vicino a una bene individuata casta politica, che è quella dello squallido Ennio Morrone (tra l’altro suo suocero), tanto da aver incassato un incarico dirigenziale da parte della Giunta regionale solo pochi mesi prima di arrestarlo, ha condotto e orchestrato questa storia in modo a dir poco oscuro.

Cosa ci faceva Dodaro allo Sco di Roma a raccogliere la testimonianza della suora? Chi l’ha informato? E perché è andato proprio lui? Ha ricevuto qualche preciso ordine da parte di una classe politica che vedeva Padre Fedele come il fumo negli occhi perché aveva realizzato una struttura gioiello come l’Oasi con i soldi dei cosentini? E perché ha consegnato, misteriosamente e fuori da ogni logica, il plico che lo dipingeva come un criminale al magistrato Curreli dopo soli due giorni e contro ogni disposizione del Codice di procedura penale?

E dove sta scritto che a un poliziotto, per quanto potente e “politicizzato” come il signor Dodaro, sia consentito di “invitare” un giudice (guarda caso lo stesso che ha indagato sui no global) a emanare disposizioni restrittive? Forse perché ha scritto (o forse sarebbe meglio dire gli hanno scritto…) un libro sulla mafia? O forse perché si faceva vedere, con la gentile consorte, alle conferenze di qualche cardinale a Roma? Queste cose ancora oggi, e sinceramente non capiamo perché, non si possono sapere.

Ma il problema è che il pm Curreli non solo ha ascoltato il signor Dodaro ma ha anche prodotto una lunga requisitoria al gip Ferrucci, che poi ha firmato l’ arresto. Un’ altra brillante operazione scatenata dalle stesse logiche politiche che avevano animato il can can contro i no global. Perché la Procura di Cosenza, notoriamente porto delle nebbie quando c’è da indagare sui potenti, diventa eccezionalmente attiva quando c’è da perseguire la sinistra antagonista.

Questo processo è passato alla storia come il processo dell’ infamia, il processo diabolico incentrato su una suora bugiarda, imbeccata da personaggi squallidi di una certa inqualificabile ma sicuramente ben definita lobby di potere, nella quale la Chiesa ha giocato un ruolo fondamentale.

Ma non è finita qui, perché lo stesso giudice che ha costruito questo assurdo castello di accuse e di menzogne contro Padre Fedele avrebbe voluto una sentenza di condanna nei confronti di chi ha scritto solo e soltanto la verità, confermata peraltro dalla Cassazione con la sentenza definitiva di assoluzione del monaco. E il porto delle nebbie lo aveva puntualmente assecondato, “piazzando” una condanna assurda di 9 (!!!) mesi di reclusione. Ma per fortuna, la Corte d’Appello di Catanzaro ha messo fine a questa farsa e ha smontato questo infame castello dai piedi d’argilla messo su da Claudio Curreli. Grazie all’appassionata arringa dell’avvocato Nicola Mondelli, la pena è stata rideterminata e dai 9 mesi di carcere del porto delle nebbie siamo passati a 3.500 euro di multa da parte della Corte d’Appello di Catanzaro. Una bella “botta” per Curreli e i suoi compari e una bella soddisfazione per chi combatte contro la corruzione della magistratura. A futura memoria.