Catanzaro, la pazza idea di Sergiun (di Danilo Colacino)

Quando si sta ancora vivendo l’onda emozionale per la prematura dipartita della povera presidente Jole Santelli (a cui rivolgo per l’ennesima volta un commosso e affettuoso pensiero) in Calabria si sta per aprire la più grande faida politica mai vista negli ultimi 30 anni.
La prima notizia è che se nella prossima primavera si voterà forzatamente per il “rinnovo” del consiglio regionale, lo si dovrà fare anche a Catanzaro (e non certo per un evento tragico) dove non sarebbe invece dovuto accadere fino al 2022.
Ma c’è di più, fra oggi e domani, vi svelerò i nomi (alcuni notissimi) e i retroscena (assai meno conosciuti) delle candidature al governatorato tanto a Destra (dove ci saranno guerre sanguinose) quanto a Sinistra (in cui forse non “scorrerà il sangue”, ma non mancheranno gli affanni).
Buona lettura, dunque⤵️

Fonte: L’Irriverente, il blog di Danilo Colacino

Mi levo il cappello in segno di massimo rispetto a una donna che non c’è più e per giunta dopo anni di coraggiosa lotta contro un male terrificante. Profondo cordoglio, quindi, per Jole Santelli e i familiari. Non posso non sottolineare, tuttavia, come sia stata in una qualche misura vittima di quel sistema di potere calabrese, che non guarda in faccia ad alcuno, di cui lei stessa era parte integrante, anzi alfiere. E se non lo scrivessi, mi sentirei come i tanti ipocriti farisei che in questo momento piangono ovunque per la scomparsa di chi hanno cercato in ogni modo di affossare o, in subordine, di dileggiare.

Detto doverosamente questo, vorrei però proporvi un pezzo scritto ieri notte su imbeccata (leggasi notizie date da chi la sapeva effettivamente lunga su quanto sarebbe di lì a poco successo). Il titolo sarebbe stato la “pazza idea (ma evidentemente non lo era) di Sergio Abramo”, un’apparente folle mossa consistente nello staccare lui stesso la spina allo schieramento di cui era al timone. E iniziava così: Nessuno ne parla, nessuno neppure lo sussurra, eccetto chi (l’insider o, se preferite, l’interessato pittegulu), che quando ne ha voglia o gli serve si rivolge a me, ma quel diavolaccio del plurisindaco sta ragionando da giorni – forse da settimane – su una clamorosa ipotesi: farsi fuori da solo mandando quindi la città al voto anticipato fra circa nove mesi (salvo cataclismi dovuti al Covid, la chiamata alle urne dell’anno prossimo dovrebbe essere fissata tra fine maggio e metà giugno, quando si voterà pure a Cosenza).

Ma perché giocare d’anticipo? Adesso è noto (dopo la morte della Santelli), tuttavia i motivi sono – ed erano – tanti a prescindere dal dirompente evento luttuoso. Ve li illustro. Il Sergìun di continuare a stare a Palazzo De Nobili con un mandato ormai non più rinnovabile, almeno per una consiliatura in virtù del limite consecutivo già raggiunto, ne ha sempre meno voglia. Ma fosse solo questo. Il “nostro” primo cittadino si è in realtà reso conto di come per paradosso stia morendo, in apparenza scoppiando di salute, il progetto di amministrazione della città di cui è al centro ormai dalla metà degli anni ’90. La maggioranza asseritamente bulgara che lo sostiene è nella sostanza spaccata in due tronconi e inoltre ancora troppo condizionata dai diktat di Mimmo Tallini che invece d’esser ridimensionato dalla Santa Alleanza fra i gruppi abramiani, aielliani-espositiani-gentiliani e (dall’esterno in rapporto al Comune) pure ferriani e della Lega, ha se possibile al contrario acquisito maggiore forza.

Ma non è ancora finita! Perché il ragionamento del Sergìun neoleghista poggia anche sulla palese impreparazione (mentre lui dispone come ovvio di una macchina parecchio rodata), del fronte opposto (e non mi riferisco di sicuro allo sgangherato centrosinistra tradizionale, sia chiaro) che in futuro avrebbe viceversa potuto essere assai più organizzato e galvanizzato da qualche altra “stupefacente” vittoria in giro per la Calabria – ad esempio in riva al Crati – sulla falsariga del recente inaspettato successo ottenuto a Crotone.

Senza dimenticare la madre di tutte le ragioni: imporre al Carroccio (a cui Abramo, tramite la figura di Filippo Mancuso, ha portato un bel po’ di consensi, oltre seimila nello specifico, da lui ancora non monetizzati in prima persona) l’ingresso nell’Esecutivo Santelli (che dopo la prematura scomparsa di quest’ultima si traduce nella scelta di designarlo successore in pectore della sfortunata Jole), abbandonando così la lontana prospettiva di una corsa per il Senato o la Camera nell’ancora assai lontano 2023.

E del resto il sindaco si era ormai stancato di mancare l’approdo in Giunta o – meglio – la “promozione” a presidente della Regione. Non scordando che così si potrebbero finalmente spalancare le porte di un assessorato pure per il fido Re Bald…ovino (alias Baldo Esposito), tagliato fuori però per geopolitica essendo catanzarese come Abramo tanto dalla vicepresidenza quanto dallo scranno più alto del Consiglio di Palazzo Campanella. Ma è un dettaglio, perché parliamo di un mister 10mila preferenze finora rimasto a bocca asciutta, sebbene l’elezione in carrozza nell’assemblea, che però potrebbe accontentarsi di una delega pesante nella nascente squadra guidata da Sergio Abramo.
Va ribadito che è quindi pronto un piano per l’ormai assodato ritorno alle urne prima del previsto forse a primavera 2021 (un programma in fieri da tanto tempo nella mente di Abramo) con il progetto cittadino basato sul far diventare l’aspirante, e sospirante, Marco Polimeni sindaco – e non solo – affidato allo scudiero Mancuso, uomo di fiducia del Sergìun. Tutto fatto, allora? Nossignori. La strada per Catanzaro è per assurdo molto più lunga di quella che porta alla Cittadella.

Il primo passo è convincere i sempre recalcitranti peones rimasti – che resterebbero appiedati dalla “caduta” del civico consesso – ad autoeliminarsi dalla carica con la solita rassicurazione di collocarli in una struttura politica aut similia. Subito dopo viene l’impellenza di blindare tutti quei “trisex” della politica locale pronti a vendersi la moglie di notte pur di stare dalla parte di chi pensano possa vincere salvo però abbandonarlo altrettanto facilmente appena qualcosa va storto.

In chiusura, tuttavia, nessuno scordi che ogni discorso passa dalla ricucitura dello strappo fra Abramo e soci da una parte e Tallini & co. dall’altra. Senza la pax fra le varie anime del centrodestra cittadino e calabrese, dunque, tutto è possibile, anche la vittoria di un candidato civico (o persino di centrosinistra) che potrebbe ad esempio essere il prof Nicola Fiorita o chi per lui.

2 – (fine)