Catanzaro, processi aggiustati: le “consegne” di Tursi Prato a Petrini tramite Santoro

Marco Petrini

Che la Calabria brulicasse di magistrati corrotti lo sapevano ormai anche le pietre. In tutte le procure e nelle Corti d’Appello le sentenze vanno a tanto al chilo, e non tanto per le cause penali quanto per il settore civile, che è libero da controlli e nel quale ne succedono davvero di tutti i colori. Più o meno come le storie che vengono raccontate oggi per disegnare il profilo di Marco Petrini, presidente di sezione della Corte d’Appello di Catanzaro e della commissione provinciale tributaria.

I suoi colleghi di Salerno l’hanno beccato con le mani nella marmellata. Prestazioni sessuali, soldi, vacanze, cene luculliane. Tutto questo in cambio di sentenze favorevoli. In casa gli hanno trovato una busta con 7 mila euro in contanti, successivamente è stato perquisito anche il suo ufficio e chissà cosa sarà uscito fuori… Il magistrato della Corte d’appello, ancora, si sarebbe prodigato per far passare al concorso per l’abilitazione alla professione di avvocato alcuni candidati donne. Che ripagavano la raccomandazione con prestazioni sessuali… Insomma, di tutto, di più.

Ma la figura centrale della storia è un medico di Cariati, al secolo Emilio Santoro, anche se tutti lo chiamano Mario, un omone grande e grosso con un carisma – riconosciuto da tutti – di grande tessitore, per usare un eufemismo. A lungo dirigente dell’Asp di Cosenza, noto ricettacolo di faccendieri, traffichini e delinquenti, curava personalmente il rapporto con Petrini e tra i clienti c’era anche il “solito” Pino Tursi Prato, al quale la sentenza definitiva di 6 anni di reclusione per associazione mafiosa aveva creato un sacco di problemi. Non solo l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ma anche la revoca dell’assegno vitalizio previsto per gli ex consiglieri regionali. Ma per questa faccenda c’era Petrini, il quale riuscì nel miracolo di farglielo riavere.

“Mario” è uno dei migliori amici di Tursi Prato, fin da quando – ancora giovani- sguazzavano negli uffici dell’Usl numero 9 di Cosenza in contrapposizione all’altro clan, quello del Cinghiale di Cosenza, al secolo Tonino Gentile, prima della “pax” sancita e voluta dal “mammasantissima” Paolo Romeo. Anche in quella veste Tursi Prato è stato beccato e ne è poi uscito con l’intervento di un altro magistrato che speriamo finisca presto nel tritacarne di Salerno. Ma le carte di questa operazione ci raccontano altre vicende.

Tursi Prato

Mancano pochi giorni al Natale del 2018. Secondo le carte dell’accusa, Santoro il  7 dicembre 2018 sarebbe andato a casa di Petrini assieme a Tursi Prato e, mentre l’ex consigliere regionale lo aspettava in auto, avrebbe consegnato all’amico “due cassette di polistirolo contenenti gamberoni, merluzzetti del valore dichiarato di circa 350 euro e una bottiglia di champagne, delle clementine”, ricordando al magistrato la causa relativa al ricorso presentato da Tursi Prato la cui discussione era fissata per il 12 dicembre 2018 dinanzi alla Corte d’Appello di Catanzaro, ricevendo rassicurazioni da quest’ultimo sull’esito favorevole”. E non solo. L’11 marzo, Santoro e Falzetta consegnano al magistrato “nell’androne dell’immobile, una cassetta contenente verdura e formaggi”. Un nuovo appuntamento, il 14 marzo, viene fissato per un’altra consegna di gamberoni. E per il 26 marzo “Santoro prometteva a Petrini la consegna di una fornitura di pesci alla Commissione tributaria di Catanzaro”. Il 19 aprile, sotto Pasqua, tocca invece a “carne di agnello e altri regali pasquali”.