Catanzaro, qual era il vero Boemi? Lo “zio Toni” o il freddo manager amico dei Piromalli e di Berlusconi?

Il capitolo del libro-inchiesta “Porto Franco” di Francesco Forgione dedicato alle tv private calabresi e alla Fininvest (http://www.iacchite.blog/mafia-stato-sangue-e-fininvest-la-storia-delle-tv-di-berlusconi-in-calabria-morti-bombe-angelo-e-toni-boemi/) ci dà la possibilità di ricostruire il percorso del pioniere Toni Boemi, scomparso nel 2004 e la cui creatura, Telespazio, è ancora tra le emittenti private presenti nell’etere calabrese. Il suo profilo veniva tratteggiato da Pantaleone Sergi su Repubblica nel 1994, nel periodo caldo dell’inchiesta e del processo scaturito da tutta quella torbida vicenda, che aveva toccato anche Boemi.

di Pantaleone Sergi

Fonte: Repubblica, 8 novembre 1994

CATANZARO – Qual è il vero Toni Boemi? Lo “zio Toni”, conduttore televisivo un po’ ruspante, che si commuove e piange davanti alle telecamere per una storia triste, oppure il freddo manager che stravede per Berlusconi, rintuzza in trasmissione ogni critica al Cavaliere, e poi smette l’ abito del perbenista e si accorda con la mafia che più mafia non si può, quella dei Piromalli di Gioia Tauro?

Toni Boemi story. Storia di un uomo venuto dal nulla, appassionato di elettronica, dalla grande comunicativa, capace di convincere ministri e, secondo i magistrati di Reggio Calabria, anche i mafiosi. La Calabria si divide. Gli innocentisti si fanno sentire. Prima di consegnarsi e andare in carcere, lui stesso fa sapere che c’ è una trama che ha come vero obiettivo il ridimensionamento e il controllo dell’ informazione. Da chi ordita? Silenzio.

Le sue reti tv trasmettono ore e ore di notiziari. Aperti a tutti, pluralisti, puliti e completi… o quasi. Perché – a sentire il concorrente-pentito, Angelo Sorrenti, amico un tempo dei Piromalli, prima condannato e poi assolto per attentati a ripetitori tv, infine al servizio del gruppo Fininvest – Telespazio Calabria si guardò bene dal diffondere la notizia della prima operazione di polizia nata dalle dichiarazioni del pentito Raso, la stessa inchiesta che vede coinvolto Boemi con l’ accusa di associazione mafiosa.

Catanzaro anni Sessanta. Boemi, catanese, sbarcato in Calabria dopo aver lavorato per anni a Messina, ha un piccolo laboratorio di elettronica. Costruisce radioline, impianti di diffusione, assembla un registratore e ci mette il suo marchio, realizza un laboratorio linguistico. E’ la sua fortuna. Quel marchingegno didattico piace all’ onorevole repubblicano Emanuele Terrana, ma è Riccardo Misasi, giovane ministro dc della Pubblica Istruzione, a farne una grande commessa per le scuole. E’ un mega affare, ma Boemi resta là, con le sue piccole geniali idee da realizzare, con i suoi “giocattoli” elettronici.

La sua stella torna a brillare nella seconda metà degli anni Settanta. Appaiono le tv libere. Boemi attrezza uno studio in due stanze attigue al suo laboratorio e trasmette. E’ uno dei pionieri dell’ etere. Pian piano la sua azienda cresce. Si espande. In un certo momento arriva ad avere ben cinque reti e allora pensa, mattone su mattone, a realizzare il megacentro di produzione alle porte di Catanzaro. I politici gli fanno la corte, Boemi è disponibile con tutti.

Arriva il tempo dell’ alleanza con la Fininvest. “Sono stato ad Arcore dal Cavaliere…”, confida. E con la Fininvest, che già aveva rilevato le frequenze di Telecalabria, i cui titolari, i Priolo, padre e due figli, erano stati ammazzati dalla mafia di Gioia Tauro, fa ottimi affari. Gli impianti di Telecalabria vengono affidati alle cure della Cemel di Angelo Sorrenti. E Boemi? Non sta a guardare. Secondo i magistrati della procura antimafia di Reggio Calabria, stringe rapporti con i Piromalli e i Molè di Gioia Tauro. La concorrenza si dilegua.

“Zio Toni” diventa un patron, potente, del settore radiotelevisivo nel Sud, qualcuno lo chiama “Berlustoni”, perché padrone di un piccolo impero tv e perché in affari con la Fininvest. In sostanza Boemi aveva regalato diverse frequenze al Cavaliere per un lungo miliardario appalto riguardante la manutenzione di ponti radio e postazioni e la fornitura di immagini e servizi per i tg del biscione.

Lo ha spiegato ai giudici un uomo-Fininvest, l’ ingegner Arnaldo Cerato, della Elettronica Industriale. Dopo la legge Mammì, raccontò l’ ingegnere ai carabinieri, la “Fininvest concentra le attività di telecomunicazione per la Calabria a Catanzaro, presso la sede di Radio Tele Spazio con il cui editore conclude un accordo… “.

“Il Cavaliere è un grande amico”, amava ripetere Boemi, tanto che il primo club di Forza Italia in Calabria è nato proprio tra le mura di Telespazio. Ora i giudici che lo hanno fatto arrestare – anche se lui ha chiesto il giudizio immediato – assicurano che il monopolio dell’ etere Boemi poteva mantenerlo perché in combutta con i Piromalli-Molè che avrebbe indotto a “operare da arbitri nel settore delle telecomunicazioni facenti capo in Calabria al gruppo Fininvest per il tramite di Telespazio”. Questo Boemi è sicuramente diverso dallo “zio Toni”, amante di gadgets e sempre sorridente, che regala al capitano dei carabinieri Angelo Jannone, al termine di un interrogatorio, “una penna ‘ parlante’ di Telespazio accettata per non destare sospetti”.