Catanzaro. Sergiun Abramo, l’uomo che arriva da Marte (di Danilo Colacino)

di Danilo Colacino

In pochi forse ricorderanno un film cult degli anni ’80 come “I Pompieri” in cui il caposquadra dei vigili del fuoco Armando Bigotti, alias Andrea Roncato, riferendosi al collega Nicola Ruoppolo, il celebre Lino Banfi, diceva nel sonno: “La moglie di Ruoppolo è una busona (prostituta in dialetto bolognese perché scoperta a tradire il marito da lui e dagli altri pompieri della squadra, ndr) e Ruoppolo non lo sa”. Solo che il buon Nicola in realtà lo sapeva, ma faceva finta di niente con tutti…

A differenza di questa parte della simpatica commedia citata, però, io non ho elementi per sostenere con certezza che il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo sia come il Banfi attore cioè consapevole dell’ancora presunto Tallini-gate (comunque costato a quest’ultimo gli arresti domiciliari per gravi ipotesi di reato), ma silente per motivi di convenienza e quindi di opportunità.
E meno ancora dispongo di documenti o dati per asserire che il Sergìun sia stato connivente rispetto a condotte illecite. Ma, tralasciando l’aspetto giudiziario che a me poco importa, su un fatto l’inossidabile Abramo non potrà non convenire con il sottoscritto ovvero su come lasci interdetti, dando spazio a grossi interrogativi, la sua incapacità – cronica e manifesta – di non accorgersi di quanto gli accada intorno.

Mi spiego meglio, andando a ritroso nel tempo: scoppia il caso firme false in una lista (talliniana) della coalizione a suo sostegno e…lui lo apprende dalla stampa; saltano fuori le presunte “schede ballerine” (irregolarità del voto in alcune sezioni) con conseguente commissariamento del Municipio e nuove consultazioni solo nelle sezioni sub iudice e…lui che c’entra?; si aprono sul Comune i procedimenti Catanzaropoli, Multopoli e il più recente fra tutti Gettonopoli (mentre anni fa l’allora assessore al Personale Massimo Lomonaco, parlando al telefono con l’ex fedelissimo potente capo ufficio stampa e consigliere politico abramiano Sergio Dragone poco dopo dimessosi per “incomprensioni personali” con lo stesso Abramo, evoca la possibilità che vi sia anche da istruire un’inchiesta denominata Concorsopoli) e il Sergìun che fa? Sempre la stessa cosa, “declina” in italiano la frase gergale: “Ed eu chi sapia e si cosi? Nenta”. Sembra insomma un passante ogni volta che “butta male” capitato a Palazzo De Nobili in quel momento in arrivo da Marte.

Non posso allora non essere assalito da un dubbio atroce ovvero che il Sergìun sia il più grande sindaco a “sua insaputa” della storia repubblicana. Ma c’è di più: come in un affresco monicelliano del cinema neorealista quale I Soliti Ignoti, per pura curiosa coincidenza sia chiaro, nel giorno dell’arresto di Mimmo Tallini, Abramo è a Roma a guidare la protesta dei sindaci calabresi per una “sanità normale” un po’ come il Dante dello straordinario film (l’immenso Totò) che dopo aver venduto l’attrezzatura per un furto con scasso ai “compari” Peppe (Vittorio Gasmann), Tiberio (Marcello Mastroianni) ecc., parte per la casa della sorella in Abruzzo in modo da soggiornare parecchio lontano dalla capitale quando ci sarà il colpo, essendo un sorvegliato speciale per i suoi precedenti.

Parallelismi a parte però, caro sindaco, se è vero che fino a prova del contrario nulla la sfiora sotto il profilo legale (e mi fa anche piacere, ci mancherebbe) a lei e al resto del centrodestra catanzarese non può sfuggire come siate ancora al vertice di Palazzo De Nobili quasi esclusivamente per il lavoro svolto nel 2017 da un signore di nome Mimmo Tallini. Uno che, fra le altre operazioni politiche condotte con successo per far vincere il centrodestra (favorito pure da un Pd autolesionista nel non abbracciare il progetto, sulla carte stravincente in caso di ampia coalizione di centrosinistra, di Cambiavento e di Nicola Fiorita), ha per così dire spaccato sul piano politico la famiglia Noto (al tempo nemica giurata di Abramo per la “guerra dei supermercati” e apertamente schierata dalla parte del suo principale competitor Enzo Ciconte) con la candidatura nelle fila di Forza Italia (primo partito della città in base al responso delle urne) dell’avvocato Modestina Migliaccio Santacroce (eletta nel civico consesso ma subito dopo entrata in Giunta), moglie del cugino della consorte dell’ingegner Floriano Noto Frank.

Malgrado tutto ciò, comunque, il Sergìun è ancora tetragono e saldo in plancia di comando all’insegna del più classico dei “calati junco ca passa la china” (proverbio siciliano secondo cui si reagisce alle difficoltà, aspettando e facendo fronte). Tanto, come ama ripetere ai giovani e scalpitante delfini, la memoria dei concittadini è cortissima e dunque per l’affaire Tallini pare abbia già pronunciato la fatidica frase: sic transit gloria mundi. Tradotto in slang? “Sa futta iddu. A nui chi n’interessa”. Uno “scarico” in piena regola quando persino il più acerrimo rivale di Tallini, l’altro Sergio della politica locale, ha pronunciato nei confronti dell’irriducibile avversario parole di solidarietà umana. Si ricordi allora il noto Mimmo, di fronte a quanto fatto dai “Sergi”: Abramo e Costanzo, un altro prezioso e vecchio adagio: “Dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io”. Stiano però attenti anche Abramo e company a qualche effetto boomerang non ben calcolato. La sensazione infatti stavolta è: “ancora a ma vidi…”.