Catanzaro: soldi, gioielli e sesso per aggiustare processi. Arrestato magistrato della Corte d’Appello

Soldi, gioielli e anche prestazioni sessuali in cambio di favori nei processi. Con questa accusa è stato arrestato Marco Petrini, magistrato della Corte d’Appello di Catanzaro, oltre che due avvocati, uno del foro di Catanzaro e uno di Locri. Marzia Tassone, avvocato del foro di Catanzaro, è stata posta ai domiciliari. All’avvocato del foro di Locri, Francesco Saraco, è stata applicata invece la misura cautelare in carcere.

In tutto sono otto gli indagati nell’operazione della Guardia di Finanza di Catanzaro che ha dato esecuzione all’ordinanza del gip di Salerno su richiesta della Dda del capoluogo calabrese. Sette dei coinvolti sono finiti in carcere e uno (l’avvocato di Locri) ai domiciliari.

Scoperto un presunto sistema di corruzione a favore – appunto – di Marco Petrini, magistrato presidente di sezione della Corte d’Appello di Catanzaro nonché presidente della commissione provinciale tributaria.

Marco Petrini

Le indagini, avviate nell’anno 2018 e interamente coordinate e dirette dalla DDA di Salerno, hanno permesso di ricostruire una sistematica attività corruttiva nei confronti di Marco Petrini. Secondo quanto emerso dalle indagini, gli indagati accusati di corruzione avrebbero promesso e consegnato al magistrato, a più riprese, consistenti somme di denaro contante, oggetti preziosi, altri beni ed utilità, tra le quali prestazioni sessuali, in cambio dell’intervento del magistrato per ottenere, in processi penali, civili e in cause tributarie, sentenze o comunque provvedimenti a loro favorevoli o favorevoli a terze persone concorrenti nel reato corruttivo.

Oltre al magistrato Marco Petrini, una figura centrale sarebbe stato un insospettabile: Emilio Santoro, un medico in pensione ed ex dirigente dell’Asp di Cosenza. Costui oltre a stipendiare mensilmente il magistrato per garantirsi l’asservimento stabile delle funzioni dello stesso si prodigava altresì per procacciare nuova occasione di corruzione proponendo a imputati o a parenti di imputati condannati in primo grado nonché a privati soccombenti in cause civili decisioni favorevoli in cambio del versamento di denaro, di beni o di altre utilità.

Pino Tursi Prato

Le azioni corruttive e documentate anche con attività di intercettazione audio e video servivano anche a fare ottenere il vitalizio a un ex politico calabrese che nel corso della quinta legislatura regionale ricopriva la carica di consigliere della Regione Calabria. Si tratta di Pino Tursi Prato. Quest’ultimo era stato condannato nel 2004 alla pena detentiva di 6 anni di reclusione con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e per tali motivi era decaduto dal relativo assegno vitalizio per la carica rivestita.

È stata altresì accertata nel corso delle indagini la grave situazione di sofferenza finanziaria in cui versava il magistrato arrestato compiutamente ricostruita sulla base di accertamenti bancari e sulla base della conversazioni intercettate. Si trattava di una condizione cronicizzate assolutamente non risolvibile nel breve periodo che poneva il magistrato stabilmente nella necessità di procurarsi la disponibilità oltre lo stipendio di magistrato e compensi quale giudice tributario di somme di denaro in contante anche per mantenere l’elevato tenore di vita.

Durante la perquisizione nell’abitazione del magistrato Marco Petrini è stata rinvenuta è sequestrata la somma contante di 7.000 euro custodita all’interno di una busta. Oltre all’esecuzione delle misure cautelari sono state disposte ed effettuate numerose perquisizioni nei confronti di altri indagati, terzi e società.

In alcuni casi i provvedimenti favorevoli richiesti dal magistrato e dal consigliere regionale  promessi o assicurati erano diretti a vanificare, mediante assoluzioni o consistenti riduzioni di pena, sentenze di condanna pronunciata in primo grado dai Tribunali del distretto di Catanzaro, provvedimenti di misure di prevenzione già definite in primo grado o sequestri patrimoniali in applicazione della normativa Antimafia nonché sentenze in cause civili e accertamenti tributari.

Il giudice avrebbe anche “aiutato” alcune candidate a superare il concorso per diventare avvocato in cambio di prestazioni sessuali. 

Per l’indagine sui processi aggiustati alla Corte d’Appello di Catanzaro sono dunque finiti nei guai il magistrato Marco Petrini, Pino Tursi Prato, Emilio Santoro, gli avvocati Marzia Tassone e Francesco Saraco, e altre tre persone: Luigi Falzetta, residente a Crucoli, Vincenzo Arcuri, alias “a fungia”, di Cariati, e Giuseppe Caligiuri, anche lui di Cariati.