Cetraro, il boss Franco Muto torna a casa: carcere incompatibile con condizioni di salute

Lascia il carcere duro Franco Muto. Il boss di Cetraro lascia il 41bis in favore dei domiciliari. L’uomo, ritenuto il “re del pesce”, 80 anni tra pochi mesi, è rientrato a Cetraro dove sconterà i 7 anni e 10 mesi di carcere per intestazione di beni fittizi nel procedimento scaturito dall’inchiesta Frontiera. L’uomo, assolto dall’accusa di associazione mafiosa nello stesso processo, ha più volte fatto sapere ai giudici, tramite i propri avvocati che il regime del 41bis fosse duro per le sue condizioni di salute.

Il Tribunale delle Libertà ha accolto la richiesta dei legali di Muto. L’istanza di scarcerazione è stata avanzata in diverse occasioni dai suoi avvocati sia dinnanzi al Tribunale delle Libertà che davanti ai magistrati della Cassazione. Ma diversi sono stati i no per la scarcerazione. Nonostante Muto lamentasse diversi dolori legati alle difficoltà di camminare, per i medici il quadro clinico non era mai risultato incompatibile con le regole del carcere duro. I dinieghi da parte dei giudici erano rintracciabili nel timore che una volta tornato a casa, Muto avrebbe potuto riprendere le redini della cosca. Adesso evidentemente non la pensano più così. Per la sentenza del Tribunale di Paola, «il re del pesce» non sarebbe più il capo della cosca di Cetraro ma lo scettro sarebbe passato al figlio Luigi, già condannato in abbreviato nello stesso procedimento e anche lui rinchiuso in regime di 41 bis.

La prima reazione ufficiale alla notizia di Franco Muto tornato a casa arriva dal Pd. “La decisione del tribunale di concedere i domiciliari al boss, Franco Muto, detenuto al 41 bis è assurda, mina la credibilità delle istituzioni e indebolisce chi si batte per la legalità. Il ministro Bonafede si attivi immediatamente”. Lo dichiara il commissario regionale del Partito Democratico della Calabria Stefano Graziano.