Chi è Pierpaolo Bruni

Pierpaolo Bruni

Pierpaolo Bruni è un giovane magistrato che in Calabria sta conducendo (o ha condotto) inchieste vitali per sconfiggere il cancro che attanaglia la Calabria: la massopolindrangheta”.

Lo descrive così Roberto Galullo, un giornalista che noi e (pochi) altri consideriamo una sorta di “Vangelo” per quanto riguarda la matassa politico-giudiziaria.
Chi segue Galullo sa bene che la MASSOPOLINDRANGHETA è un neologismo che spiega la svolta della ‘ndrangheta che si sposa alla politica mafiosa attraverso i buoni uffici dei grembiulini di qualche loggia illegale.

Pierpaolo Bruni ha condotto, tra le altre, le inchieste – sfociate in processi – “Scacco matto”, “Eracles”e “Perseus” in cui il tanfo irrespirabile della massopolindrangheta era stato mitigato dalle ventate di legalità che partivano (anche) dalle sue attività.
Nel processo “Puma” ha avuto i coglioni di perseguire anche Raffaele Vrenna, imprenditore del settore rifiuti, per lungo tempo a capo di Confindustria Crotone. In primo grado, nel giugno 2008, Vrenna fu condannato a 4 anni di reclusione per uno spassoso reato: concorso esterno in associazione mafiosa. Il pm Bruni ne aveva chiesti 10. Condannati, con Vrenna, ex assessori regionali e provinciali e sindaci di centrodestra e centrosinistra. Poi è chiaro che il potere ha fatto di tutto per mitigare ancora la pena ma il segnale è passato. Eccome s’è passato…

Nel mirino del pm i clan delle province di Vibo Valentia, Crotone e Cosenza. Qui dominano casati potenti. E ben inseriti nella politica. Nel vibonese dominano i Mancuso. Una cosca che si è arricchita con il narcotraffico, grazie all’ingaggio di broker internazionali della droga e ai contatti con i paramilitari colombiani, e ha investito quattrini soprattutto a Roma, Milano e Bologna. Il nome in codice dell’inchiesta più importante sui Mancuso è Lybra. Un’indagine che ha svelato complicità politiche e nella massoneria del clan governato dal padrino Pantaleone Mancuso.

Su Crotone il magistrato ha messo in crisi le cosche locali. Che qui si chiamano Arena, Nicoscia, Grande Aracri. Una triade molto ricca che dopo una sanguinosa faida ha siglato la pace in nome degli affari. Criminali feroci che in tempo di guerra non lesinavano il piombo. Negli anni cruenti del conflitto sono state usate persino armi da guerra: bazooka e kalashnikov. Anche i gruppi del Crotonese hanno subito arresti, sequestri di beni e carcere duro. E di Vrenna, altro crotonese purosangue, abbiamo già parlato.

A Cosenza i clan Lanzino e “Rango-zingari” hanno vissuto a lungo senza pensieri. Da qualche tempo però la procura antimafia di Catanzaro ha concentrato l’attenzione su una provincia che dal punto di vista criminale è sempre stata sottovalutata. Per questo la politica corrotta e i clan cosentini poco abituati ai riflettori non sopportano questa pressione.

Ma Bruni va avanti per la sua strada.

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PIERPAOLO BRUNI E L’INCHIESTA WHY NOT


di Roberto Galullo

Pochi sanno che quando a De Magistris furono avocate le inchieste Poseidone e Why Not, a raccogliere il testimone di Why Not – controvoglia per i mille carichi di lavoro – fu proprio Pierpaolo Bruni.
Così come non tutti – forse – ricordano che ad avocare a De Magistris le inchieste Poseidone e Why Not fu proprio quel Dolcino Favi, che in seguito è poi ricomparso come il pg facente funzioni alla Procura generale di Catanzaro che ha in prima battuta negato la proroga dell’applicazione di Bruni presso la Dda. Quando si dicono le coincidenze!
 Ben presto Bruni – che nonostante le perplessità si è gettato anima e cuore sull’inchiesta – si accorse che sarebbe stato più facile correre la Parigi-Roubaix con le ruote sgonfie o a attraversare il deserto con un cammello ubriaco (i cammelli sono golosi di birra, lo sapevate?), che entusiasmare i colleghi di lavoro sull’opportunità di portare avanti l’inchiesta del turpe De Magistris.

Ecco ciò che pubblica il settimanale Panorama (noto covo di comunisti) il 17 luglio 2008: “In una lettera del 10 giugno si legge: «Il gruppo di lavoro esiste solo formalmente poiché soltanto lo scrivente, pressoché in esclusiva negli ultimi mesi, ha posto in essere attività investigative e di impulso alle indagini»: parola di Bruni.
 E parlando con il collega Massari, ecco cosa dichiara lo stesso Bruni il 6 dicembre 2008 alla Stampa: “Parlando di Why Not, Bruni dichiara: «Mi fu sottratto il filone d’indagine “Tesi – Fincalabra” sul quale stavo lavorando da tempo. Nel corso delle riunioni, avvenute tra i colleghi, ho avuto contrasti con il collega De Lorenzo, che adduceva ragioni di carattere tecnico-giuridico per fondare argomentazioni che avrebbero poi portato a stralci e archiviazioni. (…)».

Bene. Mentre noi italiani eravamo travolti e stravolti come degli adolescenti in calore alle fantasmagoriche avventure di “Silvio, Veronica e Noemi” accadeva che la Procura generale di Catanzaro firmava e inviava al giudice per l’udienza preliminare (Gup) la richiesta di rinvio a giudizio per 98 persone delle 106 che nei mesi scorsi avevano ricevuto l’avviso di conclusione indagini dell’inchiesta Why Not. Per altre 7 è stato deciso lo stralcio con l’invio degli atti alla Procura di Milano. Per due esponenti dei servizi segreti (ma guarda tu che caso!) è stata invece disposta l’archiviazione.
Apriti cielo. La politica e la classe dirigente della Calabria coinvolta, tuona contro la lesa maestà. Ma come: tolto dagli zebedei De Magistris c’è ancora qualcuno che osa sfidarci? Poffarbacco: esiste una magistratura indipendente! Maledetto Bruni che ha ritessuto la tela di De Magistris! E maledetti tutte voi, toghe rosse e toghe rotte!

Un giornale locale – non voglio nemmeno nominarlo – ad opera di una penna che non oso neppure pronunciare ma di cui c’è ampia letteratura tra le carte della Procura di Salerno, parla, tra le altre cause, di “vomitevoli e folle raccolta di esposti anonimi che anche il più vecchio e avvezzo cronista abbia mai potuto vedere” alla base dell’inchiesta Why Not.

Italiani, sveglia! Da tempo vò scrivendo che l’inchiesta Why Not è morta e sepolta ma dopo questo scriteriato colpo di dignità della magistratura calabrese che ha chiesto il rinvio a giudizio di 98 persone, tutti i fratelli d’Italia si debbono stringere a coorte e debbono esser pronti alla morte (altrui)!

L’inchiesta, cribbio, non può andare avanti! Maledetto sia De Magistris, Bruni e compagnia indipendente!