Ciao Pino, oggi tutta Cosenza sportiva è in lutto per te

Pino Vecchio era un classe ’63 e quando era ragazzino giocava a pallone dalla mattina alla sera, spesso marinando anche la scuola, ché tanto lo facevano tutti. Nel cuore del quartiere di via Panebianco c’è una traversa che porta in un rione di case popolari rimasto pressappoco come più di sessant’anni fa. E’ il rione di Torre Alta. Negli anni Sessanta, il calcio era il più potente motore di aggregazione sociale a Cosenza e nel quartiere un dipendente dell’Ept, Ente Provinciale per il Turismo, che si chiamava Attilio Flavio, aveva fondato la squadra del quartiere, la Società sportiva Torre Alta.

Ogni squadra di quartiere a Cosenza ha tramandato, di generazione in generazione, vittorie epiche e giocatori leggendari ed era così anche per Torre Alta, dove il mito di atleti come il capitano Gigino Cristo (che in seguito avrebbe giocato per molti anni con la Morrone) e la “freccia” Pino Vivone faceva da sprone ai ragazzini per provare ad emularli. Franco Dodaro continua l’opera di Flavio e all’inizio degli anni Settanta esplode il migliore talento della Nuova Torre Alta, Vincenzo Liguori, classe 1959, che diventerà una colonna del Cosenza Calcio dal 1976 al 1980, quando ancora si valorizzavano i talenti locali.

Pino Vecchio era cresciuto a Torre Alta col mito di questi giocatori e a 12 anni, quando aveva raggiunto l’età per giocare con gli Esordienti, si era buttato a capofitto nella squadra del suo quartiere. Siamo a metà degli anni Settanta. Anche la “nidiata” della quale fa parte Pino ha giocatori in erba molto bravi e talentuosi, e lui si ritaglia uno spazio importante. Gioca in difesa, sia da stopper sul centravanti avversario ma anche da terzino, visto che ha ottime qualità atletiche e gli piace tanto correre su e giù per la fascia, per giunta con una certa eleganza (lui la chiamava “stile” ma forse esagerava simpaticamente…). Nel suo gruppo spiccano per talento calciatori che avrebbero lasciato una traccia anche negli anni a venire: A partire dallo sfortunato Salvatore Bennardo, ala destra fortissima, che nel 1977 sarebbe passato alla Fiorentina e un anno più tardi alla Ternana. Morì a 21 anni in circostanze drammatiche perché si trovava al posto sbagliato nel momento sbagliato ma la sua classe cristallina è ancora ricordata dagli addetti ai lavori più in là con gli anni. Ma c’erano anche Franco Mirabelli, mezza punta, che nel 1978 sarebbe passato al Perugia e poi il libero Roberto De Napoli, la mezzala Francesco Belmonte, il terzino Franco Plastina e naturalmente Pino Vecchio.

La Nuova Torre Alta. In piedi si riconoscono De Napoli, Giordano, Vecchio, Cosenza, Marozzo, Belmonte. Accosciati si riconoscono Bruno, Plastina, Bennardo, Liguori, Mirabelli

Quando gli dissi che mi sarebbe piaciuto scrivere la storia delle squadre di quartiere di Cosenza, Pino si era entusiasmato e mi aveva aiutato a cercare foto e informazioni. E quando parlava della Nuova Torre Alta gli brillavano gli occhi: “Quella squadra – mi diceva – non avrebbe vinto nessun campionato ma riusciva a battere tutti. La foto che ti ho trovato è stata scattata al San Vito in occasione di un Nuova Torre Alta-Cariocas finito 4-1 per noi. Giocare in quello stadio ci esaltava. Disputammo una partita perfetta e fu una delle più belle vittorie della mia esperienza di calciatore”. 

Il Rende Allievi 1979. In piedi si riconoscono Massarini, Leo, Vecchio, Meluso, Perrotta. Accosciati si riconoscono Rizzuti, De Luca, Paura, Fazio

Quando Franco Dodaro lascia la Nuova Torre Alta, Pino Vecchio va a giocare con i “cugini” della Panebianco di Attilio Granata e conferma le sue ottime qualità, tanto che nel 1978 passa al Rende, che in quel periodo gioca in Serie C e cura con grande attenzione il settore giovanile grazie anche ad un tecnico molto bravo e preparato come Antonio Vita, ex colonna del Cosenza Calcio. E saranno altri anni di grande passione per Pino, che gioca al fianco di un campione predestinato come Mauro Meluso (che passerà alla Lazio ed esordirà in Serie A a neanche 18 anni) ma anche di altri ottimi talenti come Massimo Massarini, Rizzuti, Paolo Paura, Sagario, Franco Fazio, Pino Perrotta.

“‘Nu squatruni!” esclamava compiaciuto. Pino avrebbe giocato ancora un paio d’anni, fino all’inizio degli anni Ottanta, con la maglia biancorossa del Rende ma poi aveva deciso di non continuare e di dedicarsi ad altro. Fu così che a metà degli anni Novanta lo conobbi al Quotidiano della Calabria, dove lui faceva parte della “squadra” dei pubblicitari – prima Manzoni, poi Publifast -, determinante per il successo del giornale almeno quanto noi giornalisti.

Ma chi fa sport da quando è solo un ragazzino non può certo smettere di praticarlo e così Pino aveva abbracciato un’altra grande passione: era diventato un runner, un maratoneta se preferite. In fondo, lo aveva sempre fatto anche quando giocava a pallone ma stavolta si cimentava nelle corse e se la cavava alla grande nella sua categoria “Master” e avrà fatto decine di “mezze” e maratone intere, frutto di mesi e mesi di sacrifici, di ripetute, di allenamenti mirati e tutto quanto serve per resistere a 21 o 42 chilometri di corsa continua. Era stato tra i primi runner a far parte della società Cosenza K42 (poi ne sarebbe stato dirigente e anche presidente) e per molti anni ne ha accompagnato il cammino nel quartier generale del camposcuola Coni, inevitabile crocevia per tutti coloro che – agonisti o meno – si avvicinavano alla corsa.

La maledetta malattia, la Sla, lo aveva colpito improvvisamente, senza dargli neanche un mezzo preavviso e tutti ma proprio tutti, quando abbiamo saputo, non siamo riusciti a trattenere un gesto di stizza perché a Pino gli volevano bene tutti, era proprio incapace di tenere il muso a qualcuno o di polemizzare con qualche amico per più di trenta secondi. Ha affrontato la malattia con un coraggio straordinario, accompagnato sempre dalla moglie Nuccia e dalla figlia Mariagrazia. Oggi che non c’è più era giusto ricordare in maniera approfondita quello che è stato Pino per lo sport cosentino e oggi tutti gli sportivi della nostra città non potranno fare a meno di dedicargli un pensiero. Ciao Pino, sei stato un grande compagno di sport per tutti noi. Un grande abbraccio a te e alla tua famiglia, Gabriele Carchidi