Ciaone ai 2 Matteo, grazie Conte e niente Mes. Draghi: le cose dette e quelle non dette

Il governo Draghi ha incassato la fiducia al Senato. I voti espressi sono così ripartiti: con 304 senatrici e senatori presenti, 262 sono stati i voti favorevoli, 40 i contrari, e 2 gli astenuti. Dopo la prova espressa a Palazzo Madama, oggi è la volta della Camera, dove dovrebbe essere altrettanto semplice ottenere la fiducia. I fari ora restano puntati sul Movimento 5 Stelle: sono stati molti i senatori pentastellati a votare contro la fiducia. Ben 15 i senatori a votare in dissenso con il proprio gruppo contro il Governo Draghi. Si tratta di Angrisani, Abate, Ortis, Moronese, Morra, Mininno, Giannuzzi, Lezzi, Lannutti, La Mura, Mantero, Granato, Corrado, Crucioli, Di Micco. Molti di loro, dichiarando la propria intenzione di voto, sono stati durissimi nei confronti del Governo nascente. Tra questi nomi, pesano quelli dei volti storici del Movimento, come Barbara Lezzi e Nicola Morra. Numeri che ora aprono uno squarcio all’interno del Movimento. C’è chi già preannuncia una lettera di Crimi per “cacciare” dal gruppo i dissidenti. Ma non è affatto detto che i dissidenti vadano via, anzi… Ma di questo ci sarà tempo per discutere. Oggi l’analisi dei commentatori è tutta diretta alla decifrazione del “Draghi pensiero”. 

(di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Ieri Draghi ha parlato 53 minuti, 13 in più di Conte per la fiducia giallorosa e 18 in meno di Conte per la fiducia gialloverde. Ma questi sono dettagli trascurabili, almeno per noi che badiamo al sodo, diversamente dai turiferari che annunciavano da giorni un discorso di mezz’ora al massimo per inaugurare la “rivoluzione del linguaggio” e la “svolta della brevità”. Anzi, gli avremmo concesso volentieri qualche minuto in più per uscire dalla vaghezza o dall’afasia su alcuni temi che meriterebbero una parola chiara. Il discorso è stato ottimo sull’ambiente (poi vedremo se si tradurrà in pratica) e sull’euro (vero, Salvini?). Doveroso nel grazie a Conte e al suo governo (9 ministri ora stanno con Draghi). Buono su pandemia e Recovery Plan (sostanziale continuità col governo uscente: altro che fallimento e disastro). Interessante sulla governance accentrata dal Tesoro per controllare e non sprecare i 209 miliardi (ma Conte, che ne proponeva una presso Tesoro, Mise e Affari Ue, non era un dittatore-accentratore?). Generico sulle eventuali modifiche al piano Ue e sulla riforma della Pa. Opportuno, ma un po’ “coda di paglia”, nello smentire il fallimento della politica. Vago sul Reddito e il blocco dei licenziamenti. Ragionevole sul fatto che, a lungo andare, i sussidi dovranno aiutare chi regge il mercato e abbandonare chi non sa riconvertirsi (ma quando la grillina Castelli disse cose analoghe fu lapidata). Saggio sulla progressività del fisco (altro che Flat tax). Propagandistico sulla scuola in presenza e non in Dad (con le varianti Covid, vedremo se Bianchi farà meglio dell’Azzolina, appena promossa dall’Unesco). Perdonabile per le gaffe “da emozione” sui numeri delle terapie intensive e della cassa integrazione (ma, se fosse stato il predecessore, l’avrebbero massacrato).

Ma più di quelle che ha detto contano le cose che Draghi non ha detto. Niente Mes (benissimo: avevano ragione Conte, M5S, Gualtieri, i sovranisti e torto il Pd, FI, Iv, Calenda, Bonino e tutti i giornaloni). Niente Costituzione e mafia solo in replica (malissimo). Zero conflitto d’interessi (male per noi, bene per certi ministri “tecnici”, FI e Iv). Un cenno di circostanza alla corruzione (male). Non una sillaba sulla blocca-prescrizione di Bonafede (chiesta dalla Ue), che finora tutti tranne i 5S volevano cancellare, provocando le dimissioni del Conte-2. Scelta comprensibile per chi vuol governare un mese e vincere facile. Ma chi vuol governare due anni (o uno?) deve sciogliere anche i nodi divisivi: prima o poi la politica, anche se è commissariata, presenta il conto.

Ps. Eccellente il richiamo a Russia e Cina sul rispetto dei diritti umani. Noi, parlando con pardòn, ci avremmo aggiunto pure l’Arabia Saudita.