Coronavirus, Inps: poco attendibili i dati della Protezione civile. I morti sono quasi 19mila in più

L’Inps rivede i conti della pandemia: secondo uno studio dell’Istituto di previdenza, in Italia tra marzo e aprile ci sarebbero circa 19mila vittime in più concentrate sopratutto al Nord (+84%). Decessi dovuti al coronavirus che sarebbero sfuggiti alle stime quotidiane della Protezione civile «ormai poco attendibili» secondo l’Istituto di previdenza. Mancherebbero all’appello soprattutto le persone morte in casa (e non in ospedale) e quelle che non sono state sottoposte a tampone. Dalla Protezione civile per ora nessun commento, del resto di tratta di dati che non vengono considerati paragonabili.

Le vittime

Nello studio «Analisi della mortalità nel periodo di epidemia da Covid-19» l’Inps evidenzia come a gennaio e febbraio i decessi in Italia sono stati 124.662, 10 mila in meno rispetto alla baseline (determinata come media dei decessi giornalieri negli anni 2015-2019 ponderata con la popolazione residente). Poi c’è stata un’inversione di tendenza: i morti tra marzo e aprile sono arrivati a 156.429, ovvero 46.909 in più rispetto alle attese. Di questi, solo 27.938 sono stati dichiarati decessi per coronavirus. «Tale quantificazione, condotta utilizzando il numero di pazienti deceduti positivi fornito su base giornaliera dal Dipartimento della Protezione Civile, è considerata, ormai, poco attendibile». La stima, infatti, è influenzata «dalla modalità di classificazione della causa di morte» e dall’esecuzione di un test con esito positivo. Inoltre, «se il decesso avviene in casa è molto difficile il tampone venga fatto».

Le morti per coronavirus

«A questo punto ci si può chiedere: quali sono i motivi di un ulteriore aumento di decessi pari a 18.971, di cui 18.412 tutti al Nord?» scrive l’Inps. La risposta è chiara: tenuto conto che il numero di decessi è piuttosto stabile nel tempo,«con le dovute cautele si può attribuire all’epidemia in atto una gran parte dei maggiori decessi avvenuti negli ultimi due mesi».

Fattore esterno

Secondo i dati Inps, i decessi tra marzo e aprile al Nord sono aumentati dell’84% rispetto alla media degli anni precedenti a fronte di un aumento del 11% al Centro e del 5% al Sud. Inoltre, «la distribuzione territoriale dei decessi strettamente correlata alla propagazione dell’epidemia e la maggiore mortalità registrata degli uomini rispetto alle donne è coerente con l’ipotesi che la sovra-mortalità sia dovuta a un fattore esterno, in assenza del quale una eventuale crescita di decessi dovrebbe registrare delle dimensioni indipendenti sia dal territorio che dal sesso». L’Inps aggiunge che «il 94% dei deceduti nel 2020 sono soggetti che percepivano una o più tra questi prestazioni: pensione, assegno sociale, invalidità civile, indennità Inail e assegno di accompagnamento».

Le conseguenze del lockdown

L’andamento dei decessi tra marzo e aprile, secondo l’Inps, «è stato condizionato non solo dall’epidemia, ma anche dalle conseguenze del lockdown». Conseguenze negative come «persone morte per altre malattie perché non sono riuscite a trovare un letto d’ospedale o perché non vi si sono recate per paura del contagio». Ma anche conseguenze positive come «la riduzione delle vittime della strada o degli infortuni sul lavoro». In ogni caso, conclude l’Inps, «per comprendere al meglio le vere conseguenze dell’epidemia si dovrà aspettare di debellare completamente il virus, con il vaccino o una terapia antivirale efficace».