Cosenza 2021, sinistra a pezzi: anche i movimenti si inchinano alla paranza

La sindrome di Tafazzi non appartiene solo al Pd e ai suoi vari satelliti (pratica posta in essere per favorire intrallazzi e accordi politici trasversali) ma anche ai “movimenti antagonisti e civici di sinistra”. E fin qui, stando alla storica propensione dei movimenti di sinistra a frammentarsi in mille sigle e siglette, ci può pure stare. Quello che non ci sta è scoprire che i motivi delle tante scissioni o spaccature che si consumano all’interno della vasta galassia dei “movimenti”, sono gli stessi di quelli del Pd: personalismi, egocentrismo, e i soliti interessi di bottega materiali e politici.

Un tempo non era così: le scissioni avvenivano per questioni squisitamente politiche, mentre oggi a “dividere” sono solo “ragioni” di carattere materiale travestite da motivi politici. A comporre il multiverso dei Movimenti civici di sinistra “associazioni cittadine” con il “pallino” della solidarietà, della legalità e dell’ambientalismo, ma anche collettivi politici e attivisti sociali di ogni ordine e grado. Ciò che li accomuna è la condivisione dei tre principi che stanno alla base di ogni possibile rivoluzione (non necessariamente di natura violenta): libertà, uguaglianza e fratellanza. Ciò che li distingue è la pratica politica: c’è chi prega per la soluzione della fame nel mondo, c’è chi fa i flash mob per l’ambiente, chi distribuisce generi di prima necessità a profughi e diseredati vari, chi vaga per il mondo con bisturi e garze per curare le ferite delle tante vittime innocenti delle guerre imperialiste sparse sul pianeta, chi occupa strade, piazze e case con operai, studenti, disoccupati e senza tetto. Giusto per fare qualche esempio. Insomma tanti modi “creativi” di manifestare il proprio dissenso che hanno però un obiettivo comune: fermare l’autodistruzione del pianeta.

Ma su una cosa tutti concordano: nelle democrazie occidentali, l’unico modo per cambiare lo status quo è quello di “misurarsi” sul piano elettorale con le potenti lobby dei partiti, al netto ovviamente dei proclami pronunciati dai soliti quattro gatti convinti, un po’ per atteggio, un po’ per dirsi anticonformista con in tasca il bancomat di papà, che l’unica strada da percorrere per arrivare al cambiamento è quella di organizzare in rivolta la “violenza proletaria”. Salvo poi conformarsi, per quieto vivere e per mantenere i privilegi acquisiti, nel “segreto dell’urna” al sistema.

Di esperienze, grandi e piccole, di movimenti civici, che hanno raggiunto le “stanze del potere”, elettoralmente parlando, e provato a cambiare un po’ di cose, ce ne sono tante. Certo, quella del cambiare dall’interno il “potere”, è una strada lunga e tortuosa, ma provarci è diventata una condizione indispensabile per tutti quelli che hanno veramente a cuore le sorti economiche e sociali delle proprie comunità. Una strada che ogni attivista politico prima o poi si ritroverà a percorrere. Ed è proprio partendo da questa premessa che la Cosenza “antagonista (nel senso più ampio del termine)” è da tempo che prova a centrare questo possibile risultato: entrare “nelle stanze del potere”. Dalla lista Ciroma, fino ad arrivare a Formisani sindaco, passando per la candidatura di Peppino Mazzotta, tutti i tentativi di scalare il potere sono falliti. Oltre il muro delle 2000 e passa preferenze non si è mai andati. I movimenti non hanno mai piazzato un solo consigliere a palazzo dei Bruzi. Questo è un dato oggettivo. Triste, ma oggettivo. Un tentativo che ovviamente non mancherà di essere presente anche in questa imminente campagna elettorale per la conquista della poltrona di sindaco della città di Cosenza.

I 10 disastrosi anni di amministrazione Occhiuto che hanno prodotto il commissariamento del Comune per debiti che si aggirano sui 350 milioni di euro, volgono al termine, e il bilancio sociale ed economico, è drammatico. Ma nonostante ciò si è formata la fila dei candidati alla carica di sindaco di Cosenza. E la domanda sorge spontanea: perché “tutti” vogliono fare il sindaco di una città commissariata, distrutta sotto il profilo dei servizi e della viabilità, e con i soliti problemi atavici di sanità, acqua, spazzatura e degrado dei quartieri? Perché in tanti si “scannano” per amministrare una città che presenta solo problemi e che una persona dotata di qualche neurone e di buon senso non accetterebbe mai di “guidare” neanche se la nomina a sindaco arrivasse direttamente dal presidente della repubblica? La risposta cosi come la domanda arriva spontanea: tutto ruota attorno alla montagna di denaro che sta per travolgere la città di Cosenza. Dai denari destinati al recupero del centro storico, a quelli indirizzati per la costruzione del nuovo ospedale, e poi la cittadella della salute, e soprattutto i denari provenienti dall’Europa. Una stima verosimile parla di almeno 600 milioni di euro, parte dei quali saranno amministratati direttamente dal Comune di Cosenza che avrà il ruolo di “stazione unica appaltante”. Come a dire: io me la canto e io me la suono.

Ora, la prima ovvia considerazione che passa per la testa a chiunque mastichi un po’ di politica, e soprattutto a chi da sempre si pone all’opposizione sociale di questo “sistema”, è questa: ma se per un appalto come quello di piazza Fera (poco più di 18 milioni di euro, più intrallazzi vari) è successo tutto quello che sappiamo, dalle infiltrazioni mafiose dei Muto, dei Morabito, e dei clan locali rappresentati al tavolo della spartizione dell’appalto da Francesco Patitucci (per i malandrini di cartone: questa cosa è scritta nell’ordinanza “Passepartout” condotta  della Dda di Catanzaro, che è un atto “pubblico”, non lo diciamo noi), alla collusione tra politici e massoni, figuriamo cosa succederà quando Cosenza vecchia diventerà un cantiere. Progettazione, fornitura materiale, smaltimento rifiuti, movimento terra, guardiania, i subappalti dei subappalti, tutti lavori che dovranno essere assegnati e i favoriti saranno ancora una volta i clan e i soliti professionisti collusi, oltre ai soliti prenditori travestiti da costruttori e imprenditori. Una vera e propria miniera d’oro per la già potente massomafia cosentina, che come si sa gode di impunità giudiziaria garantita da magistrati corrotti, e di alte coperture politiche. Un paradiso in terra.

Ed è questo il principale motivo che spinge i vari gruppi di potere locale a mettere in campo il proprio cavallo. Garantirsi un posto a tavola è l’unico vero motivo. Il voto di un consigliere nella prossima consiliatura vale tanto, e non ci riferiamo al misero stipendio. Fare ‘mmasciate in tempi di assegnazioni di appalti e di determine dirigenziali liberalizzate, ha un suo perché. E tutti potete capire quale. L’amico in Consiglio, per gli amici degli amici, è una figura importante. E quello che si prefigura è il solito film: in questo clima di isola felice che è Cosenza, i clan locali e non solo, insieme, alla politica collusa e alla magistratura corrotta, coadiuvati da imprenditori senza scrupoli, saccheggeranno impunemente le risorse destinate alla città, e chi si è visto si è visto. È sempre andata così, ed è così che anche questa volta andrà.

Fermare tutto questo dovrebbe essere un impegno civico e politico di ogni sincero attivista, ecco perché era importante creare una alternativa elettorale ai soliti cartelli politici. Mettere in campo una forte linea di sbarramento elettorale ai soliti marpioni e ladroni, doveva essere l’ossessione di tutti, l’obiettivo principale da raggiungere. E chi meglio dei movimenti poteva e può rappresentare l’alternativa al marcio sistema politico? Nessuno! Ma purtroppo anche questa volta non si è riusciti a fare sintesi e presentarsi agli elettori tutti uniti. Diversi segmenti che compongono il Movimento hanno preferito boicottare ogni tentativo di unire le forze per ragioni che esulano dalla politica.

A prevalere, come succede nel Pd, personalismi e egoismi di natura privata e personale, ma anche perché si preferisce il quieto vivere alla lotta politica, che come si sa, per chi la fa onestamente, porta solo guai. Mettere i bastoni tra le ruote a chi organizza i pacchetti di voti, non è salutare: l’influenza delle paranze che si preparano al saccheggio, è arrivata anche all’interno dei movimenti. Meglio restare fuori da certi discorsi e soprattutto non disturbare gli amici degli amici, che possono tollerare una candidatura perdente come quella di Formisani che in fin dei conti non dice niente e non ha nessuna possibilità di vittoria, e fa pure “colore”, ma non certo un largo cartello sociale con un forte e autorevole candidato con serie possibilità di vincere o quantomeno arrivare ad un ballottaggio. Questo non si può fare. Fino a che si resta entro certi limiti, le paranze tollerano, ma quando si toccano gli affari tutto cambia e i problemi non tardano ad arrivare.

Restare fuori da questi problemi è stato il vero motivo della mancata unità dei movimenti, anche se nessuno lo dirà mai apertamente. Meglio 100 anni da intellettuale del nulla, piuttosto che una campagna elettorale da leoni.