Cosenza, anche il Gattopardo prende le distanze dalla Petrocca

Se c’è una cosa che a Cosenza è chiara sono le sue ombre. E non è un ossimoro. A Cosenza niente è come appare, anche quando tutto sembra evidente e palese. Cosenza è la città dove luce e oscurità si mischiano, dove bene e male si confondono, dove verità e menzogna camminano a braccetto. Non c’è limite né frontiera all’ambiguità della politica, e delle istituzioni cittadine che del malaffare hanno fatto il loro unico credo. Cosenza, una città a tinte fosche dove tutto è permesso, e dove tutto si può comprare: impunità, silenzio, dignità e onestà, il tutto ammantato da un misero velo di falso perbenismo sociale e squallida retorica istituzionale. È questa la vera e cruda anima della città, governata, di fatto, da una cupola massomafiosa che decide da sempre il nostro destino e che in questo “contesto politico/sociale” ha trovato il giusto habitat per riprodursi e diventare sempre più forte.

Nella città dove la corruzione è elevata a sistema e la collusione considerata “cosa buona e giusta”, capita che il questore della città, non avendo altro da fare, impieghi il suo tempo e il suo personale per promuovere una vera e propria crociata contro gli antagonisti cittadini, colpevoli di denunciare il malaffare che regna in città. E questo non per amore di giustizia (della serie: la legge è legge) come vorrebbe far credere il questore ai cittadini (che non ci cascano perché conoscono bene le priorità criminali in città), ma per mero spirito di vendetta nei loro confronti.

Le azioni giudiziarie messe in campo dal questore Petrocca contro chi si oppone alla dilagante corruzione, sanno molto di rappresaglia per qualche torto subito. Ma quale sia il torto subito non è chiaro, o meglio lo si può ipotizzare: al questore non è andata giù la contestazione messa in atto dal collettivo Fem.in sotto la sede della questura, che con un gesto plateale ha criticato il retorico e ipocrita approccio delle istituzioni al problema della violenza sulle donne, un argomento tanto caro alla dottoressa Petrocca che sul “tema” sta costruendo la sua carriera. E questo ha provocato in lei una spropositata reazione, sollecitata dal dirigente De Marco che con gli antagonisti ha tanti conti aperti, adducendo come scusa un classico: il rispetto della legge vale per tutti, e sanzionare chi le infrange è il loro mestiere. Dimenticandosi però di sottolineare che un questore, prima ancora che sanzionare un manifestante, si preoccupa di garantire la legalità in città, e Cosenza è ben lontana da questo “obiettivo”, come dice chiaramente la Dia nella sua relazione semestrale. Usura e pizzo vanno alla grande (lo dicono i carabinieri nella loro relazione annuale), il livello di spaccio di coca e porcarie simili ha raggiunto livelli da allarme sociale, e le ‘ndrine trafficano tranquillamente con politici, istituzioni e imprenditori. Il tutto condito da una dilagante corruzione a tutti i livelli.

Come tutti possono vedere di cose da fare la Petrocca ne avrebbe, ma pare che non le interessi altro: la caccia ai manifestanti è diventata la sua unica occupazione, non vede altro. Infatti non vede, ad esempio, quello che succede nei suoi uffici. Non vede che c’è chi lavora a cose più serie, come interrogare assessori, consiglieri comunali, e tanto altro. Ha occhi solo per i “sovversivi”. Potrebbe dedicarsi a queste cose, impiegare meglio il personale, supportando chi lavora su indagini delicate e faticose come il “voto di scambio” politico/mafioso, e invece preferisce impiegare uomini e mezzi contro i manifestanti. Sottraendo cospicue risorse economiche ad importanti indagini che il buon senso investigativo (di cui sono dotati tutti i poliziotti) e una forte e matura coscienza sociale intrinseca a chi occupa ruoli istituzionali delicati, pongono al primo posto come priorità criminale da affrontare. E non serve a niente dire come giustificazione che ogni “reparto” si occupa di un determinato “reato”: le emergenze restano emergenze, e in quanto tali vanno affrontate mettendo in campo tutte le risorse possibili. E Cosenza è una città in emergenza massomafia. Le multe, ai manifestanti, di fronte a questo drammatico quadro, si possono anche rimandare. Ma forse la Petrocca non riesce a vedere neanche questo. Oppure c’è qualcosa altro che non va.

Ad esempio potrebbe essere che la Petrocca indaga sui pezzotti e poi la procura non procede. Una ipotesi verosimile. Ma non è questo il caso. La Petrocca sa poco di quello che succede nei suoi uffici, e questo la rende estranea agli intrallazzi tipici della procura e compari. La Petrocca non si presta ad inciuci e roba simile, sperava solo di svolgere il suo compito di questore di passaggio (come i suoi predecessori) in tranquillità, in attesa di essere trasferita al ministero a Roma, dove aspira ad arrivare. Ma questa storia ha ulteriormente complicato il suo già precario trasferimento. L’interrogazione parlamentare prodotta su di lei, in cui si chiede conto al ministro di verificare la correttezza del suo operato nella richiesta della sorveglianza speciale a due giovani attivisti, ha acceso un faro su di lei che non ha gradito. O meglio, ha aumentato la luce del faro che qualcuno aveva già acceso su di lei e che lei sperava si spegnesse. Invece questa storia l’ha alimentata. Ed è per questo che l’azione messa in campo dalla Petrocca contro gli antagonisti, a differenza del passato, non è il solito complotto ordito dalla procura cittadina con l’aiuto del questore (com’è successo in passato) e dirigenti di polizia, per far un piacere agli amici degli amici… per la Petrocca, è una questione squisitamente “personale”. La sua carriera e il suo trasferimento, per tutto questo, potrebbero essere seriamente compromessi.

La Petrocca è rimasta incastrata in qualcosa che non aveva previsto, e da cui non può più uscire. È costretta a portare avanti la sua crociata contro i “sovversivi”, fino alla fine. Una crociata alla quale non ha aderito il procuratore capo Gattopardo che ci tiene a prendere le distanze dall’azione del questore aprendo una inchiesta sui furbetti del cartellino, proprio su denuncia della Fem.in, le stesse che il questore vuole sottoporre a libertà vigilata. Il che la dice lunga sui rapporti tra la procura e il questore. È chiaro che non è solo questo il motivo del conflitto tra la Petrocca e il Gattopardo, ci sarà sicuramente dell’altro: se il Gattopardo prende le distanze dal questore, state certi che qualcosa c’è, perché come abbiamo detto all’inizio niente, a Cosenza  è come appare, a maggior ragione quando l’attore protagonista è il Gattopardo. Ma questa è un’altra puntata.