Cosenza, appalti e lavori restano un affare di famiglia: il caso dei coniugi Guzzo&Veltri

A Cosenza non cambierà mai niente e lo si capisce osservando l’arroganza con cui l’amministrazione pubblica continua, senza ritegno, la turpe pratica del clientelismo e del familismo amorale. A Cosenza puoi aver studiato una vita per raggiungere ottimi risultati, puoi aver fatto sacrifici inenarrabili per raggiungere un grado di conoscenza professionale ad alti livelli, puoi avere tutti i meriti di questo mondo che tanto qualche Pinco Pallino amico di, figlio di, marito di, nipote di, pronto a soffiarti quello che per competenza e capacità ti spetterebbe di diritto, c’è sempre. Il merito a Cosenza non paga.

Di più: a Cosenza c’è anche chi ha tutte le fortune di questo mondo. Gente che non conosce il significato della parola crisi, disoccupazione, precariato. Ed è il caso dei coniugi Renata Veltri e Giampiero Guzzo. Entrambi ingegneri ed entrambi dipendenti pubblici. La signora Veltri svolge il ruolo di ingegnere al Comune di Cosenza, e il signor Guzzo svolge la professione di ingegnere al Comune di San Martino di Finita.

E fin qui niente di male, al netto della fortuna di avere entrambi un lavoro sicuro, se non fosse che l’ingegnere Guzzo, stanco di viaggiare tutti i giorni per recarsi sul posto di lavoro a San Martino di Finita, richiede ed ottiene il trasferimento momentaneo (un anno rinnovabile- part time 30 ore settimanali) presso il Comune di Cosenza. E da allora l’ingegnere fa coppia fissa con il sindaco Occhiuto. Una bella svolta per l’ingegnere Guzzo: il lavoro sotto casa e il piacere di lavorare fianco a fianco alla moglie. Talmente fianco a fianco da diventare il direttore dei lavori dell’appalto relativo al completamento dei lavori di pavimentazione di corso Mazzini (la piazza davanti alla fontana di Giugno) dove la moglie è la responsabile unica  del procedimento. Come a dire: il controllore la moglie, il controllato il marito. Tutto in famiglia.

Certo, non c’è niente di illegale in questo, ma una “questione morale” si pone: è mai possibile che tutto ciò che è pubblico a Cosenza deve essere considerato sempre e solo come un affare di famiglia?