Cosenza, bimba gravemente malata non può tornare a casa per mancanza di assistenza domiciliare e di una stanza attrezzata

di Francesca Canino

Jacqueline è una bambina ricoverata all’ospedale civile di Cosenza dallo scorso mese di febbraio a causa di una infezione da pneumococco che, nonostante le cure, le ha provocato grossi danni al cervello. È in stato vegetativo con necessità di assistenza ventilatoria da febbraio.

Oggi la bambina potrebbe lasciare l’UO di Terapia Intensiva Pediatrica dell’Annunziata e tornare a casa, a Rombiolo in provincia di Vibo Valentia, dove l’attendono i genitori, i due fratellini e il resto della famiglia. Ma al momento ciò è impossibile perché la piccola non troverebbe un ambiente idoneo alle sue condizioni di salute. La famiglia vive in una casa popolare composta da due stanze, manca uno spazio da riservare esclusivamente alla piccola che, per continuare a vivere, necessita di apparecchiature che ne sostengano la respirazione e l’alimentazione.

La famiglia ha fatto richiesta di un appartamento popolare con una stanza in più rispetto a quella in cui vive ora, specificando che sarebbe meglio se le venisse assegnata una casa a Vibo, in quanto è di vitale importanza avere un ospedale vicino. Nessuna risposta è giunta finora. Ha fatto anche domanda all’Asp per poter usufruire dell’assistenza domiciliare, visto che Jacqueline ha bisogno di un ventilatore per respirare, una pompa che permetta la sua alimentazione attraverso una gastrostomia; assistenza continua per mantenere pulite le vie respiratorie, la tracheostomia e la gastrostomia; assistenza fisioterapica.

In tutta la regione non esiste una struttura in grado di accogliere e assistere bambini come Jacqueline, che non sono pochi, ma sono completamente ignorati dalle istituzioni. L’unica soluzione per dare a questi bimbi un po’ di calore umano resta il ritorno a casa, in famiglia, che però deve essere supportata da una sufficiente e adeguata assistenza sanitaria domiciliare, che sarà concessa, ma per un tempo troppo limitato. Può essere sufficiente e adeguata un’assistenza domiciliare di 90 minuti al giorno, suddivisi in più turni, e per tre/quattro giorni la settimana, esclusi i festivi? Una soluzione che ha gettato nello sconforto la giovane madre di Jacqueline, inesperta in pratiche sanitarie e con altri due bimbi molto piccoli da accudire. La donna teme di non essere in grado, almeno per i primi tempi, di poter curare la bambina nella giusta maniera ed è cosciente che un errore potrebbe essere fatale.

La piccola non può più rimanere all’Annunziata, in una Terapia Intensiva non più necessaria per le sue condizioni, e neppure tornare nella sua casa dove non sopravvivrebbe, viste le attuali condizioni e l’assistenza domiciliare concessa per poche ore a settimana.

Ci chiediamo se l’Asp e i servizi sociali del comune in cui risiede la famiglia di Jacqueline hanno compreso la gravità della situazione e se hanno intenzione di aiutare la sfortunata bambina. Ci chiediamo anche se in Calabria esiste ancora il garante per l’infanzia e se ci sono e operano le varie associazioni di volontariato che solitamente scendono in piazza a raccogliere fondi periodicamente. È, infatti, ipocrita propugnare i diritti dei minori, dei malati, degli indigenti, parlare di aiuti alle famiglie dei disabili e assistere poi ai soliti teatrini dello scaricabarile o del disinteresse o del “non si può fare”. La bambina ha bisogno di una casa, di cure continue, di affetto, non sarà certo l’insensibilità delle istituzioni a impedire che possa vivere come un essere umano merita.