Cosenza, diritto all’aborto: le attiviste di Fem.In. si incatenano davanti all’Azienda Ospedaliera

di Fem.In. Cosentine in lotta

NON CI VOGLIONO LIBERE E ALLORA NOI CI INCATENIAMO!

Questa mattina siamo all’ingresso dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza a protestare contro la precarietà costante in cui versano i servizi sanitari dedicati alle donne. Primo fra tutti quello dell’interruzione volontaria di gravidanza. Ieri il dottor Filippelli ha dichiarato che il servizio era stato ripristinato, ma così non è. A meno che la manifestazione di interesse pubblicata ieri sull’albo pretorio dell’Annunziata non vada deserta come sempre accaduto in questi casi – si veda il Molise- , se tutto va bene, ci vorrà agosto, il diritto all’aborto a Cosenza rimane costantemente minacciato. Noi ci incateniamo qui. Ribadiamo che un solo medico non obiettore non basta. L’Azienda Ospedaliera, l’Asp e la Regione devono farsi carico della problematica. Non ci vogliono libere e allora noi ci incateniamo! Resteremo qui ad oltranza fin quando i vertici dell’Azienda Ospedaliera e del reparto di Ginecologia e Ostetricia non ci riceveranno.

“A Cosenza la politica nega il diritto all’aborto: ora basta”. Le richieste di Fem.In.

Se siamo arrivate a questo punto è perché chi in questi anni si è seduto in consiglio regionale e ai vertici delle aziende sanitarie e ospedaliere, oltre ai proclami (e ai falsi in bilancio), non ha mai voluto tutelare il diritto all’aborto. Primari e coordinatori di reparti di ginecologia e consultori, nominati dalla politica, si dicono obiettori di coscienza. Cosa potevamo aspettarci?

Nelle cliniche private però, le interruzioni volontarie di gravidanza si facevano con zelo, perché garantire un diritto equivaleva a ingenti profitti.

Ad oggi, abortire in provincia di Cosenza significa andare a Castrovillari, dove è disponibile soltanto l’IVG chirurgico e dove anni fa siamo andate personalmente a togliere dal reparto manifesti pro vita che colpevolizzavano le donne che abortiscono.

Per il resto in nessun altro presidio ospedaliero dell’ASP di Cosenza è possibile interrompere una gravidanza, ne chirurgicamente, né farmacologicamente.

Nel 2019, come FEM.IN., abbiamo dovuto raccogliere centinaia di firme per introdurre la pillola abortiva all’Annunziata. Un metodo utilizzato da oltre dieci anni nel resto d’Italia, qui non era mai arrivato.

Da due anni in altre regioni lo stesso metodo farmacologico è stato introdotto direttamente nei consultori, evitando l’ospedalizzazione e agevolando le donne in termini logistici ed economici.
Mentre altrove, seppur con lentezza, si progredisce, a Cosenza non è più possibile abortire nell’ospedale hub della provincia.

Diffidate dalle dichiarazioni indignate e dalle promesse di chi o per disinteresse o per controllo non ci vuole libere di decidere sulle nostre vite.

Oggi più che mai, se noi non lottiamo, nessuno lo farà al nostro posto.

Le nostre richieste:

1) Assunzione immediata di almeno due ginecologhe/ginecologi che non pratichino l’obiezione di coscienza, presso l’Azienda Ospedaliera.

2) Open data sull’applicazione della L. 194 e che l’azienda ospedaliera e quella sanitaria rendano disponibile un tracciamento reale con i numeri di tutte le figure mediche obiettrici e non.

3) Applicazione da parte della Regione delle Linee Guida per l’aborto con metodo farmacologico, che introducono la RU486 nei consultori e nei presidi ospedalieri dell’ASP. Con istituzione di relativa voce di spesa nel bilancio regionale.