Cosenza e la massomafia di stato. Il Gattopardo ha perso la memoria ma il Csm e Lupacchini si ricordano tutto

Entra defilato, passo lento (magari come chi ha subito da poco un’operazione alla prostata o magari solo per fare “scena”), abbiglio impeccabile, capello squadrato, sguardo perso nel vuoto e viso tirato. Si presenta così il Gattopardo, in veste di parte offesa, davanti alla prima sezione penale del Tribunale di Salerno presieduta dalla sua amica Viviana Centola. È spaesato il Gattopardo, anche se in qualità di querelante, l’espressione stampata sul suo viso somiglia molto a quella di un imputato. Forse non si aspettava in aula la presenza del nostro avvocato di fiducia Nicola Mondelli, e sperava di essere “esaminato” da qualche avvocato d’ufficio. La sua agitazione è palpabile, l’imprevisto, ovvero la nostra presenza, lo ha reso inquieto e ansioso. Si sforza a mostrare una apparente calma, tradita però, dai tanti farfugliamenti di cui sarà preda durante tutto il suo esame. Insomma, più che un gattopardo (questa volta in riferimento al nobile felino selvatico) a noi ci è parso un timoroso micetto spelacchiato in cerca di protezione e sicurezza dalla sua amica messa là dai poteri forti della massoneria deviata di stato alla quale appartiene ormai da decenni.

Attenersi al piano escogitato con i suoi amici di Salerno è la sua sola ancora di salvezza, e dopo aver declinato le sue generalità, l’esame del Gattopardo ha inizio, non prima però della richiesta ufficiale da parte del nostro avvocato di poter procedere al controesame dei testi indicati dalla Procura, all’esame dei testi indicati nella lista della difesa (Lupacchini, De Magistris, Calabrese), e di poter depositare presso la Corte la documentazione che attesta l’esistenza di una istruttoria avviata dal CSM nei confronti della Procura di Cosenza. E qui forniamo, anticipatamente, al giudice Centola la prova che il nostro avvocato ha annunciato in aula che abbiamo recuperato non dai servizi segreti o chissà da quale segreta confraternita, ma semplicemente cliccando il sito di Radio Radicale che come si sa registra tutte le sedute del Plenum del CSM. Basta saper usare internet.

Questo è il link https://www.radioradicale.it/scheda/665477/consiglio-superiore-della-magistratura-plenum/plenum-del-csm al cui interno è contenuta la registrazione audio dell’assemblea del “Consiglio Superiore della Magistratura (Plenum)”, svoltasi a Roma mercoledì 13 aprile 2022 alle 10:30 che dura 4 ore e 27 minuti. Ma non dovete ascoltarla tutta, la parte che consigliamo di ascoltare al giudice Centola si trova al file n.3 e inizia al minuto 15 e finisce al minuto 42,50. A parlare sono i componenti del CSM che approvano con 10 voti a favore e 7 contrari, quello che loro stessi (nell’audio) definiscono una “visitina alla procura di Cosenza” guidata come tutti sanno dal Gattopardo. Di più: i consiglieri nel rispedire alla commissione l’ingarbugliato (sempre a parere del CSM) caso Cozzolino/Manzini, annullando di fatto tutto ciò che era stato deliberato prima su tale vicenda, comunicano al Plenum anche l’esistenza di un atto deliberato da tempo, rimasto disatteso, che dispone una istruttoria sull’operato, non di quel togato di un Cozzolino, ma su quello dell’intera procura guidata sempre dal Gattopardo, e non certo da nostra nonna. Più prova di così si muore, a parlare è il CSM che ha capito che c’è qualcosa che non va nel Tribunale di Cosenza, e in particolare sull’operato di alcuni pm appartenenti alle cerchia del Gattopardo, dalle frequentazioni pericolose. Che dobbiamo fare di più!

Stabilito che il Gattopardo citato nei nostri articoli corrisponde al procuratore capo Mario Spagnuolo, il pm (togato) parte con le prime domande per lo più mirate a stabilire la veridicità o meno dei contenuti degli articoli ritenuti diffamatori dal querelante. Quello che scriviamo sul Gattopardo è, oramai, patrimonio collettivo: il procuratore capo di Cosenza Mario Spagnuolo è un personaggio di spicco della potente loggia massomafiosa guidata dall’avvocato Pittelli. Da qui l’utilizzo del suo ruolo per garantire a se stesso, e ai fratelli di loggia, impunità e utilità. Questo il succo della nostra “diffamazione”. Aggettivi a parte.

Nello specifico degli articoli sottoposti al giudizio del Tribunale di Salerno facciamo riferimento all’utilizzo improprio del suo ruolo di procuratore capo (ma anche capo del pool, inesistente, per i reati contro la pubblica amministrazione, insieme a Cozzolino) per insabbiare le tante inchieste (finite a tarallucci e vino) “gestite” dalla Manzini sulla corruzione a palazzo dei Bruzi, nell’era di Occhiuto. Ed è proprio dopo una serie di denunce tra il pm Cozzolino e l’aggiunta Manzini (nota pettinatrice di bambole e amica del cuore di quel tutto chiacchiere e distintivo di un Morra) che il CSM ha deciso di volerci vedere chiaro. In sostanza e in estrema sintesi, Cozzolino accusa la Manzini di avergli scippato le inchieste sui colletti bianchi che lui doveva tutelare, e la Manzini si giustifica dicendo che Cozzolino è incompatibile con le inchieste sulla pubblica amministrazione perché intimo amico di Carmine Potestio già capogabinetto dell’ex sindaco Occhiuto e indagato in diversi procedimenti penali. Una “amicizia”, quella tra Cozzolino e Potestio, provata dalle intercettazioni della Dda di Catanzaro e Salerno, e dalla oramai famosa foto, pubblicata sul nostro sito, sottotitolata a “cena con l’indagato”.

Ma non diciamo solo questo, in diversi altri articoli ricordiamo il risultato dell’inchiesta – non ispezione – del dottor Lupacchini presso il Tribunale di Cosenza, che proprio l’ex magistrato dopo la deposizione di Spagnuolo ha ricordato per filo e per segno  (https://www.iacchite.blog/cosenza-la-verita-di-lupacchini-fu-lombardi-a-dire-che-era-stato-pittelli-a-far-insabbiare-la-mia-inchiesta-sulla-procura/) e nella quale descrive il Gattopardo come una sorta di “eminenza grigia” impegnato ad insabbiare il primo processo alla ‘ndrangheta cosentina denominato “Garden” utilizzando il processo Chiappetta come un “grimaldello” (https://www.iacchite.blog/cosenza-lispettore-lupacchini-spagnuolo-usato-processo-chiappetta-un-grimaldello/), per proteggere, attraverso l’abile manipolazione dei pentiti, il livello politico coinvolto nell’inchiesta.

E per finire lo “rimproveriamo” di aver chiesto e ottenuto, come contropartita ai tanti insabbiamenti di inchieste a carico degli amici degli amici, l’assunzione del nipote Giampaolo Calabrese come dirigente al Comune di Cosenza.

Il tutto, ovviamente supportato da carte che testimoniano e attestano che a mettere nero su bianco la “biografia del Gattopardo” prima di noi sono stati, nell’ordine: Franco Pino (pentito di ‘ndrangheta che nel febbraio 1999 dichiarò: “La magistratura di Cosenza manipola le mie affermazioni! Ci sono gravissime irregolarità nella gestione dei verbali relativi alle mie deposizioni”, riferendosi al Gattopardo e a Serafini); la dottoressa Manzini nella denuncia al Csm; due interrogazioni parlamentari a firma di ben 9 deputati del Movimento 5 Stelle dove si chiedeva una ispezione presso la procura di Cosenza; le dichiarazioni dell’ex giudice Petrini; le intercettazioni di Ferdinando Aiello; “l’inchiesta Lupacchini”, e per finire, ma non per ultimo, la relazione dei consiglieri del CSM. Carta canta. Ora, la Centola può condannarci anche all’ergastolo, ma non potrà mai cambiare la verità dei fatti, gli stessi che il Gattopardo, nel descrivere la sua persona in aula, si ostina a negare.

Sollecitato dai pm, il Gattopardo ripercorre e ricostruisce il “romanzo criminale cosentino” stravolgendo la verità storica e giudiziaria dei fatti criminali avvenuti in città, con la consapevolezza di chi mente sapendo di mentire. Diciamo più prosaicamente che ha perso la memoria, visto anche che l’età avanza. E non può fare altrimenti. Deve attenersi al copione, anche se ha ben capito di essere stato scoperto. La sua è una farsa destinata a durare poco. Solo la Centola può accettare la narrazione del Gattopardo come “verità”. E il perché è presto detto: gli episodi criminali narrati dal Gattopardo sono ben noti a tutti i cosentini, sovvertirne la dinamica e le “conclusioni” è pressoché impossibile, lo sgamo della chiacchiera, quando qualcuno osa farlo, è assicurato. Sgamo che avviene ancor di più se a “rovesciare i fatti” è uno come il Gattopardo, indiscusso protagonista della storia criminale cittadina degli ultimi 35 anni… tutti sanno che non può non sapere, ed è per questo che le chiacchiere che escono dalla sua bocca sono più evidenti di quelle degli altri. Il che evidenzia, senza ombra di dubbio, la necessità del Gattopardo di mentire, prodotta da una coda di paglia lunga chilometri. Sa bene che sarà sgamato, e nonostante ciò non rinuncia a spararle grosse (senta e trema):

Alla domanda: “Conosce il direttore di Iacchite’?”, il Gattopardo risponde con la prima di una lunga serie di chiacchiere: “no, non lo conosco, se dovessi incontrarlo per strada non saprei riconoscerlo”.  Chi non riconosce, a Cosenza, Carchidi… Ma questo è niente: nel descriversi come il buono che combatte i cattivi, racconta di non aver mai avuto niente a che fare con i pentiti, e di aver sempre combattuto la mafia ottenendo ottimi risultati come la condanna degli assassini della buonanima del dottor Cosmai. Ora, tutti sanno che Franco Pino parlava oltre che con l’allora nascente Dda di Catanzaro, anche con Spagnuolo, titolare del fascicolo sull’omicidio Chiappetta (http://www.iacchite.blog/franco-pino-e-spagnuolo-il-gioco-delle-tre-carte-con-grimoli-per-il-delitto-chiappetta/), come tutti sanno com’è finito il processo “Cosmai” (http://www.iacchite.blog/cosenza-e-la-mafia-lomicidio-di-sergio-cosmai-e-la-pace-tra-i-clan/), ma nonostante ciò Spagnuolo parla di condanne che non ci sono state, e di incontri con pentiti, testimoniati da documenti, mai avvenuti.

E non finisce qui, dice di aver lavorato così tanto da ottenere nelle sue operazioni contro la criminalità organizzata cosentina la bellezza di ottanta condanne ad altrettanti ergastoli. Tutto questo è stato verbalizzato, dice proprio 80 ergastoli. Una chiacchiera grande quanto la porta del nostro Duomo. E’ un fiume, che a tratti si ingorga, di chiacchere. Ne racconta una dietra all’altra, una raffica di falsi storici e giudiziari che gridano vendetta. Nega tutto, finanche di essere stato oggetto di inchieste giudiziarie, e di essere al centro di una inchiesta del CSM. Cosa ovviamente non vera, come abbiamo già detto, basta ascoltare l’audio di Radio Radicale, o leggere le archiviazioni di cui ha goduto. Solo perché sollecitato dal nostro avvocato ammette di non essere a conoscenza dell’esistenza o meno, all’oggi, di inchieste a suo carico. Come a dire: siccome non posso dire di no perché mi hanno sgamato, ma non posso dire neanche di si, dico che “non lo so, ma non lo escludo”. Che equivale a dire “qui lo dico e qui lo nego. O molto più cosentinamente parlando: si jetta avanti ppe un cada arriati.

L’apice dello spettacolo arriva quando il pm chiede al Gattopardo se è conoscenza del contenuto, da noi riportato in più articoli, dell’ispezione ministeriale curata dall’allora ispettore dottor Lupacchini. E la risposta data dal Gattopardo, oltre a nascondere un preciso messaggio, evidenzia anche una studiata e pensata soluzione al suo problema: “no non l’ho mai letta”, dice il Gattopardo, e comunica al presidente di averne fatto richiesta e di aver ricevuto dal ministero una copia illeggibile piena di omissis. E aggiunge: “questo documento, è un documento segretato e non può essere divulgato”. Che tradotto vuol dire: “Caro Lupacchini (il suo peggior incubo) sappi che se intendi venire qui a testimoniare citando la tua “relazione” dove sostieni la mia collusione con i pentiti, commetti un reato, perché come sai il documento è riservato, e la mia amica Centola saprà come fartela pagare”.

E’ questo il suo obiettivo: fermare Lupacchini, se il dottor Lupacchini non testimonia il Gattopardo può sostenere che il documento pubblicato da noi è un falso. Una minaccia bella e buona coperta dalla Centola che può chiedere al ministero copia del documento, e risolvere subito il problema, cosa che si guarda bene dal fare.

Ma è nel finale che si supera, alla domanda del pm: “Lei conosce Giampaolo Calabrese?”, il Gattopardo risponde sì, e quando il pm gli chiede se è suo parente lui risponde di no e dice: “non è mio nipote, è il nipote di mia moglie”. Come dire: non è mio cognato, è il fratello di mia moglie… è chiaro che rientra nella categoria parenti acquisiti, ma pur sempre un parente è. Pur di non ammettere di aver ricevuto un piacere da Occhiuto con l’assunzione a chiamata diretta, in barba a tutte le regole, di Giampaolo Calabrese, nega di essere suo zio, acquisito, ma sempre suo zio. Nessuno dice del figlio della sorella o del fratello della propria moglie, no, questi non sono miei nipoti. È la prima volta che sentiamo una cosa di questo tipo. Ma tant’è. Ed è con questa affermazione negazionista, che la dice lunga sulla dignità del Gattopardo, che si conclude, dopo circa 40 minuti, l’esame del procuratore capo di Cosenza. E per recuperare il clima da Tribunale di Putin di cui vi abbiamo parlato nella puntata di ieri (https://www.iacchite.blog/salerno-viviana-centola-lamica-del-gattopardo/), il presidente Centola prima di dare la parola alla difesa, avverte il nostro con questa frase: “vediamo di fare in fretta che ho poco tempo, ho impegni più importanti, ho due direttissime ancora da giudicare”. Tanto a che serve difendersi, aggiungiamo noi, la sentenza di condanna, la Centola, come vi abbiamo raccontato, l’ha già scritta. E, sempre con decenza parlando, chissenefrega…. Il vero processo al Gattopardo lo farà molto presto il CSM e finalmente lo caccerà a calci nel sedere dal porto delle nebbie di Cosenza.

2 – Fine