Cosenza, ecco come Occhiuto ha svuotato le casse comunali (di Matteo Olivieri)

COSENZA | «Ecco come Occhiuto ha svuotato le casse comunali»

di Matteo Olivieri

Sulla ormai famosa deliberazione n. 66/2019 con la quale la Corte dei Conti attesta il «grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi intermedi fissati dal piano di riequilibrio finanziario pluriennale» del Comune di Cosenza, si sta scrivendo da anni ormai sulla stampa locale e nazionale. Eppure finora nessuno è riuscito a far capire ai cittadini la portata del meccanismo di «falsificazione» del bilancio comunale messo in piedi in maniera sistematica per aggirare la normativa degli enti locali. Ebbene sì, il termine appare in tutta la sua crudezza in più parti della citata deliberazione, e si riferisce all’operato del sindaco, dei dirigenti tecnici che si sono succeduti nel periodo 2015-2018, del Consiglio comunale e perfino dei Revisori dei Conti. Un paragrafo valga per tutti: «si deve evidenziare che i risultati di amministrazione conseguiti negli esercizi 2015-2018 risultano falsati – rectius, alterati in melius».

Nella deliberazione dei giudici ce n’è per tutti: il Comune di Cosenza è accusato di non aver computato correttamente in bilancio tutta una serie di voci (tra cui anticipazioni di liquidità, fondi di accantonamento, fondi di rotazione e debiti fuori bilancio); il responsabile economico-finanziario del Comune dal 2017 non ha fornito adeguate attestazioni sui debiti fuori bilancio, nonostante che la loro presenza sia acclarata, tanto da «costringere i creditori a pignorare l’intera cassa disponibile»; il Consiglio Comunale – la cui prerogativa è quella di riconoscere i debiti fuori bilancio e di esercitare ogni opportuno controllo della spesa «al fine di valutare la coerenza degli stessi con gli interessi dell’ente» – mancato di esercitare le proprie prerogative; l’organo di revisione dei conti «ha erroneamente calcolato le percentuali di riscossione in conto residui […] rendendo le tabelle compilate dai Revisori in punto di riscossione in conto residui del tutto inattendibili».

La Corte dei Conti in più parti stigmatizza questi comportamenti e chiede formali spiegazioni prima di esprimersi in camera di consiglio. In particolare, i giudici valutano come fatto «di estrema gravità» che non sia stato possibile ricostruire i debiti fuori bilancio accumulati dal Comune di Cosenza nel 2017 e 2018 «a causa della lacunosità delle informazioni fornite dall’Ente». Da un punto di vista tecnico-contabile, i giudici lamentano poi l’assenza e/o la dimensione fortemente sottostimata dei fondi di accantonamento previsti dalla legge, e l’erronea imputazione di liquidità alla voce “residui passivi” anziché ai fondi di accantonamento specificamente previsti dal Testo Unico degli Enti Locali (TUEL).

L’azione congiunta di questi due fattori ha prodotto – secondo i giudici – effetti espansivi sulla capacità di spesa dell’ente comunale, con una conseguente «sovrastima della parte disponibile» per le casse comunali. Insomma, quello che i giudici contestano non è soltanto il fatto che «il risanamento promesso dal Piano di Riequilibrio Finanziario Pluriennale – al suo sesto anno di vigenza – è ben lungi dal realizzarsi», bensì il fatto che la mancata realizzazione degli obiettivi del Piano è dipeso da prassi contabili perseguibili a norma di legge, nonché dalla generale assenza di un efficace controllo dei conti, tanto da indurre i giudici a rettificare in più punti le stesse dichiarazioni e conteggi prodotti dall’Organo dei Revisori dei Conti.

Tradotto in parole più semplici: il Comune di Cosenza è chiamato a fornire giustificazioni sul perché la capacità di spesa dell’ente comunale sia stata aumentata fittiziamente allo scopo di spendere più soldi del dovuto. I giudici delineano i contorni di un gigantesco castello di carte, realizzato falsando i dati di contabilità in modo che questi indicassero una capacità di spesa di fatto inesistente. Secondo i giudici contabili, chiunque ha messo mano al bilancio comunale nel periodo 2015-2018 è reo di aver approvato– a vario titolo – un documento contabile che la Corte dei Conti definisce in più parti «del tutto inattendibile», «inaffidabile», «incompleto». Una vicenda talmente inaudita da risultare a prima vista incredibile. Eppure è tutto vero!

Il meccanismo funziona pressappoco così: il Comune di Cosenza per anni ha sovrastimato di almeno il doppio le entrate dell’Ente (frutto di alienazioni immobiliari, riscossione dei tributi comunali, recupero dell’evasione) e sottostimato di almeno la metà le uscite effettive. Le stime inattendibili hanno causato la crescente carenza di liquidità, per far fronte alla quale il Comune ha pagato – in alcuni casi, solo in parte – le spese correnti usando impropriamente fondi vincolati, destinati per altro. Dopo di che, il Comune è riuscito ad ottenere frequenti anticipazioni di liquidità dalle banche, ma – anziché iscrivere le somme immediatamente a bilancio nell’apposito fondo vincolato previsto dalla legge, e quindi procedere nel percorso di risanamento dell’Ente, ha preferito impegnare tali somme per ulteriori spese correnti, in un vorticoso castello di carte che allargava a dismisura la capacità di spesa non-vincolata del Comune (sottraendo risorse per le spese vincolate), ma rendeva via via più fragile la struttura del bilancio comunale.

Come se non bastasse, il Comune ha pagato i debiti ricorrendo ad anticipazioni di liquidità, cioè creando nuovo debito, ma senza pagare quelli precedenti. I creditori più vecchi sono stati pagati in parte o non sono pagati affatto, e si è realizzato un castello di carte cresciuto a vista d’occhio senza che nessuno di quelli che avrebbe dovuto controllare ha mai visto nulla. Insomma, nel tentativo di spendere quanti più soldini possibile, il Comune ha smesso di accantonare le somme obbligatorie per legge, e – addirittura – ha usato fondi vincolati come se si trattasse di liquidità libera, dando così il via alla “belle epoque” occhiutiana fatta di «spese per investimenti privi di copertura finanziaria».

A completare il quadro bisogna aggiungere poi il capitolo dei debiti antecedenti all’era Occhiuto, che l’attuale giunta in carica non solo non ha mai inteso pagare, ma addirittura – così dicono i giudici – non ha mai nemmeno formalmente iscritto a bilancio, come nel caso dei debiti verso il servizio idrico antecedente alla Sorical (19,5 milioni di euro), né ha aderito ad alcun piano di rientro. Tutto ciò, è proibito dalla legge…ma l’andazzo in essere sembra piuttosto “prendi i soldi e scappa”! Così, secondo la Corte dei Conti, dei circa 65 milioni di euro concessi al Comune di Cosenza a titolo di anticipazioni di cassa nel solo 2018, appena 49,4 milioni sono stati restituiti, mentre altri 15,8 milioni non si sa che fine abbiano fatto. Stessa dinamica anche nel primo trimestre del 2019, tanto che i “sospesi di cassa” del 2019 non sono sufficienti neppure a reintegrare le quote non rimborsate a fine 2018. In un caso, quello relativo ai debiti verso il «commissario per l’emergenza ambientale della Regione Calabria, da ripianare entro l’esercizio 2018», né i Revisori dei Conti né il Comune sono stati in grado di chiarire se le scadenze di pagamento programmate nel piano di rientro siano rispettate o meno. Si tratta di altri 12 milioni di euro.

La grave crisi di liquidità che sta ormai avvolgendo il Comune di Cosenza è aggravata dal «continuo ricorso al’istituto delle anticipazioni di tesoreria, con conseguente esposizione a costi eccessivi per interessi passivi». Inoltre, i giudici scrivono che una ulteriore parte dei «debiti sono rimasti occulti», a volte a causa di un «quadro istruttori incompleto». Stessa storia anche per altri fondi di accantonamento previsti obbligatoriamente per legge (come il fondo rischio di soccombenza, spese legali e indennità di fine mandato) ma inspiegabilmente non inseriti a bilancio. Addirittura – si legge nella relazione dei giudici – «l’assenza degli accantonamenti per indennità di fine mandato del Sindaco, già stigmatizzata dai Revisori all’1.1.2015, continua a permanere negli esercizi 2015,2016, 2017, e 2018», mentre – per quanto attiene al fondo rischi – i giudici evidenziano che «nel 2015 e nel 2016 il Comune non ha effettuato in bilancio alcun accantonamento a copertura, nonostante la presenza di contenzioso in atti».

Tra l’altro, ciò implica che qualora il Comune soccombesse di fronte ad un processo, o andasse incontro a spese legali impreviste (come nel caso della Metrotramvia), o per qualsiasi altro contenzioso (per esempio la sussistenza di debiti fuori bilancio, come quelli collegati a debiti Sorical), non si troverebbero soldi nel bilancio e quindi si graverebbero i cittadini di eventuali secondi esborsi. Oltre al danno, pure la beffa. A completare il quadro – secondo i giudici contabili – si aggiunge il non ben quantificato ammontare della “massa passiva” (anche per quanto riguarda la società partecipata AMACO), e la aleatorietà delle scadenze temporali di rimborso dei debiti, tale per cui i giudici hanno avuto perfino difficoltà a capire la natura dei debiti che venivano rimborsati e la loro causale, definendo questa situazione col termine «debiti occulti».

Insomma, nonostante l’esistenza di un Piano di Riequilibrio Finanziario Pluriennale predisposto nel 2012, il Comune di Cosenza ha sempre fatto di testa sua, dandosi a spese allegre prive delle necessarie coperture finanziarie e creando debiti su debiti, di cui quelli inseriti a bilancio sono solo la punta dell’iceberg. I nodi però sono venuti al pettine e trovano conferma nel «netto peggioramento della liquidità dell’Ente alla data del 31 dicembre 2017», passata da 8 milioni di euro del 2016 a 603 mila euro del 2017, con la conseguente mancata restituzione di Tesoreria al 31 dicembre 2017 di ben 11 milioni e 900 mila euro. ad ulteriore colpa degli amministratori locali vi è quella di essersi attribuiti il merito di essere riusciti negli anni a ridurre i tempi di pagamento verso i fornitori, tacendo però per il fatto che tale riduzione fosse solamente fittizia, in quanto spiegabile appunto con l’accensione di nuovo debito (anticipazioni di cassa) da parte del Comune di Cosenza.

I giudici però hanno finalmente scoperchiato questa prassi contraria alla legge e che ha portato Cosenza, nel volgere di pochi anni, a peggiorare sensibilmente lo stato di salute delle casse comunali, tanto che ad oggi la cassa risulta «integralmente pignorata». Questa situazione fuori da ogni regola è stata ora correttamente delineata dai giudici, secondo cui «tutto ciò induce a ritenere che non solo il percorso di risanamento intrapreso non stia dando i suoi frutti, ma anche che l’Ente non appare strutturalmente in grado di reperire le risorse necessarie per garantire il pagamento delle spese di funzionamento in via ordinaria». Appare chiaro che, in queste circostanze, l’attuale amministrazione comunale appare esautorata di ogni autorevolezza e nessuna azione di risanamento sarà mai possibile se non cambia il quadro istituzionale! Non serviva un profeta per capire che la Città di Cosenza si avviasse dritta verso il dissesto finanziario, visto che la Corte dei Conti ha cestinato integralmente l’attuale bilancio comunale e imposto – finalmente! – di ripartire daccapo.