Cosenza, i buchi neri del porto delle nebbie: la discarica di Sant’Ippolito e il ruolo dell’impresa Amato

Sant’Ippolito era un presbitero e martire di Roma. Sant’Ippolito è anche il nome di una piccola frazione di Cosenza che, per lunghi anni, ha ospitato una terribile discarica – spremuta come un limone dalla borghesia mafiosa della città -, ora abbandonata ma mai bonificata e spesso al centro di storie incredibili. Che oggi vi raccontiamo ancora una volta.

Il Movimento Cinquestelle, dopo aver chiesto un’ispezione ministeriale al Tribunale di Cosenza meglio noto come porto delle nebbie per chiedere conto di decenni di insabbiamenti, di corruzione e di malagiustizia, per come noi raccontiamo ormai da anni su Iacchite’, ha fatto una clamorosa marcia indietro.

Una sorta di ingloriosa “avanzata spagnola e ritirata francese” tanto per far capire a tutti di che parliamo. Troppo pericoloso ficcare il naso nel porto delle nebbie, dal momento che non è certo la prima volta che il Tribunale di Cosenza finisce nell’occhio del ciclone. Dal 1987 ad oggi sono state ben tre le ispezioni ministeriali che si sono “insabbiate” nel porto delle nebbie con tutto il loro perverso intreccio di poteri forti e interessi inconfessabili.

Riprendiamo la cronologia di 30 anni di nefandezze, coperture, insabbiamenti e persecuzioni “mirate” al porto delle nebbie di Cosenza. Dopo l’ispezione-farsa del 1987, messa a tacere e neutralizzata grazie alla morte del procuratore Oreste Nicastro, la reazione dei magistrati si era materializzata con gli arresti di sindaco e assessori della “giunta rossa” di Spezzano della Sila e con quello di Pino Tursi Prato nell’ambito della guerra tra bande nel Psi, con Giacomo Mancini strenuo avversario e oppositore.

Nel frattempo, Alfredo Serafini si era insediato, in perfetta continuità con i suoi predecessori Cavalcanti e Nicastro, e dopo le due operazioni ad orologeria politica, e il porto delle nebbie non aveva mosso un dito per cercare la verità su due omicidi di stato rimasti ancora irrisolti: Roberta Lanzino e Denis Bergamini. Due delitti pienamente “cosentini” nonostante la competenza territoriale ricada sulle procure di Paola e Castrovillari.

Arrivano gli anni Novanta. Giacomo Mancini ha candidato a sindaco il figlio Pietro, giornalista della Rai, che ottiene un grande risultato in termini di preferenze. Non c’è ancora l’elezione diretta del primo cittadino e le giunte si decidono alla fine di estenuanti interpartitiche.

Le giunte rosso-verdi alla Provincia e al Comune di Cosenza nascono tra mugugni e contestazioni nel Pci e nel Psi. Al Comune è stato eletto sindaco, il 7 agosto 1990, Pietro Mancini. In giunta assieme a Psi, Pci, Psdi, Pri, e verdi (i partiti che costituiscono la maggioranza anche alla Provincia), è entrato anche il rappresentante liberale in consiglio. In Provincia, invece, il presidente è un comunista, Damiano Tursi.

Giunta Pietro Mancini
(7.8.1990/9.12.1991, Psi, Pds, Pri, Pli, Verdi, Psdi)
Ambrogio Franco (Pci-Pds, vicesindaco, Bilancio); Cannata Sergio (Verde, Ambiente);
Chiappetta Antonio (Psdi, Cultura); Conforti Serafino (Psdi, LLPP); Fiorentino Antonio (Psi, Affari generali); Frammartino Domenico (Psi, Spettacolo, Sport); Giuliani Claudio (Pri, Urbanistica); Greco Ferdinando (Psi, Igiene); Lucente Maria (Pci-Pds, Trasporti); Medaglia Francesco (Pci); Minelli Pietro (Pli, Decentramento); Perri Francesco (Psi, Personale);
Note: – l’assessore Medaglia scompare pochi giorni dopo l’elezione e gli subentrerà Veltri Paolo (Pci-Pds, Attività econ.)

LA DISCARICA DI SANT’IPPOLITO

A pochi chilometri da Cosenza, si erge a sud delle sue colline, Sant’Ippolito, un piccolo borgo nel quale gli abitanti della città trovarono rifugio nel X secolo per fuggire dalle invasioni saracene. Prende il nome dallo stesso santo patrono, un soldato romano del terzo secolo d.C. che, secondo la leggenda, subì il martirio trascinato da cavalli e il cui culto conobbe nei secoli scorsi una certa diffusione. A tal proposito è diventata una ricorrenza fissa la festa, che si celebra ogni estate, dedicata all’omonimo santo. La caratteristica di quest’evento è di aver mantenuto immutate nel tempo alcune tradizioni che la rendono interessante anche per gli appassionati della cultura popolare. Nei giorni dedicati al patrono (la festa ha il suo culmine il 13 agosto), sacro e profano si mescolano e il piccolo borgo, alle porte della città, diventa punto d’attrazione per i vari centri circostanti. Ma purtroppo, anche in questo luogo, non mancano i problemi.

Sant’Ippolito, in particolare, all’inizio degli anni Ottanta viene individuato dai “papponi” della Dc e del Psi come la pattumiera della città. E’ proprio in quel periodo che viene aperta una discarica grandissima e impressionante. Viavai di camion, scarico di rifiuti anche tossici e pericolosi. C’è persino una leggenda metropolitana che narra di cadaveri sotterrati.

All’alba degli anni Novanta, però, la gente di Sant’Ippolito si ribella e scende in piazza. Sono soprattutto le donne e i bambini a mobilitarsi per dire basta. E il sindaco dell’epoca, Pietro Mancini, è costretto a chiudere definitivamente la discarica dopo giornate di grande passione. Era il 1991. 

LA CADUTA DELLA GIUNTA MANCINI La guerra tra bande all’interno del Psi cosentino è tutt’altro che conclusa e la tregua delterminata dall’elezione a sindaco di Pietro Mancini dura lo spazio di un mattino. Sono sempre i fratelli Gentile che fanno guerra al vecchio leone socialista. E così, a luglio del 1991, i Mancini ritirano la delega all’assessore gentiliano Fernando Greco e il 12 ottobre ’91 il sindaco presenta le dimissioni e la Giunta decade dopo poco più di un anno.

“… Non era mai accaduto che un potente assessore venisse cacciato dalla giunta per “scarso impegno”. Pietro Mancini, figlio dell’ onorevole Giacomo, sindaco socialista di Cosenza a capo di una giunta rosso-verde, lo ha fatto ritirando la delega a un suo compagno di partito. Ed è stata la crisi, perché l’ assessore messo alla porta ha raccolto attorno a sé gli scontenti del Psi e del Psdi, consiglieri che passano con facilità dall’ uno all’ altro partito, e ha trattato con una parte della Dc e i leghisti di Delle Chiaie per dare vita a una nuova amministrazione. E’ stata così presentata una mozione di fiducia costruttiva che sulla carta non aveva la maggioranza perché alcuni consiglieri dc rifiutavano l’ accordo al di fuori dei partiti. La Dc nazionale ha sconfessato l’ accordo localmente gradito al ministro Riccardo Misasi, ma l’ operazione all’ ultimo minuto è stata annullata con le dimissioni del sindaco. Adesso torna tutto ai partiti. La situazione è confusa e non è avventato paventare il ricorso alle elezioni anticipate. Mancini, dimettendosi, ha detto che l’ aggregazione avversaria voleva mettere le mani sul nuovo piano regolatore, per gestirlo secondo quelle logiche che hanno portato al degrado urbanistico della città. Affari di miliardi dipendono dalle scelte che verranno fatte e il sindaco dimissionario ha detto chiaro e tondo che obiettivo di chi ha firmato la sfiducia costruttiva nei suoi confronti non era certo il bene pubblico(Fonte: La Repubblica)“.

LO SCANDALO DELLA DISCARICA MAI BONIFICATA

A ventisette anni dalla sua chiusura, l’ex discarica di Sant’Ippolito resta ancora ferma lì in attesa di bonifica della zona.

Un sito dismesso da tempo che non ha mai cessato di essere un problema per la gente che vi vive accanto. Un pericolo costante per la salute pubblica. Posta sotto sequestro, l’area è stata classificata, nel 2002, ad alto rischio e in Infrazione Comunitaria 2003-2007 ed occupa il tredicesimo posto in una classifica che comprende i 600 siti più pericolosi della Calabria. L’iter di bonifica si è fermato solo al progetto, nonostante la procura della Repubblica di Cosenza abbia aperto un’inchiesta. Che, come al solito, è stata archiviata e non ha portato a nulla, coinvolgendo tutto il “meglio” della malapolitica cosentina. 

Ma il nulla, anzi l’assenza di una recinzione ha consentito a chiunque nel tempo di continuare a disfarsi di rifiuti di ogni genere, anche di tipo pericoloso come cemento-amianto e copertoni di auto, spesso dati alle fiamme. L’area è stata dunque accessibile anche agli animali da pascolo e la presenza di acque inquinanti ha causato nei giorni piovosi il ruscellamento del percolato nel fiume Crati che scorre a poche decine di metri.

Una vera e propria emergenza che, tuttavia, per chi di competenza non pare essere tale. Anche qui (come nelle frazioni vicine), anziché sfruttare le potenzialità del luogo (che sarebbe potuto diventare polo d’attrazione turistica), si è preferito procedere con la politica dell’abbandono. Dimenticando come sempre le vittime di tutto ciò: i cittadini costretti a respirare i veleni e che, purtroppo, troppo spesso si ammalano di tumori. E il numero è in costante crescita.

Fumi pericolosi si levano ancora dal sito che ha ospitato per decenni la discarica di Sant’Ippolito. Le emissioni non sono visibili nella parte più prossima alla strada che collega la frazione con il capoluogo, bisogna scendere a valle, nelle vicinanze del fiume Crati, per notare che i fumi e i rifiuti sono sempre là.

Pneumatici e immondizia di ogni genere giacciono numerosi sul terreno, la vegetazione è brulla, una volpe morta, forse avvelenata dalle sostanze tossiche del sito, è l’emblema dei veleni che l’uomo ha disseminato nel territorio.

La discarica “tal quale” ha accolto la spazzatura di un vasto territorio ed è a tutti gli effetti l’ennesimo disastro ambientale della Calabria. Rifiuti di ogni genere, anche di tipo pericoloso come cemento-amianto e pneumatici, sono stati, spesso, dati alle fiamme. L’area è stata purtroppo resa accessibile agli animali da pascolo e il percolato ha raggiunto il fiume Crati che scorre a poche decine di metri. L’iter di bonifica è da anni fermo solo al progetto, e in questa vicenda le responsabilità del porto delle nebbie – nel quale ormai si sta facendo strada il “giovane” Spagnuolo – sono gravissime. 

Solo pochi anni fa, l’ex discarica tornò alla ribalta delle cronache cosentine in seguito ai fumi che si levavano dal terreno arso, su cui non era più cresciuto nemmeno un filo d’erba. Le vecchie discariche, infatti, presentano problemi relativi all’emissione di percolato e biogas che possono essere dannosi per la salute anche per centinaia di anni. La bonifica in queste aree risulta necessaria.

La popolazione delle frazioni di Cosenza, Donnici, Borgo Partenope, Sant’Ippolito e di Pietrafitta, su cui ricade buona parte della discarica, hanno spesso manifestato le loro preoccupazioni per le continue fuoriuscite di percolato e per i fumi emanati nei mesi estivi. Il rischio più grave è che siano state contaminate le falde acquifere del Crati e pregiudicata la salubrità dell’ambiente.

A Sant’Ippolito si sono registrati molti casi di tumore, tanto che nel 2014, esattamente il 27 gennaio, si riunì il Consiglio comunale per deliberare sullo “Stato di degrado e di abbandono delle frazioni (Donnici Inf. e Sup., Borgo Partenope e Sant’Ippolito) e di alcuni particolari quartieri (via Popilia, Gergeri, Casali e Centro Storico) della città. Alto tasso tumori registrato nelle zone a sud ed in particolare tra Donnici e S. Ippolito da attribuire probabilmente alla presenza della discarica in disuso in località S. Ippolito”. Cosa si deliberò in quella sede?

“IL CONSIGLIO COMUNALE
UDITA la lettura del documento trascritto nel dispositivo seguente;
VISTO l’esito della votazione palese, per alzata di mano, proclamato dal Presidente, con l’assistenza degli scrutatori precedentemente designati, che è il seguente:
– componenti dell’Assemblea presenti: n.15 (Sindaco, Ambrogio, Bozzo, Caputo,Caruso, Commodaro, De Cicco, Gervasi, Morrone, Nigro, Nucci, Paolini, Perri F., Spadafora G., Spataro);
– voti favorevoli: n. 14 (Sindaco, Ambrogio, Bozzo, Caputo, Caruso, Commodaro, Gervasi, Morrone, Nigro, Nucci, Paolini, Perri F., Spadafora G., Spataro);
– voti contrari: n. 1 (De Cicco);
– astenuti: nessuno;
D E L I B E R A:
— Di approvare il documento, qui allegato, che di seguito testualmente si trascrive:
«Il Consiglio Comunale
Preso atto del dibattito svoltosi
Impegna
l’Amministrazione ad elaborare un piano di monitoraggio delle matrici ambientali dei siti a rischio che insistono nel territorio comunale. In ogni caso chiede che l’Amministrazione solleciti gli Enti preposti alla messa in sicurezza immediata ed urgente dei relativi siti, in ambito comunale, ed in particolare quelli di Sant’Ippolito e Borgo Partenope».

Inutile dire che nulla è stato fatto.
A distanza di sei anni dalla delibera comunale, il sito della discarica è rimasto tal quale, i veleni hanno continuato a uccidere persone e territorio, i Por per recuperare le aree contaminate sono scaduti, le leggi sono state violate e i soliti noti si sono, come sempre, arricchiti.

L’INSABBIAMENTO AL PORTO DELLE NEBBIE

I “papponi” di Dc e Psi, dunque, hanno buttato di tutto nella discarica di Sant’Ippolito: c’è chi dice che abbiamo persino sotterrato cadaveri e che interrassero continuamente rifiuti molto pericolosi, come si evince dalle centinaia di morti per tumore che si sono registrate e continuano a registrarsi a Sant’Ippolito.

Ma veniamo agli ennesimi scandalosi insabbiamenti del porto delle nebbie per la discarica di Sant’Ippolito.

Nel 2013 in molti avevano visto con i loro occhi fumi di autocombustione levarsi dalla discarica e i cittadini avevano espresso la loro preoccupazione, determinando l’inchiesta (parola grossa se abbinata al porto delle nebbie!) della procura di Cosenza. Se ne occupò, a quanto ci riferiscono i cittadini, il pm Domenico Assumma, che diede incarico (udite udite!) ai docenti universitari Stefano Curcio e Luigino Filice di effettuare una perizia.

Nel frattempo, bontà sua, la procura aveva disposto i sigilli alla discarica e aveva aperto un fascicolo contro ignoti (!!!), anche se pure le pietre sapevano che a Sant’Ippolito ha sempre scaricato il Comune di Cosenza. E qui entra in scena il deus ex machina del terreno, che risponde al nome di Angelo Amato ovvero uno dei fratelli Amato, tra i titolari di quella “ditta amica” del Comune, finita anche sotto inchiesta per avere “razziato” decine e decine di determine per affidamenti diretti.

L’impresa di movimento terra che ha sede a via Massaua risulta beneficiaria di almeno 46 determine, frutto dei soliti affidamenti diretti o cottimi fiduciari, in prevalenza per somme che non superano i 40mila euro (Iva esclusa). Per un ammontare di circa un milione di euro. Quasi 400mila euro per somme già liquidate (398.751 euro) e quasi 700mila euro per impegni di spesa (680.745 euro).

La famiglia Amato è attiva da decenni e ha lavorato con tutte le amministrazioni comunali dalla metà degli anni Ottanta in poi. Nella gestione del sindaco Franco Santo, i fratelli Amato si accordano con il Comune per l’utilizzo dei terreni sui quali sorgeva – appunto – la discarica di Sant’Ippolito, poi definitivamente chiusa ma mai bonificata successivamente.

Una sorta di “garanzia” per i fratelli Amato. Continuata anche con il vecchio Mancini e ovviamente con i papponi degli ex comunisti capitanati da Capu i liuni e dal cardinale Ambrogio. 

L’impresa ha dunque ottimi rapporti con tutto l’arco politico cosentino, “cementati” poi con l’avvento di Mario Occhiuto e in particolare del suo capogabinetto Carmine Potestio, con il quale c’è un feeling particolare. Proprio perché è dal settore movimento terra che circola il maggiore flusso di denaro, sia di provenienza legale che illegale. In sostanza, è praticamente impossibile bypassare gli Amato.

L’impresa Fratelli Amato fa cartello con un’altra ditta “famosa”, l’onnipresente Alvir. Sono soprattutto queste due le imprese che hanno fatto incetta di affidamenti diretti per lavori di manutenzione e di somma urgenza. E’ il sistema delle “ditte amiche” o se preferite degli amici delle ditte.

Ma torniamo alla discarica di Sant’Ippolito. Angelo Amato, proprietario del suolo utilizzato per anni come discarica, presenta ricorso alla procura per il sequestro dei terreni e – naturalmente – lo vince, puntando anche sulle perizie dei docenti… Siamo nel 2013 e vi risparmiamo i commenti del titolare sulla (molto presunta) salubrità del terreno di sua proprietà.

Ma non finisce qui. Rimaneva da verificare la posizione dei dirigenti comunali Rino Bartucci (meglio conosciuto come Rino lo zerbino) e Domenico Cucunato (deceduto recentemente), il primo nella qualità di dirigente del settore Ambiente del Comune di Cosenza dal luglio del 2008 al giugno 2011 e il secondo quale attuale Dirigente dello stesso settore, incarico che Cucunato assunse nel giugno 2011, succedendo proprio a Bartucci.

A Bartucci e Cucunato era stata contestata l’omissione di atti di ufficio in relazione ad alcune operazioni di messa in sicurezza dell’ex discarica di Sant’Ippolito.

Il Gup Salvatore Carpino, accogliendo la tesi degli avvocati Benedetto e Nicola Carratelli /e che ve lo diciamo a fare?), ha dichiarato sentenza di non luogo a procedere, perché il fatto non sussiste. “Alla luce degli accertamenti compiuti dagli organi inquirenti – si legge nella decisione – è di tutta evidenza che non risulta sussistente la presenza di una situazione oggettivamente urgente che imponeva il compimento “tempestivo” dell’atto da parte dell’organo amministrativo competente. Tutti gli accertamenti svolti – si legge tra l’altro nella sentenza del Gup – hanno escluso l’urgenza dell’adempimento, in assenza di livelli di inquinamento di rilievo che avrebbero giustificato una immediata bonifica a tutela della salute pubblica”.

Con buona pace delle persone morte per tumore o che combattono tuttora la loro battaglia. Perché al porto delle nebbie se c’è da proteggere qualche amico degli amici, sono pronti anche a negare l’evidenza. Tanto i cosentini sono abituati…