Cosenza. Il Gattopardo, il faccendiere (Barile) e quell’hotel di Rende in mano ai soliti iGreco

La notizia era passata quasi inosservata, nel mese di giugno del 2020, sussurrata giusto a qualche giornalista “amico” per mandare i giusti messaggi a chi di dovere. Si trattava della nuova mossa del Gattopardo del porto delle nebbie di Cosenza, al secolo Mario Spagnuolo, che improvvisamente aveva reso noto di avere chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Catanzaro – settore misure di prevenzione – un maxisequestro nei confronti del faccendiere Mimmo Barile, già esponente di primo piano del centrodestra calabrese e cosentino.

A Cosenza, come sanno bene i nostri lettori, nulla è come appare e dietro ogni mossa di uno dei magistrati più corrotti d’Italia c’è sempre una precisa motivazione. Mimmo Barile era tornato agli arresti (domiciliari) il 28 settembre 2017 dopo soli tre mesi. Aveva appena finito di scontare, a giugno appunto, i quattro anni di condanna che gli erano stati inflitti dalla procura di Catanzaro (perché Cosenza ancora dormiva beatamente) per il “buco” da 500mila euro alla Fondazione Field della Regione ed ecco che stavolta arrivava a perseguirlo addirittura la procura della Repubblica di Cosenza, che in tutti questi anni, nonostante le pressanti denunce del fratello Ercole, che ne aveva messo in piazza le incredibili piroette anche su Iacchite’, aveva voltato la faccia dall’altra parte.

Sono stati in molti a chiedersi nelle ore immediatamente successive al suo nuovo arresto come mai per Mimmo Barile fossero finite le coperture e fosse arrivata un’altra batosta ma a Cosenza, e lo ribadiamo ancora, nulla è come appare.

Per quanto se ne sa, l’ex consigliere regionale, dopo aver fatto crescere ad arte i debiti delle aziende di famiglia ed aver provocato il fallimento della Nord Hotel, si stava attivando, una volta eliminati i debiti e il socio “scomodo” ovvero il fratello Ercole, per ripartire da zero con una società milanese e riacquistare l’Hotel Centrale e l’Hotel Executive con una veste completamente “pulita”. C’è di più. Mimmo Barile stava trattando ormai da un paio di mesi con una banca per riprendersi la proprietà dell’ex Hotel Executive di Rende.

In questi anni, poi, erano accadute ancora altre cose che potrebbero avere indotto la procura di Cosenza a fermare Mimmo Barile. L’imprenditore ha scontato i domiciliari per la vicenda Field nell’abitazione della sua compagna ma a quanto pare il feeling con questa signora si era esaurito da tempo e così, allo scadere della detenzione domiciliare, pare che il Barile abbia fatto trovare alla donna l’armadio completamente svuotato determinando la sua immediata reazione. E come per incanto, il computer (sempre di proprietà della signora) sul quale Barile aveva avuto modo di appuntare notizie importanti rispetto alle sue attività, è finito nella caserma della Guardia di Finanza. Mentre il Barile sarebbe tornato all’ovile… pardon a casa della sua ex moglie, che come tutti sanno è la sorella della moglie del magistrato corrotto della procura di Catanzaro, Vincenzo Luberto

Nel frattempo, erano emersi altri particolari sui rapporti di Mimmo Barile con due consulenti, tali Giovanni Galoppi e Giuseppe Terragoni, già vicini in passato all’Udc e alla famiglia Trematerra. Gran parte delle aziende che sono finite nelle mani di questi soggetti sono andate in bancarotta e c’è chi dice che siano veri e propri specialisti in materia.
E allora, ritornando a bomba al quesito iniziale, perché è stato riarrestato Mimmo Barile? C’è chi dice che tutto ruota intorno al suo tentativo di riappropriarsi degli alberghi, che evidentemente fanno gola a qualche altro “furbacchione” meglio piazzato in procura tanto da determinare il suo arresto e quindi la sua “eliminazione”. E c’è da giurare che abbia a che fare con la politica e con altri traffici più o meno illeciti. C’è chi dice che sia un “mammasantissima” piazzato benissimo nel porto delle nebbie, c’è chi dice che sia vicino ad un Cinghiale e, dulcis in fundo, c’è chi dice che abbia a che fare con le cliniche private.
Qualche giorno dopo, il 4 ottobre 2017 e quindi neanche una settimana dopo il suo arresto, il gip del Tribunale di Cosenza Piero Santese ha disposto la revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari per Mimmo Barile in quanto non essendo più amministratore delle aziende da cui è accusato di aver distratto milioni di euro non vi sarebbe stato più il pericolo di reiterazione del reato.Mimmo Barile era stato arrestato con l’accusa di bancarotta fraudolenta. Contestualmente, i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria avevano eseguito un sequestro preventivo di circa 2 milioni e mezzo di euro nei confronti di tre società gestite dal medesimo imprenditore. Per quanto se ne sa, dunque, era stata disposta la revoca degli arresti domiciliari ma non quella del sequestro. E se Barile non era amministratore delle aziende, che fine avrebbero fatto quei soldi? Facevano parte o no della sua disponibilità? Un mistero che è durato anni…
La società fallita, la Nord Hotel, è stata nel tempo gravata da rilevanti esposizioni debitorie nei confronti di banche, fornitori e società di leasing, nonostante sia stata destinataria di rilevanti contributi regionali sin dagli anni ’90. Il dissesto finanziario della società e, quindi, il depauperamento del patrimonio della stessa, è stato pertanto la conseguenza di una gestione caratterizzata da continue e ingiustificate distrazioni di denaro perpetrate dai soci, sia a favore di loro congiunti sia sotto forma di finanziamenti a favore delle altre società del “Gruppo”. Questa era ed è la tesi dell’accusa.
A questo punto, si trattava di verificare il flusso dei soldi e trarre le necessarie conclusioni. Ma già allora era molto forte un sospetto. E se tutta questa pantomima dell’arresto e della conseguente scarcerazione con connesso sequestro “a nonna” di quei due milioni e mezzo fosse stato funzionale ad un accordo?
Quale? Ed eccoci al fatto nuovo che certamente doveva avere “armato” la mano del Gattopardo e che si prestava a diverse interpretazioni. Dall’ex Hotel Executive di Rende arrivava la notizia della conclusione della gestione affidata al gruppo iGreco a vantaggio di una società milanese per il momento molto “misteriosa”.
Prima interpretazione: Mimmo Barile potrebbe essersi accordato con il Gattopardo rinunciando a riprendersi l’Hotel Nord, poi Executive, e oggi Ariha, che a questo punto sarebbe passato tranquillamente ai “papponi” che se lo contendevano e per non farla troppo sporca si procede comunque ad una serie di sequestri senza molto senso, visto che si tratta di società decotte e prossime al fallimento.
Ma c’è anche una seconda interpretazione, per niente fantasiosa e con le stesse possibilità di “esistenza” della prima. E se invece la società “misteriosa” milanese fosse riconducibile allo stesso Barile e i sequestri, comunque, rappresenterebbero un paravento all’accordo?
Questa chiave di lettura, tuttavia, col passare del tempo, ha perso consistenza perché Barile viene descritto sempre più nervoso e insofferente nei confronti del Tribunale e del Gattopardo, che evidentemente in questa vicenda starebbero eseguendo gli ordini de iGreco, che a loro volta hanno proceduto a licenziare 8 dipendenti non più “allineati” dall’albergo. Ma in ogni caso il Gattopardo si presta alle manovre dei suoi “fratelli” di loggia e piano piano scopriremo questo e forse anche altri altarini.