Cosenza, il piccolo Giancarlo lasciato annegare in piscina: la procura ricorre in Appello contro i Manna “Mazzetta”

Carmine Manna, il titolare della piscina di Campagnano

La procura della Repubblica di Cosenza ha deciso di appellare la sentenza di assoluzione datata 8 luglio 2020 legata al processo per la tragica morte del piccolo Giancarlo Esposito, appena 4 anni, deceduto nella piscina comunale di Cosenza il 2 luglio del 2014. Nella sentenza di primo grado erano stati assolti il gestore della piscina Carmine Manna e le educatrici Franca Manna, Luana Coscarello, Martina Gallo e Ilaria Bove nonostante una richiesta di 5 anni di reclusione di condanna per tutti gli imputati da parte del pm Maria Francesca Cerchiara. Gli imputati sono tutti difesi dallo studio legale del noto Marcello Manna oggi meglio conosciuto come Marcello Mazzetta per la sua tipica “usanza” di comprarsi le sentenze attraverso “mazzette”, appunto.

L’appello è motivato dalla “contradditorietà e manifesta illogicità della decisione in relazione alla erronea valutazione delle prove con riferimento alle consulenze in atti depositate dai consulenti del pm e delle parti civili, in relazione all’accertamento delle cause della morte del bimbo».

Inoltre, «all’erronea valutazione delle plurime violazioni della normativa di sicurezza, prevista dalla legge e dal regolamento in materia di gestione ed utilizzo di impianti sportivi, quale fonte di responsabilità penale degli imputati”.

Ma non solo. “Le conclusioni a cui è giunto il perito Bocchini – scrive ancora la procura – optando per una diagnosi di “miocardite acuta fulminante”, sarebbero contradditorie e non fondate su dati corretti… Il giudice, aderendo acriticamente alla perizia effettuata dalla difesa, non avrebbe motivato adeguatamente in ordine alla valutazione delle consulenze di parte disposte dal pm e dalle parte civili che invece sostengono l’ipotesi dell’annegamento in acqua dolce”.

In particolare, la procura rimarca anche la tesi, rafforzata dall’esito dell’esame autoptico effettuato dal dottor Vercillo, secondo la quale “erano stati apprezzati segni positivi per morte dovuta ad annegamento”. A tal proposito, nella relazione del dottore Vercillo seguita all’autopsia effettuata sul corpo del piccolo Giancarlo, “era emersa la presenza del fungo mucoso ritenuto elemento fondamentale per certificare la morte da annegamento”. Il giudice, invece, sostenendo la tesi della difesa, dichiarava “incerta” la presenza del fungo. La procura motiva anche la contradditorietà rilevata in merito alla diagnosi di “miocardite acuta fulminante”. Anche in questo caso, viene richiamata l’analisi sul corpo del piccolo Giancarlo effettuata dal dottore Vercillo. “Una mappatura completa del cuore che dal punto di vista macroscopico non aveva portato a nessuna segnalazione”

Il giudice ha ritenuto opportuno non prendere in considerazione l’ipotesi dell’annegamento sottolineando in un passo della sentenza che il corpo del piccolo “non andò mai a fondo e non ingurgitò acqua in quantità eccessive”. Secondo la procura, è verosimile invece la possibilità che il bimbo “inalò acqua per non più di un minuto, prima di reclinare il capo e solo in quel momento una delle educatrici si sarebbe accorta della posizione del corpo della piccola vittima”. La procura, infine, contesta “l’inadeguatezza della piscina non a norma; l’assenza di un medico in sede; l’assenza di assistenti con brevetto di bagnino ed il numero eccessivo e sproporzionato di bambini presenti rispetto al numero degli assistenti“.

Motivi che spingono la procura a richiedere la condanna di tutti gli imputati. La Corte d’Appello competente è quella di Catanzaro, dove il Manna “Mazzetta” è noto per la sua prolificità di “bustarelle”. Riuscirà ancora il nostro eroe a vincere grazie alla corruzione? Vi terremo aggiornati.