Cosenza, la bancarotta di Occhiuto: ecco dove sono finiti i soldi truffati dal cazzaro

Una delle domande che più d’altre ci siamo sempre posti, in merito ai conclamati debiti di Occhiuto che si aggirano sui 28 milioni di euro e che ieri sera gli sono – finalmente! – costati una condanna in primo grado a 3 anni e 6 mesi di reclusione con interdizione di 5 anni dai pubblici uffici, è stata questa: ma dove sono finiti questi denari?

Già, perché ora che la verità, dopo una terribile lotta con la procura di Cosenza, è venuta a galla – ovviamente quando Occhiuto non è più sindaco di Cosenza ed è stato addirittura (!!!) eletto senatore -, a leggere le carte, diffuse ormai da tempo dallo stesso procuratore capo Spagnuolo alias Gattopardo, avevamo appreso che quello che più di 5 anni fa (sic!) avevamo scritto e rivelato, risultava interamente vero.
Occhiuto in merito ai suoi debiti si è sempre difeso dicendo che è normale per un imprenditore di successo come lui avere qualche debito, spesso derivato dal mancato pagamento, da parte dello stato, di fatture per lavori eseguiti dalle sue società, e di essere completamente in grado di ripianare, con le sue forze, la sua posizione economica.

Come volevasi dimostrare, tutte chiacchiere. Oggi apprendiamo ufficialmente, ma noi lo avevamo scritto 5 anni fa, che i debiti di Occhiuto sono per lo più frutto di veri e propri raggiri e truffe allo stato. E non il contrario come lui ha sostenuto per anni. Ovvero: le società di Occhiuto, come la Ofin srl, hanno ricevuto forti finanziamenti pubblici, tutti sistematicamente spariti attraverso il gioco che da anni vi raccontiamo delle scatole cinesi.

Che funzionava così: la Ofin riceveva i soldi dallo stato (Pino Galati era l’allora referente della banda degli Occhiuto che si muoveva in simbiosi con Madame Fifì e Capu i Liuni, erano i tempi che arrobbavanu insieme) per il progetto XYZ (progetto ovviamente fittizio), una volta accreditati sul conto della società, tempo qualche giorno e volavano via verso altre società intestate o riconducibili ad Occhiuto, per poi finire ad un’altra, e poi ad un’altra ancora e ancora, fino a far perdere le tracce. Lasciandosi dietro solo fatture fittizie (in parte) per opere lavorative mai prestate, e finte consulenze milionarie. Un trucchetto, come sapete, in uso a tutti i bancarottieri.

Bene, dopo la diffusione dei contenuti dell’inchiesta di bancarotta fraudolenta, ad opera del procuratore capo Spagnuolo e adesso dopo la sentenza di primo grado, scopriamo che, così come avevamo scritto 5 anni fa, la maggior parte dei denari truffati da Occhiuto allo stato e a i fornitori, è finito nelle società fittizie create ad arte dal cugino Emanuele Occhiuto. Quello che se ne va in giro con la barca con i soldi truffati allo stato. Tra queste la società da noi sgamata, la Feel srl.
Emanuele è il cugino dei fratelli Mario e Roberto Occhiuto, Emanuele è stato per anni il loro uomo di fiducia, il loro “braccio operativo”. Era dapprima consulente, poi direttore generale di tutti gli imbrogli degli Occhiuto: il Domani di Cosenza e Provincia, Gruppo editoriale Teleuropa Network, ed altre.

Nel 2002 Emanuele è il vero deus ex machina della Feel srl, il cui rappresentante legale ed amministratore unico era tale Roberto Albano, il sindaco di Rota Greca che Mario ha nominato nel suo staff alla Provincia di Cosenza, e attualmente capo della segreteria di Occhiuto. La Feel Srl ha sede a Rende Via Marconi, P.I. 02512160785 iscritta nel registro delle imprese di Cosenza, ed è nata il 16/07/2002 nello studio del notaio Stefano Camilleri. Tra i soci figuravano Mario Occhiuto (attraverso la Ofin Srl costituita il 15.10.1996 con sede in Roma Via Calabria 56, di cui era il rappresentante legale) ed il cugino Emanuele. Oltre a Paolo Fiorentino, e Stefania Rovito.

Scrive la Guardia di Finanza in merito alla bancarotta dell’Ofin srl: “… L’insolvenza della società fallita, è dovuta ad una crescente crisi di liquidità, dovuta essenzialmente a finanziamenti non restituiti da soci a società partecipate oltre ad antieconomiche cessioni di leasing su beni aziendali e a prelievi ingiustificati di cassa…”. E così, la Ofin di Occhiuto gira alla Feel srl di Emanuele Occhiuto la bellezza di quasi un milione di euro con la formula del “finanziamento infruttifero”, un prestito tra privati che prevede solo la restituzione del capitale, senza l’applicazione di interessi o di altre maggiorazioni. Denaro, come dicono i finanzieri, che non è stato mai restituito. Un’operazione anomala e illegale, aggiungono i finanzieri perché “tali somme sono state erogate senza nessuna contropartita e, soprattutto, senza le adeguate garanzie che normalmente richiederebbe un intermediario finanziario“.

E non finisce qui. Continuano i finanzieri: “… La Ofin srl di Occhiuto non si ferma a questa sola “cessione anomala di denaro…”. Insieme alla Zenobi, la Feel srl, entrambe beneficiarie di soldi pubblici erogati da Pino Galati, allora al Ministero dello Sviluppo, ricevono dalla Ofin srl di Mario Occhiuto la bellezza, udite, udite, di sette milioni di euro.

Insomma, tutto quello che avevamo scritto risulta, allo stato confermato dall’inchiesta: Mario Occhiuto è un bancarottiere, e anche di quelli di un certo spessore: sono quasi 28 milioni di euro di debiti quelli che la procura gli contesta, e che a far sparire il malloppo chissà dove è stato il cugino Emanuele attraverso società di comodo come la Feel. Ora, per chiudere il cerchio basta solo interrogare Emanuele Occhiuto per arrivare al bottino.
Ricordiamo alla procura e ai magistrati giudicanti del Tribunale di Cosenza che per aver scritto quello che oggi voi stessi dite, ovvero che Mario Occhiuto è un truffatore seriale e un bancarottiere, ci avete condannato… Ma per fortuna la verità, prima o poi, viene sempre a galla: e così Occhiuto dopo tanti rinvii “tattici” è stato finalmente rinviato a giudizio e condannato in primo grado. Non decade da senatore perché serve la condanna definitiva e poi anche il pronunciamento dell’Aula ma almeno non potrà candidarsi neanche per amministrare il suo condominio, ammesso che qualcuno sia così folle da… chiederglielo. Sempre a futura memoria.