Calabria, l’agonia della sanità: un pasticciaccio politico

A poco più di un secolo e mezzo, “i piemontesi” lo rifanno. Oggi, più che altro, sono lombardo-veneti, ma la sostanza non cambia. Allora vennero con la scusa di unificare l’Italia. Si presero tutto quello che poterono, mantenendo al suo posto, anzi utilizzandola per dominarci meglio, quella stessa aristocrazia becera e dozzinale dell’epoca borbonica.

Oggi i lombardo-veneti, con la scusa di rimettere in sesto una sanità malata, ridando vigore ai principali responsabili del disastro calabrese, le danno il colpo di grazia. Nulla contro i fratelli lombardo-veneti. Nulla contro di loro così come nulla contro i fratelli che vengono in Europa per migliorare la loro grama vita. Il dividerci per campanili e per razze è il miglior modo per dominarci meglio. Per noi oggi il nemico sono i lombardo-veneti, ieri i nazi-fascisti, l’altro ieri i piemontesi ma, ancora prima, gli inglesi per gli indiani d’India e d’America, i francesi per algerini e magrebini. Tutti accomunati dal “noi siamo la razza superiore” usato per aumentare il potere economico di oligarchie finanziarie.

Oggi dal nord, per salvare la nostra Sanità, ci arriva il fior fiore dei “disaster manager” e non nel senso di specialisti della protezione civile nel gestire il post calamità naturali e non, ma nel senso di professionisti specializzati nel fare terra bruciata
dove poggiano i piedi. Sono arrivati e se ne sono stati per quattro mesi trincerati all’ultimo piano della sede amministrativa dell’Azienda Ospedaliera che sono venuti a distruggere. Non hanno dato alcun segno della loro presenza se non sporadici piccoli interventi tampone per evitare il collasso dell’intera struttura: farmaci e dispositivi concessi con il bilancino e come se fosse un favore personale; procedure ogni giorno più contorte per prendere gli operatori per stanchezza; piani di rilancio neanche a parlarne. Uniche apparizioni pubbliche in occasione della visita delle commissioni ministeriali. Quando finalmente si mostrano, facendo finta di affidare a primari e responsabili di reparti gli obbiettivi da raggiungere nell’anno, in effetti sono lì per mortificare le vere professionalità ed esaltare i soliti “compagnucci di merende”. Usano pettegolezzi da strada (ma li avranno sentiti davvero o sono pura invenzione?) per screditare professionisti seri e rispettati anche fuori dai confini regionali, senza darsi alcuna pena del fatto che, così facendo, dimostrano di parlare di reparti di cui non sanno neppure dove siano allocati fisicamente.

In queste loro sortite, che pomposamente ed ipocritamente definiscono “discussioni sul budget”, non si preoccupano minimamente di dimostrare che disconoscono totalmente non solo come è strutturata l’azienda che dovrebbero guidare ma anche la legislazione che ne governa i meccanismi. Probabilmente perché ci considerano i soliti baluba terroni da poter imbrogliare con perline e collanine.

Che la sanità calabrese avesse necessità di un azzeramento per permetterne una ricostruzione su basi non infracidite da un trentennio di mal gestione e ruberie, è un fatto. Che siano riusciti ad approfittare del decreto Calabria per distruggere quel poco di buono che, con fatica e sacrificio, cercava di resistere, un fatto lo sta diventando ed è stato completamente concretizzato dopo le ultime Regionali.

In tutto ciò, buona parte di noi Calabresi, fa come il classico ranocchio che, messo in una pentola piena d’acqua sotto la quale è stato acceso il fuoco, è tutto contento che gli stiano scaldando l’acqua dove nuotare. Sono contenti che le sirene sovraniste li stringano nel loro abbraccio, anzi, si mettono in fila per ottenerlo non vedendo quanto sia letale. Hanno con troppa facilità dimenticato che, fino a poco più di un anno fa, queste stesse sirene volevano erigere barriere nei confronti di tantissimi, troppi figli del sud che andavano a “rubare” loro il lavoro. Le stesse barriere, invece, erano e sono sostituite da ponti d’oro per i tantissimi, troppi figli del sud che sono costretti ad andare a curarsi nelle loro mega strutture sanitarie, portando i soldi con cui ingrandirle e farle prosperare. Se prima era solo un’ipotesi, i fatti cui oggi stiamo assistendo la confermano come realtà. Dobbiamo essere strangolati per restare sudditi di una colonia da spremere come il classico limone. Questo, purtroppo, con buona pace dei soliti notabili, lacchè e fauna selvatica locale che, per puro interesse personale, hanno venduto e continuano a vendere la loro terra e la loro gente.

Lettera firmata