Cosenza, Francesco Caruso (lo zerbino) indagato per truffa e falso dalla procura di Vibo. Che fine ha fatto il processo?

L'assessore Francesco Caruso

La notizia era rimasta, in qualche modo, “nascosta” perché non riguardava direttamente Cosenza ma l’autostrada Salerno-Reggio Calabria ed in particolare il tratto compreso tra Mileto e Rosarno ma dopo qualche settimana era uscita fuori e ne avevamo preso contezza anche a Cosenza.

Tra gli indagati calabresi dell’inchiesta portata avanti dalla procura di Vibo Valentia c’è anche il vicesindaco e assessore cosentino Francesco Caruso, oggi candidato a sindaco con il ruolo di prestanome “ufficiale” (o zerbino, che magari è meglio e rende di più) di Mario Occhiuto, che fin dall’insediamento del cazzaro gestisce le deleghe alla Riqualificazione urbana ed all’Emergenza Casa.

Caruso fa parte del drappello di dirigenti, funzionari e tecnici dell’Anas indagati a vario titolo per i reati di truffa, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici, frode nelle pubbliche forniture, abuso d’ufficio, crolli e disastri dolosi: per gli inquirenti, dal 2011 al 2016, avrebbero fatto parte “in tempi diversi” di uno stesso disegno criminoso per procurare “un ingiusto profitto” ad un’azienda inducendo in errore l’Anas sui lavori di ammodernamento dell’ex autostrada A3 Salerno-Reggio, nel tratto compreso tra Mileto e Rosarno.

Benedetta Callea, sostituto procuratore della repubblica di Vibo Valentia, ha chiuso il cerchio sulle indagini proprio nei giorni scorsi emettendo nei confronti dei 26 indagati altrettanti avvisi di garanzia. E tra questi c’è anche Francesco Caruso.

Caruso, 52 anni, è ingegnere ma soprattutto un dipendente a tempo indeterminato dell’Anas dal lontano 2005 ed ha la qualifica di “responsabile tecnico in nuove costruzioni”. E’ entrato anche a far parte dell’Ufficio speciale dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria e in questa qualità è stato più volte direttore dei lavori per i nuovi tratti in costruzione ed in particolare per uno di quelli che è finito sotto inchiesta.

Gli inquirenti contestano ai tecnici dell’Anas l’attestazione di falsi formulari per l’identificazione dei rifiuti di materiale fresato derivato dalla demolizione delle sovrastrutture stradali così come altrettanti documenti falsi (libretti di misura dei registri di contabilità) sui lavori realizzati, e sulle attestazioni del conferimento del quantitativo di rifiuti fresato dall’azienda Cavalleri Spa alla Ecosistem che, sostengono gli investigatori, non sarebbe in realtà mai avvenuto.

Altro elemento su cui si basano le accuse è quello di presunte modifiche, ritenute arbitrarie, al progetto approvato dal presidente di Anas, sempre tra gli svincoli di Mileto e Rosarno: l’obiettivo, affermano gli inquirenti, sarebbe stato quello di risparmiare sui volumi di materiale da impiegare.

La galleria killer di Mileto

Così l’attenzione è ricaduta sulla liquidazione di 360mila euro da parte della società autostradale che sarebbero stati pagati, in verità, per l’impiego, mai avvenuto, di circa 28.500 metri cubi di materiale. Cosa che avrebbe permesso alla Cavalleri di guadagnare ingiustamente milioni di euro per lavori ritenuti inesistenti: cifre che si aggirerebbero in un caso intorno ai 6,8 milioni, in un altro a 4,3 ed in un terzo a circa 1,2 milioni.

Francesco Caruso, Antonio Cannatà e Pietro La Faro (dipendenti Anas) in particolare sono indagati per concorso in abuso d’ufficio in quanto avrebbero omesso alcuni controlli previsti dalla loro funzione, avrebbero consentito che la “Cavalleri Infrastrutture srl” concedesse “senza alcuna autorizzazione alla M.Service srl” lavori di fornitura di materiale, così procurando un illecito vantaggio economico alla stessa M.Service srl, consistente nell’illecita fornitura di 3.750 metri cubi di materiale per un valore di 31.687,50 euro”. Fatti commessi a Mileto e Candidoni dal 4 aprile 2016 all’8 aprile 2016.

Caruso è stato costretto a dimettersi dalla sua funzione di direttore dei lavori nel maggio 2016 dal nuovo capo compartimento ma non certo dall’azienda (e mica è fesso!) e neanche un mese dopo si era già seduto nella giunta di Occhiuto.

Di quel processo però, complice anche la pandemia, si sono perse le tracce. Era arrivata la chiusura indagini e la conferma che l’ingegnere Caruso era indagato, poi anche la convocazione dell’udienza preliminare, slittata di cinque mesi a maggio 2018 ma evidentemente ancora di più se è vero, com’è vero, che nel settembre del 2019 la procura di Vibo ammetteva le costituzioni di alcune parti civili (Anas stessa ed Ecosistemi Srl) ma dell’udienza preliminare ancora non c’era traccia ed è quella l’ultima notizia “pubblica” relativa ad un processo che sembra essersi volatilizzato in perfetto stile Italietta. Del resto, l’ingegnere Caruso da anni gioca a fare l’indiano come gli hanno insegnato i fratelli Occhiuto. Chissà che qualcuno non si ricordi di questo processo, prima o poi.