Cosenza, le millefacce di Eugenio Guarascio

FOTO SOLOCISENZA

Il Cosenza Calcio e tutto ciò che gli gira intorno stanno dando vita ad una farsa che indispettisce ogni giorno che passa. E l’aspetto più irritante è che siamo (noi compresi, ci mancherebbe) tutti in balia di un personaggio come Eugenio Guarascio che andrebbe analizzato a fondo per capire quanto sia quasi patologico nelle sue pratiche quotidiane legate al Cosenza Calcio, visto e considerato che non osiamo pensare a quelle professionali o peggio ancora personali. Che, peraltro, sono balzate clamorosamente alla ribalta della cronaca giudiziaria se è vero – com’è vero – che a tutt’oggi si trova ristretto a Lamezia all’obbligo di dimora perché accusato di inquinamento ambientale dalla procura di Vibo.

Eppure, in 13 anni di “soggiorno” a Cosenza e alla guida del Cosenza Calcio, praticamente tutta la città, in qualche modo, ha avuto a che farci. Ci sarebbe da stilare un elenco lunghissimo di tutte le tragicommedie alle quali abbiamo assistito in questi lunghi anni, comprese quelle – incredibili e che passeranno comunque agli annali di questa gloriosa società – della promozione in B vincendo ai playoff, delle miracolose salvezze e persino del  ripescaggio.

Solo per restare all’area tecnica potremmo scrivere un romanzo sulle vicende che hanno caratterizzato le due stagioni nelle quali c’erano Stefano Fiore e Aristide Leonetti. Erano gli anni in cui l’amministratore delegato Domenico Quaglio faceva da parafulmine al patron in maniera così totale da far credere che fosse veramente lui l’anima nera della società. In realtà, Quaglio era solo l’altra faccia di Guarascio stesso, geniale a suo modo nell’individuare il personaggio giusto per recitare la parte del suo mister Hyde nascosto. Quaglio aveva alzato bandiera bianca quando il patron aveva confermato l’allenatore Cappellacci nel primo campionato di Serie C: non gliel’ha proprio perdonata. E così, al posto dell’amministratore delegato doveva subentrare un’altra vittima sacrificale, che a questo punto non poteva che essere il direttore sportivo.

A cantare e portare la croce allora, dopo il breve interregno di Ciccio Marino (che è letteralmente scappato dopo meno di un anno) è stato Mauro Meluso, che invece ha combattuto a lungo con il bipolarismo guarasciano dando vita ad estenuanti tira e molla che trovarono il loro epilogo nell’addio del diesse, immediatamente additato a traditore della patria. In realtà, Meluso era stato eroico nel resistere tre anni ai budget fantasmagorici del faccendiere di Parenti passando da Cappellacci, a Roselli e infine a De Angelis con una squadra che non era attrezzata per vincere il campionato non certo per colpa sua. In tanti dovrebbero chiedere scusa a Meluso per il trattamento che gli è stato riservato e fomentato dal patron. Il diesse cosentino tuttavia da quando ha lasciato Cosenza ha conquistato la promozione in Serie A col Lecce ed è stato il capo dell’area tecnica di una società come lo Spezia, che si è clamorosamente salvata alla prima prova nell’olimpo del calcio e adesso lavora addirittura a Napoli. Non facendo altro che aumentare i rimpianti per quello che poteva essere se ci fosse stato un presidente appena all’altezza del suo ruolo.

Poi, l’avvento di Braglia e Trinchera e il colpaccio della promozione con quei playoff da stropicciarsi gli occhi e la conseguente luna di miele con una tifoseria che non poteva non essere riconoscente per essere tornata in paradiso. Ma il Cosenza di Guarascio non ha mai veramente spiccato il volo, sempre frenato dalle doppiezze del patron millefacce, dalla mancanza di una benché minima programmazione e con l’esigenza assillante di ricavare profitti senza spendere nulla. Uno stillicidio che continua ancora adesso e che prima o poi arriverà alla sua conclusione. Un capitolo a parte andrebbe dedicato al rapporto di Guarascio con la tifoseria e magari su questo aspetto ci riserviamo di ritornare. 

Nel mercato di gennaio del 2021, fece un certo scalpore il commento di Andrea Corvino, che di professione fa l’avvocato, perché aveva chiarito in maniera quasi “scientifica” la strategia del Nostro. “È in atto la liquidazione totale della società per chiusura attività, pianificata da tempo. La vendita di Baez con la complicità di Trinchera e il silenzio assenso di Occhiuzzi, per giunta ad una diretta concorrente del tempo, è stato il primo campanello dell’allarme. A seguire i debiti sociali, procuratori che avanzano richieste di pagamenti, fornitori che aspettano pagamenti, servizi non più garantiti, bocche cucite da parte dei tesserati e stampa in gran parte compiacente. Segnali inconfutabili di totale disimpegno dirigenziale”.

In molti leggendo il termine “liquidazione totale per chiusura attività” avevano pensato al fallimento della società ma in realtà Corvino (che non è parente del diesse del Lecce) voleva intendere che sarebbe stato Guarascio a chiudere col Cosenza per cederlo a qualcuno che evidentemente s’era già fatto avanti o magari – e non è per niente da escludere — era stato chiamato in causa proprio da lui o da qualche idiota utile alla causa. E l’evolversi degli eventi, dalla cessione di Baez al dilagare dei malesseri per i debiti sociali e per le lamentele dei procuratori (che fanno sempre opinione) e dei fornitori (che fanno sempre più chiasso ancora) avevano fatto il resto. Infine, gli indizi erano diventati prove grazie al silenzio dei tesserati e alla compiacenza dei media, tutti in ginocchio e compiacenti, fino al punto di scrivere titoli come quello dell’esonero di Occhiuzzi e dell’arrivo di Novellino, salvo poi fare una figura barbina rispetto all’atteggiamento di Guarascio, che li aveva presi per il culo anche quella volta.

E prendeva per il culo anche gli altri perché alla fine di quella maledetta stagione, nonostante la retrocessione sul campo, si è clamorosamente scoperto che il patron era già sicuro di salvarsi per il fallimento del Chievo e quindi se la rideva sotto i baffi, ancora una volta. E stava per dare il via ad altre penose tarantelle per fottersi i soldi dei diritti tv e continuare a prendere in giro la tifoseria.

La storia della stagione 2021-22 ha ricalcato quasi alla perfezione quelle precedenti, seppur con altri personaggi. Da Trinchera a Goretti, da Zaffaroni alle otto settimane dell’Occhiuzzi-bis prima di arrivare a Bisoli, che grazie anche all’ingaggio di giocatori “seri” come Camporese e Larrvey e all’esplosione dei baby Florenzi e Zilli hanno prodotto il nuovo miracolo sportivo della salvezza conquistata ai playout contro il Vicenza.

Il resto è storia recentissima: siamo passati dai 20mila di maggio 2022 ai 1.363 paganti della partita in casa contro l’Ascoli. Da Goretti a Gemmi che voleva “stupire” e all’ennesimo cambio di allenatore con la squadra malinconicamente all’ultimo posto. Prima del nuovo salto nelle “montagne russe” culminato con la nuova miracolosa salvezza ai playout contro il Brescia targata Viali.

Il ritorno di un calciatore-simbolo come Gennaro Tutino ha illuso la tifoseria che si potesse finalmente aprire un ciclo diverso ma neanche questa illusione è durata molto e così il Cosenza è ripiombato in zona playout, ha ricambiato allenatore con le stesse modalità tragicomiche dell’Occhiuzzi-bis (adesso c’è il Viali-bis…) e si va ancora avanti nella speranza di un nuovo “miracolo” con o senza playout ma con la certezza assoluta che anche per questa stagione il patron si metterà in tasca almeno 5 milioni netti… 

E siamo tornati al punto di partenza: quale delle sue millefacce ci presenterà adesso Guarascio, specie dopo la disavventura giudiziaria che ha chiarito a tutti che lui tutto è tranne che limpido e pulito come invece ci ha fatto credere per anni? E nel frattempo questo “personaggio” a lui gradito designato per la sua successione è pronto o ancora no? E quale sarà il futuro del Cosenza? Tutte domande alle quali oggi è impossibile dare una risposta.