Cosenza, le strade chiuse e il modello Mancini: “Occhiù, ma tu i canusci i cusentini?”

Mario Occhiuto è un soggetto ansioso, ossessivo-compulsivo usando un gergo medico-tecnico. Sente che il tempo passa e che si avvicina il momento in cui dovrà lasciare ad altri il “giocattolo Cosenza” con il quale si era rimesso in carreggiata economicamente ed aveva addirittura posto le basi per l’assalto alla Regione. Ma, come sapete, il “terremoto politico” in atto dal 4 marzo 2018 con l’insediamento del governo M5s-Lega prima, M5s-Pd poi e la grande ammucchiata con Draghi adesso, gli hanno clamorosamente tarpato le ali determinando la sua irrefrenabile “caduta libera”. 

Il tempo passa e in questa benedetta città nonostante la governi da quasi dieci anni ancora non c’era niente che potesse ricordarlo degnamente a futura memoria e lui, con l’ego smisurato che ha, era andato in crisi. Ma come? Giacomo Mancini ha ricoperto di debiti la città di Cosenza, l’ha usata per tutte le speculazioni possibili ed immaginabili (compresa quella del ponte di Calatrava), eppure tutti lo amano. Un ponte ed un viale portano il suo nome, tutti in questa città ancora parlano di lui. E Occhiuto? L’unico dopo di lui ad aver vinto due volte le elezioni, colui che in qualche modo ha raccolto il suo testimone, possibile che non abbia nulla in questa città che possa ricordarlo ai posteri?

Ci ha provato con piazza Fera ma è finita, con decenza parlando, a puttane. Al punto che se qualcuno, negli anni, dovesse mai ricordare Occhiuto, al momento lo farebbe soltanto perché è stato il sindaco che ha realizzato la piazza della ‘ndrangheta e quindi del clan Muto attraverso Giorgio Ottavio Barbieri. E sono davvero in pochi quelli che credono alla sua presa di distanza dall’ultimo bancarottiere. Una figura di merda di proporzioni nazionali, eppure Occhiuto non si è demoralizzato ed ha provato ugualmente a cavalcare la tigre di piazza Fera ma con risultati penosi, riducendola ad un ecomostro del quale i cosentini si vergognano. Per giunta sequestrata a lungo – e ancora parzialmente! – dalla Dda di Catanzaro, quasi a simboleggiare il fatto che lì ci sta la “piazza della ‘ndrangheta”. 

Poi ci aveva provato con Viale Parco, prima mettendosi di traverso per non far realizzare la metro e quindi accordandosi con Palla Palla, che gli aveva dato il via libera per il ridicolo Parco del benessere, che tutti i cosentini classificano con disprezzo come “una gran cagata”. Con annessa assurda chiusura che ancora indigna la stragrande maggioranza dei cittadini. Con annessa realizzazione di altrettanto assurde piste ciclabili, che non hanno NESSUNA utilità a parte quella di rastrellare fondi pubblici e far mangiare gli amici degli amici. E con annesse inevitabili “jestigne” che sono veramente il minimo che i cosentini possano augurare a un soggetto così squallido e viscido come Occhiuto.

Più o meno la stessa cosa (nel senso di gran cagata) per Piazza Santa Teresa, Piazza Loreto, via Roma e Piazza Scarpelli (pardon Riforma), che oggi come oggi fanno rimpiangere il loro passato aspetto e sono evitate accuratamente da tutti i cosentini, che non fanno altro che decantarne la… bruttezza. Con l’aggravante della chiusura di via Roma per pagare un debito di 300mila euro con colui che ha realizzato quell’aborto di villetta che andrebbe buttata giù seduta stante.

Certo, cura in maniera maniacale il chilometro di corso Mazzini, lo occupa anche “militarmente” con le sue truppe cammellate ma finanche quelle boiate di statue non è stato lui a portarle sul corso ma addirittura la Catizone, mannaia… E di Alarico non ne parliamo proprio: c’era quasi riuscito a far partire gli scavi e ci avrebbe messo un mese a dirci che aveva trovato una “patacca” ma anche lì, zac!, l’hanno fermato, mannaia… In compenso, resterà certamente alla storia per aver speso in tre anni, anzi per aver “regalato” 800mila euro in tre anni al suo amico Scarpelli per le luminarie più brutte del mondo e per aver dato il via libera in una sola notte d’agosto a 61 determine per circa 700mila euro per cambiare vetri, tende e condizionatori al Tribunale di Cosenza. Oltre che per governare le danze in procura grazie a soggetti come Granieri e Spagnuolo, al quale ha addirittura assunto il nipote nella qualità di dirigente alla Cultura dando il via al clientelismo più sfacciato e becero. E grazie ai quali ha fatto e continua a fare quello che più gli aggrada, persino ordinare pestaggi e organizzare intimidazioni più o meno esplicite.

E tutta la tifoseria lo ricorderà, nei secoli dei secoli, per essere stato il primo (e unico) sindaco della storia della città a determinare la sconfitta a tavolino di una partita del Cosenza perché doveva fare… campagna elettorale anche sul manto erboso dello stadio!

E non parliamo della ridicola storia dell’ex Jolly (anche questa un’idea del vecchio Mancini riciclata da questo cazzaro da due soldi): al posto dello scatolone vuole metterci addirittura un sarcofago dorato che serve solo a glorificare un assassino invasore ma non avrà il tempo di realizzarlo, grazie a Dio.

Ma poi finalmente è riuscito a piazzare il colpo che aspettava da anni: con il dissesto finanziario decretato dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti, Occhiuto è entrato nella storia come il primo sindaco che ha fatto fallire la città di Cosenza, portando a oltre 300 milioni il “buco” che quando c’era Mancini si era fermato “soltanto” a 100 milioni. Insomma, Occhiuto vale tre volte… i debiti del vecchio leone socialista. E scusate se è poco!

Giacomo Mancini scherniva e derideva la famiglia Occhiuto, avendone intuito rozzezza e ambizione. Nel 1994, quando arrestarono Mario insieme a Franco Petramala, Telecosenza (dove ho lavorato dal 1991 al 1994) aveva appena chiuso ma ancora ci si vedeva con “l’onorevole” per verificare se si potesse in qualche modo riaprire.

Ci chiese com’era solito fare quando voleva prendere in giro qualcuno: “ma questi Occhiuto sono quelli dell’ortofrutta (il padre era un grosso imprenditore ortofrutticolo, ndr)?”. Eh sì, perché il fratello Roberto era stato già eletto consigliere comunale e qualche mese dopo avrebbe occupato la sua stanza insieme a Sergio Aquino per… protesta. Perché Mancini era stato condannato in primo grado a Palmi e secondo il prefetto non doveva stare al Comune.

Mancini in un primo momento s’incazzò ma poi guardandolo meglio e soprattutto sentendolo parlare, riesplose di nuovo nella battuta fatidica dell’ortofrutta (con tutto il rispetto per chi fa questo mestiere e viene anche continuamente vessato da chi rinnega persino le proprie origini). E giù risate a crepapelle.

Non vi dico quando seppe che gli Occhiuto, nel 1996, avevano preso tutte le televisioni private cosentine per cercare di imitarlo ricordando come gestiva Telecosenza: Ten, Rete Alfa e Telestars. Una volta, per sintetizzare l’efficacia della loro comunicazione, ci disse che aveva provato ad ascoltare un’intervista di Attilio Sabato con l’architetto e che si era addormentato cinque minuti dopo. E ha resistito anche parecchio! Pessimi oratori, lui e il fratello, ora Mario pensa di essere diventato “comunicatore” per le cazzate che scrive su FB e per le centinaia di profili falsi che ha disseminato ma sa bene che ogni volta che scrive si tira la zappa sui piedi. Pensate quante risate si sarebbe fatto Mancini vedendolo all’opera.

Ma il vecchio Mancini era anche un fine stratega e quando capì che Occhiuto il grande (il piccolo gli è sempre stato sulle palle forse proprio per quella occupazione) gli era utile per spaccare il centro, non esitò a dargli anche una sede per l’Ordine degli architetti nel centro storico: falsa politica la chiameremmo oggi.

Tornando a bomba al tempo che passa: Occhiuto, visti i continui fallimenti e il dissesto dichiarato, pensa adesso di essere ricordato negli anni anche per essere stato il sindaco decisionista, così col pugno di ferro da costringere i cosentini alla chiusura del centro, di viale Parco e persino del centro storico senza fiatare e a parcheggiare le macchine fuori dal suo “recinto” o nel suo amato parcheggio sotterraneo della piazza più brutta del mondo. Neanche Mancini (eccolo che ritorna!) aveva osato tanto.

Quando Piperno pressava il vecchio leone ricordandogli che in tutte le città d’Europa i centri urbani venivano chiusi al traffico, Mancini rispondeva così: “Oi Frà, ma tu i canusci i cusentini?”. Beh, Piperno non li conosceva ancora a fondo e Mancini non pensò mai seriamente di chiudere né il centro cittadino né tantomeno il centro storico e men che meno la sua creatura prediletta ovvero il viale Parco perché si rendeva conto che non c’erano vie di sfogo e che Cosenza non sarebbe mai potuta diventare una città di turismo. Insomma, Cosenza non potrà mai essere Firenze, checché ne pensi er cazzaro de noantri.

Andando anche al di là della notoria pigrizia del “cosentino medio”. Perché Occhiuto non ha mai lavorato un giorno nella sua vita e quando scrive che i cosentini dovrebbero andare a piedi ad accompagnare i figli a scuola non pensa (proprio perché lui il lavoro non sa cosa sia) che c’è gente che alle 8,30 deve prendere servizio e non può perdere tempo a fare zig-zag o le montagne russe per i chiuriti di Occhiuto o per portare soldi al suo parcheggio che sta fallendo. Ecco perché Mancini era il sindaco di tutti i cosentini mentre Occhiuto, sempre con decenza parlando, è il sindaco di tutti i lecchini. Povera Cusenza nostra!

“Occhiù, e tu i canusci i cusentini?”. Occhiuto invece i cosentini li conosce benissimo ma si illude di essere “superiore” e di poter imporre quello che un gigante della politica, per il suo buonsenso e il suo savoir faire, aveva sempre evitato. Per il bene della città e per evitare prove di forza assurde. Un delirio di onnipotenza senza confini. Forse bisognerebbe ricordargli che anche a Cosenza chi troppo in alto sale, cade sovente precipitevolissimevolmente. Diteglielo, per favore, anzi no, fatelo continuare: vediamo dove vuole arrivare! Tanto, gli è rimasto l’ultimo anno da passare al Comune, poi l’incubo per Cosenza e il decennio più buio della nostra storia sarà finalmente finito. 

Gabriele Carchidi