Cosenza, l’imponimento di Capu i Liuni: il Pd è cosa sua

Che in Calabria il Pd è sempre stato, ed è ancora cosa sua lo sanno tutti, compresi quelli del Pd che tanto si riempiono la bocca di congressi democratici, assemblee pluraliste, e altre cazzate di finta democrazia interna che nel Pd calabrese, e non solo, non hanno mai avuto nessuna valenza “decisionale”.

A decidere chi può mangiare e chi no nel Pd calabrese è sempre lui: Capu i Liuni al secolo Nicola Adamo eminenza grigia della politica cittadina e fautore di tutti gli intrallazzi targati Pd degli ultimi 40 anni (mica cotiche). Nicola, insieme alla moglie, Madame Fifì al secolo Enza Bruno Bossio, formano la più pericolosa e diabolica coppia politica che il panorama massomafioso calabrese abbia mai avuto. Da decenni hanno le mani in pasta su tutto: informatica, energia alternativa, sanità, si sono arricchiti a dire basta, anche se a vederli non si direbbe, senza mai produrre qualcosa di concreto e duraturo per i calabresi. Questa è una verità storica che non ha bisogno di nessuna “sentenza” per essere definita tale. Del resto l’unica cosa che hanno prodotto durante la loro lunga attività politica è sotto gli occhi di tutti: macerie per i calabresi. Negare questo non si può, sono i fatti che lo dicono, e per questo saranno ricordati.

È talmente vero che nel Pd comanda Capu i Liuni, con piglio fermo e determinato, che non ha neanche più bisogno di ricoprire una carica pubblica di prestigio per legittimare l’esercizio del suo sconfinato potere. Da semplice iscritto del Pd ordina e gli altri eseguono, e chi non si allinea fa la fine di Palla Palla (esiliato e mortificato da tutti). A fargli da spalla nelle operazioni di “imponimento” due fidi compari della prima ora: Damiano Covelli, noto parassita sociale sistemato da Nicola all’Università dove non ha mai svolto un solo giorno di lavoro intascando sempre lo stipendio, e assessore comunale ai lavori pubblici, e Raffaele Zuccarelli, una specie di tuttofare a suo servizio, che si atteggia a malavita.

I quattro (Nicola, Enza, Damiano e Raffaele), costituiscono la direzione strategica della paranza politica più potente del Pd. Ma qualcuno ancora non l’ha capito o fa finta di non capire, e ieri, durante una democratica riunione del Pd, Nicola, in prima persona (oramai non si nasconde più nell’ombra, con l’elezione di Franz è ritornato allo scoperto) ha pensato bene di ribadire pubblicamente e alla luce del solo chi comanda. La posta in gioco è la candidatura blindata alle prossime elezioni politiche di Madame Fifì, che nessuno deve mettere in discussione. Che è quello che ha fatto Italo Reale, responsabile del tesseramento del Pd, su mandato del commissario regionale Stefano Graziano. Reale ha osato dire alla presenza di Nicola che bisogna rendere il Pd un vero partito e uscire da questa lunga fase dove l’unico “organismo” interno a funzionare è quello del “comitato elettorale permanente” voluto da chi non ha altro interesse se non quello della propria “sistemazione politica”. Una chiara “zippa” a Nicola, che ha subito reagito gridano dal fondo della sala: “ma stai zitto, smettila, non sei nessuno”. Seguito a ruota da Damiano Covelli che subito si scaglia contro il segretario Graziano, zittendolo con una frase che sa molto di malandrino: qui “Oh” lo dico solo io, e tu stai zitto”. Come a dire: qui comandiamo noi e tu non sei nessuno, perciò stai zitto che è meglio per te. Una minaccia che ha sortito l’effetto sperato. Graziano si è subito ritirato nella sua cuccia, lasciando spazio ad un Raffaele Zuccarelli in versione malavita, che con violenza allontana fisicamente il sempre più sconvolto Italo Reale. Il tutto davanti a una numerosa platea che osservava terrorizzata la violenza della paranza, senza intervenire. Mettersi contro di loro non è salutare, meglio farsi i fatti propri.

Quello andato in scena ieri, presso il salone degli Specchi, nel palazzo della Provincia di Cosenza, è stato uno spettacolo indecoroso per un partito che si ispira ai valori della democrazia, e non per le urla e le invettive, ma soprattutto perché in quella sala aleggiava l’ingombrante e onnipresente cultura mafiosa, esercitata alla luce del sole da personaggi che con l’arte nobile della politica non hanno niente a che a fare. E anche questo, visto l’atteggiamento malandrinesco messo in campo ieri dalla paranza di Nicola, oggi è chiaro a tutti.