Cosenza, Michele Padovano e i migliori anni della nostra vita

A Cosenza ha lasciato un pezzo di cuore e a distanza di più di trent’anni dalla sua ultima partita con la maglia rossoblu (anche se torna sempre quando ci sono le fatidiche partite rievocative), Michele Padovano è ancora un mito. Sia per quelli che l’hanno visto giocare sia per quelli che ne hanno solo sentito parlare o hanno visto vecchi filmati. E oggi che la Giustizia italiana (bontà sua!) lo ha riabilitato dopo 15 anni è giusto e sacrosanto gridare al mondo quanto siamo felici anche noi cosentini.

Padovano arriva a Cosenza quando ha appena compiuto vent’anni e fa ancora il servizio militare. Viene da Asti, ha giocato una buona stagione tra i Dilettanti e quel gran talent scout che è sempre stato Roberto Ranzani ha visto bene portandolo in riva al Crati. E’ il 1986, novembre 1986.

Padovano esordisce in maglia rossoblù al vecchio “Vestuti” di Salerno e fa subito gol, anche se non basta per espugnarlo. Ma è un segno del destino.

Michele al “Vestuti” segna di nuovo meno di due anni dopo e quel gol è rimasto tra quelli “eterni” nella storia del Cosenza Calcio. Punizione lunghissima del libero Giovanelli a scavalcare la difesa avversaria, la palla tocca terra, Padovano supera in velocità il libero avversario ed elude l’uscita disperata del portiere. E’ il gol della vittoria.

Violando quello stadio “maledetto” il Cosenza di Gianni Di Marzio, in pratica, stacca il biglietto per la serie B ventiquattro anni dopo l’ultima apparizione e la città impazzisce di gioia come non è mai accaduto.

Padovano, capelli al vento, bello e impossibile, fa strage di cuori, ama la vita ma gioca anche da dio. Quando parte in progressione sulla fascia sinistra non è facile stargli dietro e quando può liberare il suo sinistro fa male. Due gol nella prima mezza stagione e sette nella seconda, quella della promozione in B, quella che ancora oggi viene ricordata con commozione da tutto il popolo rossoblu.

Simoni, Marino, Lombardo, Castagnini, Schio, Giovanelli, Galeazzi, Bergamini, Lucchetti, Urban, Padovano. E chi se la scorda più?

Dopo quel gol a Salerno, Michele mette la quinta e continua a segnare. Doppietta al Campobasso davanti a ventimila spettatori nel giro di due minuti. Doppietta al Catania una settimana dopo sempre davanti a un San Vito stracolmo fino all’inverosimile. Prima di queste cinque “perle” aveva fatto gol, ancora al San Vito, contro il Monopoli (di testa) e contro il Foggia.

Cosenza ha festeggiato quella promozione con tutto l’orgoglio possibile per settimane e settimane. In tutti i quartieri c’erano striscioni e bandiere, un po’ com’era accaduto a Napoli l’anno prima per lo scudetto di Maradona. Con le dovute proporzioni, Padovano è stato il nostro “Dieguito”. Gli ultrà lo avevano eletto immediatamente a loro beniamino. Gli cantavano “Sai perché mi batte il coracon… Ho visto Padovano” proprio come a Maradona ma anche “Padovano segna per noi” sull’aria della celeberrima “Buffalo Soldier” del grande Bob Marley.

Il suo talento gli consente di iniziare il primo anno di serie B quasi come ha finito quello di serie C, aiutato anche da un allenatore “padre” come l’indimenticabile Bruno Giorgi. Fa un gran gol di testa alla Reggina al San Vito in un derby memorabile, vinto 3-1 in rimonta, segna una doppietta da urlo a Monza. Il primo gol al “Brianteo” gli ultrà se lo ricordano come fosse stato ieri: siluro da trenta metri e palla sotto l’incrocio. Troppo bello! Segna ancora a Messina dopo una cavalcata irresistibile sulla sua fascia sinistra e pure ad Empoli, direttamente su calcio di punizione. il Cosenza è in zona promozione e sogna la serie A.

Il Cosenza 1988-89. Da sinistra in piedi: Simoni, Caneo, Lucchetti, Lombardo, Marino, Castagnini. Accosciati: Padovano, De Rosa, Galeazzi, Urban, Bergamini

Padovano si fa male sul più bello, prima della partita in casa con l’Avellino. Rientra in tempo per l’ultimo assalto ma in serie A ci andrà la Cremonese nonostante avesse totalizzato i nostri stessi punti. Storie di classifica avulsa…

Michele avrebbe voluto seguire Giorgi a Firenze, c’era arrivato vicinissimo e invece resta un altro anno a Cosenza e, si sa, ripetersi per la terza volta è sempre difficile. Sarà un’annata tremenda: la squadra va male, uno dei suoi amici più cari, Denis Bergamini, viene ammazzato in circostanze incredibili. Eppure Padovano trova tempo e modo per segnare otto gol e contribuire in maniera determinante alla salvezza del Cosenza. In totale, ha segnato 22 gol e giocato 103 partite con la maglia rossoblù. 

Se ne andrà nell’estate del 1990, destinazione Pisa, serie A…

Da quel momento in poi la sua carriera è diventata importantissima. Genoa, Napoli, Reggiana ma soprattutto Juventus. Quattro anni, a fine carriera, che l’hanno consacrato alla grande: scudetti, la Champions, la Coppa Intercontinentale, la Supercoppa, la fama internazionale e finanche l’esordio in azzurro con la Nazionale di Cesare Maldini.

A Cosenza è tornato per le feste delle promozioni del 1998 e del 2008, io l’ho incontrato anche nel gennaio 2010 per parlare con lui del “caso Bergamini” ed è stato disponibile come sempre a casa sua, a Rivoli, a due passi da Torino.

Mi aveva parlato di questa maledetta vicenda della droga, mi ha detto che l’hanno voluto mettere in mezzo e che stavano facendo di tutto per creargli problemi, ma mi aveva assicurato che non ci sarebbero riusciti. «Anche se dovessi sentire cose assurde – mi ha detto con chiarezza – devi sapere che stanno giocando sporco contro di me». Sono passati undici anni ma alla fine la Giustizia è arrivata, quella che purtroppo tarda ancora ad arrivare per Denis Bergamini. Ma oggi, pensando a Michele Padovano, non possiamo fare a meno di pensare ancora una volta con tanta nostalgia a quelli che sono stati, per noi ormai ultracinquantenni, i migliori anni della nostra vita (g. c.)